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Frontalieri, gettata l’occasione più grande

da Redazione

strettamano

Ecco che cosa prevede il protocollo firmato a Roma. Scambio d’informazioni (non automatico) ma senza più scappatoie.

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di Loris Pironi

 

Italia e San Marino hanno firmato a Roma, alla Farnesina, l’accordo contro le doppi imposizioni fiscali. Un accordo standard ma che ha fatto penare (la sponda sammarinese) per anni ed anni. La notizia in sé e le immagini le avete potute leggere e vedere sui nostri portali d’informazione, www.sanmarinoweb.com e www.sanmarinofixing.com, oltre che su tutti gli altri media che pullulano sul Titano. Qui approfondiamo l’argomento e entriamo nel dettaglio.

 

Cos’è il documento firmato il 13

 

Il documento è esplicativo sin dal titolo. Si tratta infatti di un “Protocollo di modifica della convenzione tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, firmata a Roma il 21 marzo 2002”. Firmata nel 2002 e mai ratificata dai due Parlamenti, aggiungiamo noi. Questo protocollo va ad aggiornare il testo firmato allora in base al mutato scenario normativo internazionale e recepisce – in modo particolare – il Modello OCSE 2005 sullo scambio d’informazioni. Il documento entrerà in vigore solo dopo la ratifica dei due parlamenti. Per San Marino ci vorrà poco tempo, pochissimo, sicuramente prima dell’estate come ci ha promesso, in un’intervista, il Segretario Mularoni (la potete leggere a pag. 8). Per l’Italia ci vorrà sicuramente molto di più ed è verosimile pensare che non si farà in tempo a calendarizzare la ratifica per l’anno in corso. Almeno questo è uno scenario con cui si deve fare i conti.

La ratifica, per inciso, andrà di pari passo con quella dei due accordi in materia di collaborazione in campo finanziario e in campo economico sottoscritti nel 2009. Tutti i testi dei quattro documenti li potete scaricare dal nostro sito www.sanmarinofixing.com. E la black list? La black list è un altro paio di maniche, come si dice. Intanto San Marino potrebbe già essere fuori, se solo il MEF (dunque il pur accondiscendente Mario Monti, accondiscendente rispetto al suo predecessore, ovviamente…) volesse. Basta una circolare, dunque un sforzo più che minimo. Però Roma voleva prima la firma sull’accordo bilaterale. Che è arrivata. Ora basterà la firma o San Marino si sentirà dire che ci vuole anche la ratifica? Perché in questo caso sarebbero dolori. Come ha confermato in questi giorni Camera di Commercio di San Marino, il 62% delle imprese del Titano soffre per la black list. E uscire dalla lista nera è la priorità assoluta.

 

Il protocollo: dividendi interessi e canoni

 

Il protocollo è un documento snello. Nove paginette, sette articoli, la firma in calce del Segretario Antonella Mularoni e del Ministro Giulio Terzi di Sant’Agata. L’articolo 1 del protocollo modifica l’Articolo 10 dell’accordo del 2002 (“Dividendi”), di fatto andando a recepire la direttiva europea su madre-figlia. L’art. 2 modifica l’Articolo 10 della vecchia convenzione per quanto concerne gli “Interessi”, l’art. 3 modifica l’articolo 12 (“Canoni”). Per approfondimenti vi invitiamo a consultare il nostro sito, www.sanmarinofixing.com.

 

Scambio d’informazioni: specifiche e limitazioni

 

Il comma uno dell’art. 26 recita testualmente: “Le autorità competenti degli Stati contraenti si scambieranno le informazioni verosimilmente pertinenti…”. Spicca quel termine, “verosimilmente”, più ampio dell’aggettivo utilizzato precedentemente – “necessarie” – in quanto molto più stringente. Chiara la intenzione da parte italiana di non trovarsi di fronte a dinieghi di fronte a richieste che la controparte potrebbe ritenere “non necessarie”. Lo scambio d’informazioni – attenzione, non è automatico! – serve per prevenire l’elusione e l’evasione fiscale, ma se (comma 4) tanto per fare un esempio concreto le informazioni vengono richieste dall’Italia in maniera conforme al Protocollo, San Marino non può esimersi a raccoglierle anche se tali informazioni non sono ritenute rilevanti per i propri fini fiscali. E non può essere addotta come scusante alcuna limitazione di tempo in una ricerca a posteriori.

L’ultimo comma, il 5, specifica inoltre che non ci può essere interpretazione che possa far sì che “uno Stato contraente possa rifiutare di fornire le informazioni solo in quanto le stesse sono detenute da una banca, da un’altra istituzione finanziaria, da un mandatario o una persona che opera in qualità di agente o fiduciario o perché dette informazioni si riferiscono a partecipazioni in una persona”.

 

Protocollo aggiuntivo: promesse ai frontalieri…

 

C’è un Protocollo aggiuntivo (art. 6) che sostituisce quello del 2002. Tra i vari punti, significativa è la parte che riguarda i frontalieri. Leggendola attentamente, è palese che per i lavoratori italiani impiegati nelle aziende del Titano questa firma, questo accordo, tutta la faccenda più in generale rappresenti un’occasione gettata al vento per trovare una soluzione a questa incertezza perenne. Sì perché l’accordo, dopo aver specificato che “i due Stati contraenti convengono di applicare il sistema di tassazione concorrente, con tassazione definitiva nello Stato di residenza” (le tasse pagate a San Marino vengono scalate da quelle che chiede l’Italia, dunque non c’è nessun vantaggio fiscale), precisa che l’Italia “assoggetterà a tassazione il reddito lordo dei lavoratori frontalieri residenti in Italia conseguito a San Marino con le modalità che saranno stabilite con legge ordinaria” e che “la legge ordinaria potrà determinare una quota del reddito lordo dei lavoratori frontalieri esente da imposta in Italia”. In parole povere, la questione è demandata a legge ordinaria italiana, che potrà (notate la raffinatezza dell’uso del condizionale) anche prevedere una franchigia. Ad majora dicevano gli antichi, chi vivrà vedrà dicono oggi i frontalieri. Costretti a sperare in un’illuminata benevolenza della classe politica italiana. Un’occasione persa, anzi la più grande occasione persa, dicevamo. Perché se dei frontalieri fosse interessato qualcosa a chi si è seduto al tavolo della trattativa, anziché l’inserimento di una generica promessa futuribile, si poteva benissimo specificare una franchigia con indicizzazione o, perché no, almeno approntare un testo di legge da presentare contestualmente.

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