Le dinamiche del mercato del lavoro non sono così lineari. Sul nostro giornale, qualche tempo fa abbiamo affrontato l’argomento, andando all’Ufficio del Lavoro e mettendo a specchio i dati e le leggi.
di Alessandro Carli
Ennesima provocazione di San Marino 3.0 che, a dirla tutta, è uno dei pochi movimenti (o partiti politici) a parlare del proprio programma elettorale. Questa volta – dopo essersi espresso, nei giorni scorsi a favore della legalizzazione delle case chiuse – il bersaglio sono i frontalieri. Nella lettera inviata ai media si legge: “Frontalieri: togliere qualsiasi tassa etnica, e versare fino ad un 30% del loro stipendio sulla SMaC Card per incentivare i consumi e dare una mano agli esercenti e agli operatori sammarinesi. I 6.000 frontalieri ricevono per le loro prestazioni un compenso che difficilmente, il più delle volte, spendono a San Marino. Eppure è ricchezza prodotta a San Marino che se ne va verso l’Italia. Questo è un vero peccato, in quanto i lavoratori residenti in Italia potrebbero aiutare San Marino ad uscire da questo difficile momento economico; infatti se San Marino crolla anche loro perderanno il loro stipendio, e questo non lo vuole nessuno.
Infatti se tutti i frontalieri spendessero parte del loro stipendio a San Marino, i commercianti, i professionisti e gli operatori che hanno investito nella loro attività in Repubblica ne trarrebbero giovamento, e l’economia, come le attività, rifiorirebbero e, magari se ne creerebbero di nuove.
La nostra proposta è quella di far inserire fino ad un 30% (ma la percentuale dovrà essere attentamente discussa con tutte le parti sociali) dello stipendio dei frontalieri sulla Smac Card; a chi non ce l’ha verrà data in automatico. Crediamo che i frontalieri siano una risorsa per San Marino in quanto se non si hanno professionalità adeguate è giusto che ci si rivolga a dei tecnici forensi, i quali potrebbero insegnare le loro conoscenze a qualche nostro giovane e farlo maturare. Meno corretto è prendere manovalanza italiana quando si hanno a disposizione disoccupati sammarinesi che possono fare le stesse mansioni e che hanno le stesse caratteristiche dei nostri. Fare così vuol dire mandare via i nostri ragazzi, i nostri figli, noi ed i nostri coetanei da San Marino”.
Facciamo il primo di una serie di incisi. Le dinamiche del mercato del lavoro non sono così lineari. Su San Marino Fixing di qualche tempo fa abbiamo affrontato l’argomento, andando all’Ufficio del Lavoro e mettendo a specchio i dati e le leggi. E’ anche vero che non sempre i lavoratori sammarinesi sono disposti a fare un certo tipo di lavoro, sia per motivi di preparazione che per convenienza: sempre su Fixing, abbiamo spiegato come – in certi casi – la mobilità sia più pagata del lavoro. Altro dato confutabile, i guadagni. “I frontalieri italiani guadagnano almeno il 30-50% in più rispetto ad un loro collega pari grado italiano, ed il loro stipendio – tranne pochissimi e sporadici casi – lo spendono in gran parte in Italia” scrive San Marino 3.0. Dato errato: la forbice tra un lavoratore che presta la sua opera in Italia e uno che lavora a San Marino non è assolutamente di questa portata. Anzi: se si contano le spese che il lavoratore frontaliero deve affrontare: tragitto (ergo, benzina, ergo diesel, ergo gpl), pausa pranzo, eccetera, la doppia tassazione, la sparizione delle spese produzione reddito, a fine anno i conti vanno fatti con estrema attenzione.
San Marino 3.0 poi prende il pallottoliere e conteggia. Il 30% per 6.000 frontalieri vuol dire che i consumi interni si innalzerebbero di 4.000.000 al mese! Una cifra enorme se moltiplicata per 14 mensilità. Si arriverebbe a 60 milioni all’anno di acquisti in Repubblica! E quanta monofase in più? Magari se facciamo una media del 10%, a stare basso, avremo circa 6 milioni in più di gettito, oltre ad aver dato lavoro ai sammarinesi e guadagno agli esercenti sammarinesi. Altro che mettere sempre e solo tasse! Che cosa vuol dire? Vorrebbe dire che molti esercenti non fallirebbero, ed anzi molti sammarinesi potrebbero trovare lavoro nel commercio e nei servizi (indotto) e magari anche qualche nostro ragazzo potrebbe mettersi in proprio, incrementando così gli occupati, dato che i consumi tireranno così tanto. I frontalieri avrebbero con la Smac dei prezzi migliori che in Italia, e l’economia sammarinese ne gioverebbe tantissimo”.
Altro neo: i prezzi migliori. Forse una volta, ma non più oggi. Chi scrive, meno di una settimana fa, ha acquistato un prodotto hi-tech. Immancabile il raffronto tra i prezzi sammarinesi e quelli italiani. Nonostante la SMaC, l’acquisto è stato effettuato in Italia, con un buon risparmio. All’affermazione di San Marino 3.0 – “E’ ovvio che dovranno essere puniti gli abusi e chi, commerciante o operatore, fa il furbo praticando prezzi superiori che in Italia o alla media o al prezzo massimo consentito per quel prodotto. I controlli sui prezzi dovranno essere fondamentali, quindi potremo assumere anche del personale appositamente formato, magari della Polizia Civile, per questo prezioso ed importantissimo controllo; quindi altre assunzioni, altro lavoro” – rispondo come mi è stato risposto in merito all’acquisto sopra citato: “In Italia il prodotto era in offerta, mentre da noi no”. Lo stesso prodotto era in offerta in tre negozi diversi?