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Rimini, teatro Novelli: la recensione dello spettacolo degli Oblivion

da Redazione

Citazioni e mimica, sketch esilarati, canzoni e soprattutto vivacità per la mente: affreschi che manderebbero in brodo di giuggiole anche il gatto del Cheshire di Carroll.  

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – E’ inimmaginabile cosa si celi dietro agli Oblivion, che domenica 2 dicembre hanno reso omaggio al teatro Novelli di Rimini: il titolo “Il sussidiario” in realtà potrebbe tratte in inganno. E di inganno (per la mente), forse davvero si tratta, ma in maniera sublime. Nelle pièce frastagliate e spesso volutamente scollate (che meraviglia!), ritroviamo il cabaret più alto e il cafè chantant, satira tagliente (di costume) e calembour di parole, che giocano, vengono strizzate per poi – come un pupazzo di gommapiuma – tornare alla forma iniziale.

Nell’ouverture, l’assaggio di quello che accadrà nei successivi 90 minuti: l’ironia che si abbatte sui miti della medicina naturale orientale e i benefici dello yoga diventa un traino per il pubblico, che si ritrova già dentro allo spettacolo.

Sono quadri graffianti, quelli che gli Oblivion portano sulle assi dei teatri d’Italia: nugae scherzose, cosine così, verrebbe da dire, che scavano a fondo nel significato della parola. A sprazzi Monthy Pyton, volutamente gaberiani, certamente preparatissimi (sia vocalmente che fisicamente), Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli sanno mandare in apnea la platea.  

Un’alchimia difficile da descrivere: qualcosa che si cerca di inseguire rimanendo immancabilmente travolti dal ritmo, dalle risate e dalla densità di riferimenti musicali e culturali che gli Oblivion concentrano nei loro pezzi. Nella centrifuga delle loro comicità, si incontrano Lady Gaga e Gianni Morandi, Eros Ramazzotti e Claudio Baglioni, i Queen e la grande letteratura italiana, quella dei “Promessi sposi” del Manzoni, rivisitata però in 10 minuti, come una lectio dementialis.

Sul palco del Novelli, tutto quello che una persona comune non può immaginare: citazioni e mimica, sketch esilarati, canzoni e soprattutto vivacità per la mente: affreschi che manderebbero in brodo di giuggiole anche il gatto del Cheshire di Carroll.    

Gli Oblivon, obiettivamente, sono un miracoloso filo in equilibrio, sospeso sulla comicità più sincera.

 

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