Dovremo accogliere, ad esempio, le disposizioni del Greco o le raccomandazioni del FMI, ci trasmettono, o forse ci “impongono”, nuova democrazia, più libertà.
Nei giorni scorsi mi è capitata per le mani una mia vecchia intervista, datata maggio 2009, in cui avevo avuto modo di esprimere alcune considerazioni sulle difficoltà delle imprese e del Paese e sui cambiamenti che ci aspettavano. La mia convinzione era che nel tempo sarebbe emersa una San Marino nuova, più giusta, che premia il merito anziché l’appartenenza. Un’intervista che ho riletto per caso e con piacere e che mi ha spinto a condividere con il Direttore di Fixing, Loris Pironi, alcune considerazioni. Oggi, dopo tre anni, a guardare la nostra storia, non solo quella recente, ho netta la percezione del cambiamento che c’è stato in tutti noi, una sensazione positiva che si unisce al desiderio di andare avanti con decisione e forza. Abituati da sempre alle “concessioni” del Governo e alla benevola comprensione della politica, i trattati internazionali sottoscritti ed applicati e quelli che dovremo accogliere, ad esempio, le disposizioni del Greco o le raccomandazioni del FMI, ci trasmettono, o forse ci “impongono”, nuova democrazia, più libertà. La strada è ancora lunga, perché è un fatto di cultura collettiva che cambia. Qualcuno sembra più avanti, altri sono rimasti indietro, ma le posizioni possono cambiare rapidamente quando si toccano interessi personali. Esistono ancora notevoli criticità, la sottovalutazione di grandi problemi, ad esempio quello del bilancio dello stato che è insostenibile ed incombe sui cittadini e sulle imprese. L’indebitamento a me appare la vera minaccia, forte, al bene più alto di San Marino, ovvero la sua libertà e indipendenza. Per questo sarebbe opportuno unirci per contrastare questa deriva che in troppi sottovalutano guardando solo agli interessi politici o peggio di bottega immediati. Nonostante diverse persone la pensino diversamente stiamo vivendo in una sorta di “decadenza”, che porta con se indifferenza, forse egoismo o disamore verso il Paese che a molti appare trascurato, brutto nelle infrastrutture ed inefficiente nei servizi, peggiora la vita di tutti ed ancora di più, così com’è, non può attrarre investimenti. La politica non vede o ancora peggio vede ma non è capace di reagire e si limita al solito elenco delle cose da fare o del fatto in parte che non funziona, azioni e volontà del tutto insufficienti ed inadeguate. Cosa possiamo fare per accelerare il cammino verso un Paese migliore? Penso unirci su posizioni di alto profilo, condividere progetti trasparenti, allontanare gli accordi sotterranei, evitare la demagogia e lo spreco di danaro pubblico per fini clientelari. La trasparenza delle nostre azioni e degli atti dello Stato dovrebbe aiutare perché così diventano evidenti vecchi vizi e comportamenti che non vogliono morire. Una Corte dei Conti sammarinese potrebbe fare di più e meglio degli attuali sistemi di controllo della spesa pubblica se dotata di forti poteri. Il Governo, se non si vuole andare tutti quanti a fondo e perdere così la nostra autonomia, non deve più intervenire sul personale dipendente, e deve affidare la sua gestione a soggetti altamente professionali e, soprattutto, apolitici. Meno Stato più mercato. Con una vera concorrenza per far crescere le imprese migliori. Per ridurre i costi, la spesa pubblica, favorire cittadini e i consumatori. Misurare costi e benefici, lavoro e risultati, i servizi erogati rispetto ai bisogni reali. Favorire la democrazia diretta dei cittadini rispetto all’intermediazione partitica. Poche regole precise ed incisive. Credo che occorra comprendere e chiarire che il prezzo da pagare senza le riforme sarà altissimo, molto, molto più alto di qualsiasi intervento di riorganizzazione della PA o della liberalizzazione dei mercati (non mi riferisco alla vendita degli immobili ai non residenti) e della concorrenza.
Carlo Giorgi, Segretario Generale ANIS