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E’ l’ora dei lunghi coltelli tra gli imprenditori italiani

da Redazione

Dietro lo scontro tra Della Valle e la famiglia Agnelli le tensioni verso la Galassia del Nord. Impregilo e Pirelli sotto l’attacco di concorrenti molto ‘liquidi’ come Malacalza e Salini.

 

di Saverio Mercadante

 

“È bene comunque che questi ‘furbetti cosmopoliti’ sappiano che gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo essere accomunati a persone come loro”. E’ l’ora dei lunghi coltelli tra gli imprenditori italiani. L’attacco durissimo di Diego Della Valle a Sergio Marchionne è l’istantanea migliore di un capitalismo italiano in crisi di identità. Un fatto inedito, quasi scandaloso per certi versi: il suo carissimo amico e socio Luca Cordero di Montezemolo ha preso subito le distanze: “Parole inaccettabili”.

L’attacco di Della Valle alla famiglia Agnelli e al suo amministratore delegato è poi continuato ancora lunedì da Gad Lerner su La 7.

Ma è un momento di grandi scontri nei salotti buoni dell’economia italiana: l’amministratore di MedioBanca Alberto Nagel contro Salvatore Ligresti nella vicenda Fonsai, la famiglia Malacalza contro Tronchetti Provera in relazione alla vicenda CamFin, il gruppo romano Salini nella battaglia vinta contro il gruppo Gavio per il controllo di Impregilo.

Gli outsider liquidissimi come i romani Salini e i genovesi Malacalza si infilano nelle pieghe del capitalismo peninsulare cercando di sfondare nella cosiddetta Galassia del Nord che tradizionalmente ha avuto in mano le sorti dell’economia italiana con l’aiuto delle grandi banche da Mediobanca, a Unicredit, a Intesa Sanpaolo. Ricordiamo che la famiglia Malacalza alla fine del 2007 è riuscita a vendere, la Trametal, settore lamiere da treno, alla Metinvest del magnate ucraino Rinat Achmetov per la bellezza di 1,1 miliardi. Ma non c’è dubbio che la questione degli investimenti Fiat in Italia sia una faccenda che riguarda l’intero sistema economico italiano e le sue politiche industriali. E Sergio Marchionne ne è perfettamente consapevole: “Noi siamo comunque l’unica realtà industriale che può dare un senso allo sviluppo per questo Paese”.

La Repubblica lunedì scorso aveva lanciato in prima pagina un’intervista ad Elsa Fornero che in sostanza smentiva la latitanza del Governo Monti sulla questione: “Abbiamo chiamato Marchionne, aspettiamo al più presto una sua risposta”. Che puntualmente è arrivata martedì, sempre su Repubblica con un’intervista del direttore Ezio Mauro: “La Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa, e sta reggendo a questa perdita con i successi all’estero, Stati Uniti e Paesi emergenti. Queste sono le uniche due cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa”.

E’ saltata di fatto l’utopia industriale di Fabbrica Italia, l’impegno di investire in quel progetto 20 miliardi. Per Sergio Marchionne la crisi devastante sul mercato italiano ha fatto cadere i pilastri di quel progetto.

“Quell’impegno era basato su cento cose, e la metà non ci sono più, per effetto della crisi. Lo capirebbe chiunque. Io allora puntavo su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 cause aperte dalla Fiom. Soprattutto, da allora ad oggi il mercato europeo ha perso due milioni di macchine. C’erano e non ci sono più”.

Ma l’affermazione più grave riguarda soprattutto il lancio di nuovi modelli. Non servirebbero a niente, sarebbero un buco nell’acqua.

“Se io avessi lanciato adesso dei nuovi modelli avrebbero fatto la stessa fine della nuova Panda di Pomigliano: la miglior Panda nella storia, 800 milioni di investimento, e il mercato non la prende, perché il mercato non c’è. Provi a pensare: se quell’investimento io lo avessi moltiplicato per quattro, se cioè avessi pensato in grande, diciamo così, la Fiat sarebbe fallita entro il 2012 e adesso saremmo qui a parlare d’altro. Io dovrei andarmene in giro col cappello in mano, chiedendo soldi non so a chi: agli azionisti, al governo, ad un altro convertendo”.

La politica industriale italiana dunque può fare a meno della Fiat almeno sino al 2014.   Ha investito per la Maserati in Bertone per circa un miliardo e messo sul piatto 800 milioni per lo stabilimento di Pomigliano.

Altri soldi sarà molto difficile che arriveranno. E gli utili americani serviranno a coprire il rosso degli stabilimenti italiani. Quest’anno la Fiat guadagnerà più di 3 miliardi e mezzo a livello operativo, tutti da fuori Italia, netti di quasi 700 milioni che perderà in Italia.


Europa, Fiat scende all’ottavo posto

 

Maglia nera per l’Italia tra i paesi più importanti nel settore dell’auto. E tutto il mercato europeo si presenta in forte affanno. Ad agosto – comunica l’Acea, l’associazione dei costruttori – nell’Ue le immatricolazioni sono diminuite dell’8,9% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.

In Italia le vendite sono calate del 20,2%, mentre in Germania c’è stato un -4,7% e in Francia un -11,4%. In crescita invece la Spagna (+3,4%) mentre resta stabile il Regno Unito (+0,1%).

A luglio, aggiunge l’Acea, il mercato europeo ha segnato un pesante -7,8%.

Per l’Italia c’è stato un crollo del 21%, per la Germania un -5%, per la Francia un -7%, per la Spagna un -17,2%.

In controtendenza invece il Regno Unito, con un balzo del 9,3%. La Gran Bretagna è anche l’unico paese con le immatricolazioni in crescita nel periodo gennaio-agosto, con un +3,3% su base annua. E se nei primi otto mesi dell’anno le immatricolazioni nell’Unione europea sono diminuite del 7,1%, negativo è stato l’andamento in tutti gli altri grandi paesi europei, con l’Italia ancora maglia nera: le vendite nel mercato italiano sono calate del 19,9%, in Germania dello 0,6%, in Francia del 13,4%, in Spagna dell’8,5%.

Crollano dunque le vendite di auto della Fiat e la quota di mercato in Europa continua a contrarsi. Ad agosto – secondo l’Acea, l’associazione dei costruttori – nell’Unione europea le immatricolazioni del gruppo torinese sono state 36.422, in calo del 18,2% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, mentre la quota di mercato si è ristretta al 5,3% (dal 5,9%).

Anche a luglio per la Fiat il calo delle immatricolazioni era stato pesante, con un -16,5% (per 61.663 auto vendute) e la quota di mercato in contrazione al 6,6% (dal 7,3%). Nei primi sette mesi dell’anno, poi, le vendite sono diminuite del 17%.

Il gruppo Fiat, che a luglio occupava la sesta posizione, il mese scorso è sceso all’ottavo posto della classifica.

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