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Teatro: la recensione de “La seconda Neanderthal” della Socìetas Raffaello Sanzio

da Redazione

In alcuni passaggi ricorda per bellezza cromosomica e cromatica (il lavoro è giocato tutto sul bianco e sul nero) il delicato “Cryonic Chants”.

 

di Alessandro Carli

 

CESENA – La tendina della macchina fotografica a telemetro ferma un attimo di infinito: un’immagine nitida, quella dei bellissimi pretini che danzano sotto la neve fermati dal sommo artista marchigiano Mario Giacomelli. Ma è solo un guizzo, un flash che si lega all’ouverture de “La seconda Neanderthal”, l’ultimo ballo di Mòra presentato sabato e domenica al teatro Comandini da Claudia Castellucci della Socìetas Raffaello Sanzio.

Uno spettacolo di raro interesse, sia per la resa scenica – sul palco Gloria Dorliguzzo, Rob Fordeyn, Beatrice Mazzola ed Eugenio Resta – che per la freschezza e la ricerca nel movimento: sul tappeto musicale creato dal capace Scott Gibbons, ispirato al “Sacre du Printemps” di Igor Stravinskij, gli attori, in circa 45 minuti, spiegano elegantemente le capacità del corpo: alla leggerezza della danza, infatti, fa da contraltare un’aria più tribale, una linea di quadri marcatamente più ruvidi, che nel gioco dei contrasti, dona al lavoro una catarsi di ottima fattura.

Claudia Castellucci dimostra – se ce n’era ancora bisogno – di avere chiaro nella mente il processo di pulizia e precisione: “La seconda Neanderthal”, difatti, che in alcuni passaggi ricorda per bellezza cromosomica e cromatica (il lavoro è giocato tutto sul bianco e sul nero) il delicato “Cryonic Chants” portato in scena qualche anno fa dalla SRS anche al Festival di Santarcangelo, è un affresco nuovo del movimento. Nuovi (e giovani) gli interpreti, ma soprattutto nuovo il punto di incontro che individua, tra la grande composizione musicale e il gesto, che sa diventare frammentato, corale, doppio, qualche volta singolare. Ma che non dimentica mai l’orizzonte più sincero: quello di parlare, e arrivare a un pubblico.

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