E’ stata sviluppata dai ricercatori dell’unità ICT4G della Fondazione Kussler. Dedicata a gestori di ristoranti, servizi di catering, piccola distribuzione.
di Saverio Mercadante
Portare cibo. “Bring the food”. A chi non ne ha. È il nome della soluzione informatica per costruire un ponte dalla riva destra ricca di cibo del Grande Fiume di derrate alimentari che attraversa il mondo alla riva sinistra dove il cibo scarseggia e la fame è ancora un’enorme problema. Questa applicazione, utilizzabile su computer e smartphone connessi ad Internet, dedicata soprattutto alla piccola distribuzione, è stata sviluppata dai ricercatori dell’Unità ICT4G della Fondazione Bruno Kussler di Trento.
Gestori di ristoranti, servizi di catering e supermercati possono segnalare le eccedenze di cibo, e, contemporaneamente le organizzazioni umanitarie possono richiederle in tempo reale. I donatori indicano il numero di porzioni disponibili e la scadenza; i richiedenti consultano su una mappa i punti di distribuzione più vicini e possono prenotare immediatamente il cibo necessario.
“Abbiamo presentato Bring the Food in marzo alla conferenza di settore ICTD2012, ad Atlanta negli Usa, riscuotendo parecchio successo”, ha spiegato Aaron Ciaghi, giovane ricercatore dell’Unità ICT4G della FBK, gruppo di ricerca attivo proprio nella progettazione di sistemi informatici volti a migliorare la qualità della vita.
L’applicazione ha suscitato molto interesse da parte di gruppi di ricerca e ONG di Germania, Israele, Canada e Stati Uniti d’America.
Il gruppo è alla ricerca di partner e organizzazioni per avviare una fertile sperimentazione e possibilmente un utilizzo permanente anche in Trentino e a livello nazionale.
E’ previsto che la sperimentazione sia del tutto gratuita e che possa anche essere personalizzata in base alle esigenze specifiche dei richiedenti. Le basi di “Bring the Food” erano state sviluppate in occasione di RHOK Global (Random Hacks of Kindness), iniziativa tenuta lo scorso dicembre in contemporanea in 32 città del mondo.
Hanno partecipato centinaia di programmatori ed esperti volontari per progettare e sviluppare soluzioni informatiche open source utili alla società. L’applicazione trentina “Bring the Food” è stata anche inserita fra i casi di successo sul sito internazionale di RHOK.
Bring the Food è disponibile in italiano, inglese, e spagnolo. E’ necessaria una registrazione iniziale per chi raccoglie e per chi dona.
Come funziona questo servizio
Il donatore può inserire informazioni relative al tipo di alimento e alla sua scadenza. Questi dati vengono poi geolocalizzati: in questo modo il raccoglitore individua le varie offerte e sceglie quelle più interessanti in relazione alla distanza geografica.
All’atto della prenotazione gli viene fornita una password, che dovrà esibire al donatore al momento della consegna.
Bring The Food è dotata di un meccanismo di feedback: permette sia al donatore che al raccoglitore di esprimere il proprio gradimento sull’efficienza della raccolta e la qualità della donazione. Il sistema di reputazione punta a rendere le transazioni sempre più affidabili e meglio gestite.
E’ previsto un piccolo breviario: linee guida che permettono al privato di sapere come regolarsi con cibi che, come quello cucinato, necessitano di una particolare gestione del freddo. La versione attualmente disponibile si rivolge a tutti i dispositivi mobili e funziona come applicazione web all’interno del browser di tablet basati su Android, iOS o RIM.
“Abbiamo fatto la scelta di cercare portabilità – prosegue Ciaghi – piuttosto che riscrivere l’applicazione più volte per diversi sistemi operativi e il framework che abbiamo scelto ci permette anche in un futuro di generare quasi automaticamente versioni native dell’applicazione”.
È comunque disponibile una versione nativa per Android su Google Play ed è in arrivo anche una versione per browser desktop (anche se si può utilizzare tranquillamente la versione mobile in browser nei browser che utilizzano il motore Webkit).
UE: 89 mln di tonnellate di cibo superfluo
Secondo uno studio della Commissione Europea dello scorso novembre, la produzione annuale di rifiuti alimentari, ovvero di cibo superfluo, nei 27 Stati membri è di circa 89 milioni di tonnellate, ossia 179 chilogrammi a testa. Novecentoventicinque milioni di persone nel mondo invece sono a rischio di denutrizione, e con la prospettiva di un aumento da 7 a 9 miliardi della popolazione mondiale che richiederà un incremento minimo del 70% della produzione alimentare entro il 2050.
La questione delle eccedenze di cibo al di là dei problemi etici, economici, sociali, nutrizionali, genera un enorme allarme sanitario e ambientale: le enormi quantità di alimenti non consumati contribuiscono fortemente al riscaldamento globale e i rifiuti alimentari producono metano, gas a effetto serra ventuno volte più potente del biossido di carbonio. Secondo la ricerca “Dar da mangiare agli affamati.
Le eccedenze alimentari come opportunità”, svolta dal Politecnico di Milano assieme a Nielsen in Italia, la quantità di cibo ancora commestibile prodotto in eccedenza e poi sprecato è pari al 17 per cento del consumo annuo. Il 55% degli sprechi è opera dei produttori e dagli altri attori della filiera e non degli utilizzatori finali. Secondo i dati presentati da Silvia Gaiani di Last Minute Market al Rhok 2011, ogni anno in Italia si butta una quantità di cibo che potrebbe nutrire i tre quarti della popolazione nazionale. Uno spreco da 37 miliardi di euro, pari al 3% del Pil nazionale che potrebbe sfamare l’Etiopia intera.