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Rimini, teatro Novelli: la recensione di “Così è… (se vi pare)”

da Redazione

All’interno di una macchina scenica straordinariamente pirandelliana, si compie l’interessante allestimento diretto da Michele Placido.

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – All’interno di una macchina scenica straordinariamente pirandelliana – una cornice con il vetro rotto sormonta il palco, e i frammenti diventano specchi dei fantasmi, quasi a voler sottolineare l’eterno dualismo tra vita e finzione, tra persone e personaggi, tra fantasmi e maschere – si compie l’interessante allestimento del “Così è… (se vi pare)”, diretto da Michele Placido e rappresentato sulla assi del teatro Novelli sino a giovedì sera.

La vita di un paesino siciliano viene scossa dall’arrivo del nuovo impiegato comunale, il signor Ponza, e di sua suocera, la signora Frola. Si mormora che con loro sia arrivata anche la moglie dell’impiegato, ma nessuno l’ha mai vista. Non basta né al popolino, né ai superiori del signor Ponza che questi compia perfettamente il suo lavoro, che sia una persona inappuntabile. Tutti vogliono fare della sua vita privata un caso pubblico, per avere qualcosa di cui (s)parlare. E cresce l’interesse della gente quando si viene a sapere che la moglie del signor Ponza vive segregata in casa, senza avere rapporti neanche con la madre. L’unico contatto tra loro è affidato a poche righe scritte dalla figlia e calate dalla finestra in un cestino.
Totemizzato su tre attori indovinati (Giuliana Lojodice, Pino Micol e Luciano Virgilio, che in alcuni passaggi ricorda il Ciampa del “Berretto a Sonagli”), in due ore la pièce disvela uno dei cardini della drammaturgia di Pirandello e del grande teatro del Novecento: la moltitudine di aspetti che può assumere la verità. La verità assoluta non esiste: in scena quindi l’eterno enigma della vita e dell’uomo in tutta la sua infinita complessità, con lo spettatore – davanti all’ultima battuta, “Per me, io sono colei che mi si crede” – chiamato a cogliere da solo quale sia il significato di ciò che vede.

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