Quest’anno picco di immigrazione verso Berlino. Alla pari con i greci. Dal blocco dei disoccupati under 35 flusso in strutturale ascesa.
di Saverio Mercadante
Bundesagentur für Arbeit. Già il nome fa paura, ricorda l’Arbeit match frei, il lavoro rende liberi, l’insegna crudele sopra il cancello dei campi di concentramento nazisti dove si è consumata la tragedia dell’olocausto. E una certa paura questa solenne dicitura nella lingua di Goethe la comunica ancora.
Dal Bundesagentur für Arbeit, l’agenzia tedesca del lavoro, viene infatti l’ulteriore conferma della crisi italiana. I cittadini sempre di più per trovare un lavoro, e dunque la propria libertà, tornano a emigrare in Germania come i nonni. Con il cellulare e il trolly, il flusso dei lavoratori italiani è arrivato ad essere uguale a quello dei greci che lasciano una terra piagata dalla crisi. Non è un’emigrazione intellettuale, di cervelli in fuga, alte professionalità scientifiche che non trovano lavoro in Italia. E’ da quell’enorme massa di giovani disoccupati sotto i trentacinque anni che arrivano i nuovi emigrati. Il fenomeno si è consolidato. La fuga in avanti dopo l’inizio della crisi nel 2008, dal 2009 al 2011, è evidente: ha costruito il dato impensabile dell’aumento in percentuale dei lavoratori italiani in Germania pari a quello in arrivo da Atene. La crisi italiana è certamente diversa da quella greca con una disoccupazione al 10% a fronte di quella ellenica del 23%, ma nei paesi della “stessa faccia stessa razza” è identico anche un altro dato: solo un cittadino su tre, secondo l’Eurostat, ha effettivamente un posto di lavoro. I nuovi migrantes greci sono a + 6,4%, quelli della Penisola a + 6,3%. D’altronde la Germania è tornata ad essere la locomotiva d’Europa, e dall’Europa del Sud, anche spagnoli e portoghesi fuggono dai loro paesi ad altissima disoccupazione, si torna ed emigrare verso Nord. E’ una resurrezione nera, dopo la crocifissione di quattro anni di crisi devastante. Fino alla fine del secolo scorso e per qualche anno ancora degli anni duemila, l’emigrazione italiana verso la Germania è stata costantemente in diminuzione, probabilmente anche a causa della crisi economica tedesca sulla quale aveva influito l’unificazione e il crollo della case automobilistiche che ora sono in cima alle classifiche di vendita mondiali. Tre anni prima della crisi, nel 2005 la tendenza ancora non subiva rallentamenti. Il tetto minimo si era attestato a 171 mila emigrati italiani. I paesi del sud Europa hanno continuato nella loro politica da cicale fatta di corruzione trasversale, mancanza di innovazione tecnologica e riforme strutturali del sistema economico. E adesso pagano un dazio pesantissimo mentre la Germania della Merkel ha un bisogno estremo di manodopera per sostenere la sua economia. La Bundesagentur für Arbeit non lascia dubbi: 189.299 lavoratori italiani in regola con i contributi in Germania nel 2011 (8000 in più sul 2010) e ben 232.800 a maggio di quest’anno. Una levata di scudi migratoria addirittura del 22%. E’ probabile, però che sia un dato falsato dalle statistiche: molti lavoravano già nella Germania unificata ma sono stati regolarizzati solo recentemente.
Eppure non ci sono dubbi: le esportazioni della meccanica tedesca vanno a gonfie vele e la bassa natalità impone l’arrivo di nuova manodopera da formare al più presto.
Nella regione metropolitana del Reno-Neckar si prevede una carenza di manodopera specializzata per 35 mila unità entro il 2013. La Zdh, la confederazione tedesca dei mestieri che rappresenta elettricisti, edili o commercianti, contatta le congregazioni religiose in Spagna: chiedono di convincere i giovani a trasferirsi nella provincia profonda tedesca nell’Emsland o a Mannheim.
Emigrazione europea
L’Epopea dell’emigrazione italiana in Europa inizia addirittura a partire dagli anni ’50 del diciannovesimo secolo verso la Francia. Poi dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto Svizzera, Belgio e Germania. Lo Stato italiano firmò nel 1955 un patto di emigrazione con la Germania con il quale si garantiva il reciproco impegno in materia di migrazioni e che portò quasi tre milioni di italiani a varcare la frontiera in cerca di lavoro. Sono presenti in Germania circa 650.000 cittadini italiani alla quarta generazione, mentre sono più di 500.000 in Svizzera: prevalentemente di origine siciliana, calabrese, abruzzese e pugliese, ma anche veneta ed emiliana dei quali molti ormai con doppio passaporto e possibilità di voto in entrambe le nazioni. In Belgio e Svizzera le comunità italiane restano le più numerose rappresentanze straniere, e nonostante molti facciano rientro in Italia dopo il pensionamento, spesso i figli e i nipoti restano nelle nazioni di nascita, dove hanno ormai messo radici.