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Internet sbanca la pubblicità italiana

da Redazione

Google è diventato il secondo operatore dopo la berlusconiana Publitalia. Rupert Murdoch vorrebbe tornare nelle news del motore di ricerca.

 

di Saverio Mercadante

 

La voce arriva addirittura dall’interno della RAI, anche se i dati non sono ancora ufficiali. La televisione di Stato molla il secondo posto nella raccolta pubblicitaria. In un convegno un alto dirigente ha ammesso la debacle. Ma la sorpresa enorme viene dal protagonista della performance: Google è il secondo operatore di pubblicità in Italia. Publitalia regna ma l’assedio alle sue mura è senza tregua. I motori di ricerca all’insegna del gratis è bello conquistano il mondo della pubblicità. D’altronde l’offerta è irresistibile: gratis i contenuti giornalistici su Google News, gratis tutto il resto del mondo o quasi attraverso le parole chiave. Centinaia di milioni di utenti che attirano centinaia di milioni di dollari di pubblicità con i social network come Facebook o Apple che non si fanno certo guardar dietro per entità di raccolta pubblicitaria. Istruttiva a questo riguardo è ancora una scelta dello Squalo, Rupert Murdoch, nel 2009.

La sua portaerei dell’informazione la News Corp., scelse di dare un taglio netto con Google e si trasformò nel grande assente dei risultati delle ricerche su Google. Il motivo era abbastanza semplice. Murdoch vuole farsi pagare i contenuti cartacei come nel caso del Wall Street Journal. Ma un articolo del prestigioso giornale economico te lo ritrovavi gratis su Google. Purtroppo, per lui, ha pagato uno scotto che nemmeno la corazzata dello Squalo sembra che possa permettersi, troppo grande è l’appeal del motore di ricerca.

Di fatto, la scomparsa dalla Rete ha portato insieme alla minore visibilità, una contrazione della raccolta pubblicitaria, e, ultima conseguenza dell’amletico “mi si nota di più se ci sono o non ci sono”, una depauperata influenza sulla Rete. Secondo il Telegraph, il tycoon australiano starebbe per tornare sui suoi passi.

La battaglia sembra persa: anche se i lettori provenienti da Google non portano soldi in cassa è impossibile non essere su un motore di ricerca di quelle dimensioni. A Mountain View già si stanno si sfregando le mani aspettando sulla riva del fiume Internet che passi il corpo di Murdoch. Qualcuno in Italia dice che l’errore storico dei giornali fu quello di aver messo i loro contenuti su Internet gratis. In questo modo la pubblicità è stata intercettata da Google e dagli altri nuovi media.

Ma il caso Murdoch smentisce in parte la tesi mentre giornali popolari come il Guardian che hanno puntato tutto sul digitale sopravvivono a stento. Ma la corsa all’oro delle news on line continua senza sosta. In Italia da qualche giorno ha debuttato la corazzata dell’edizione italiana dell’Huffington Post. Debutto in grande stile. Un direttore prestigioso come Lucia Annunziata che ha esordito con una lunga intervista a Silvio Berlusconi dopo averci litigato clamorosamente in televisione: Silvio lasciò lo studio inviperito dal pressing asfissiante della giornalista campana, ma era mesi che non parlava e non poteva lasciarsi scappare questa prima internettiana così prestigiosa. Arianna Huffington ha trovato un grande partner nel Gruppo L’Espresso che porta con sé un gigante della raccolta pubblicitaria come Manzoni. Non c’è dubbio che l’arrivo di un brand mondiale come quello della lady di ferro del web di origine greche faccia fare il decisivo salto di prestigio di qualità alle news on line italiane.


Intanto Google gode

 

L’azienda di Mountain View ha superato a inizio settimana Microsoft come capitalizzazione in borsa e diventa la seconda società tecnologica più grande al mondo, toccando quota 761,78 dollari per azione, con una capitalizzazione di mercato di 249,5 miliardi di dollari. Il successo in Borsa conferma lo straordinario traino pubblicitario di Big G distribuito su il motore di ricerca (AdWords), oppure negli spazi online e nelle applicazioni software (AdSense). Sono rettangoli dalle dimensioni variabili dove gli inserzionisti pubblicano messaggi promozionali, pagati attraverso un meccanismo di asta. E Google non si è fatta cogliere di sorpresa nemmeno dagli accessi in mobilità. È una corsa durata otto anni, dallo sbarco sui listini finanziari nel 2004: le azioni di Google al debutto avevano un prezzo di 85 dollari. Alla fine della prima giornata di quotazione arrivavano a 100,34 dollari. Nella stessa giornata Microsoft, che resta il maggior produttore mondiale di software, calava dello 0,6% a 29,57 dollari per azione, scendendo a un valore di 247,8 miliardi di dollari. Google oggi è il produttore di Android, il più diffuso software per cellulari al mondo, possiede YouTube: dopo anni in rosso, ora porta a casa buoni profitti, e del browser Chrome. Al primo posto fra le aziende tecnologiche resta saldamente Apple, con una capitalizzazione di mercato pari a 632,7 miliardi di dollari. La società fondata da Steve Jobs aveva sorpassato Microsoft nel 2010, sull’onda delle vendite di iPhone e iPad.

È il secondo downgrade dell’azienda di Redmond nell’arco di pochi anni. Ma non è finita qui la via crucis della Microsoft. Maxi-multa in arrivo. Ad annunciarlo è Joaquin Almunia, commissario alla Concorrenza dell’Ue, che intende punire la società di Redmond per non aver ottemperato all’ordinanza del 2009 che imponeva una separazione tra il sistema operativo ed il browser per la navigazione internet. “È evidente che dobbiamo reagire”, ha detto Almunia che ha annunciato che “il prossimo passo è rappresentato dall’apertura di un procedimento formale per il mancato rispetto dell’accordo”. La multa potrebbe arrivare al 10% del fatturato annuo.

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