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San Marino: da Gugliemo Marconi alla fine del Titanic

da Redazione

All’interno della sede dell’Asset Banca premiati i prof. Braccesi e Luise. Gli antichi naviganti davanti al Titano, il marconista e l’era dell’Iphone.

 

Un uomo geniale e un capolavoro dell’ingegneria navale , annullando il tempo, si sono stretti la mano a San Marino: a fine maggio infatti l’Accademia delle Scienze e Asset Banca hanno ospitato il premio “Marconi e il Titanic – Naviganti di oggi e di ieri”. Due illustri professori, nell’ordine Lorenzo Braccesi dell’Università di Padova e Marco Luise dell’Università di Pisa, hanno omaggiato la platea relazionando rispettivamente su “I Greci, l’Adriatico e il Monte Titano” e su “Da Guglielmo Marconi all’iPhone – Telecomunicare nel mondo postmoderno”.

Braccesi , partendo dai naviganti antichi, so è soffermato sul racconto della colonizzazione greca dell’antica Ariminum in cui tanta parte ebbe il monte Titano. Furono proprio i Greci a coniare tale oronimo: lo avevano individuato come la sede del Titano Atlante condannato da Zeus a sorreggere la volta celeste a causa della propria arroganza che sin dalla notte dei tempi è stata considerata foriera di grandi catastrofi. “Nell’esperienza dei naviganti ellenici – ha spiegato Braccesi – i monti e i rilievi collinari erano sempre di rilevanza vitale per potere riconoscere i più prossimi scali costieri. Nel nostro caso il monte, che i marinai euboici potrebbero avere ribattezzato come Titano, segnalava il polo terminale della grande via commerciale, indirizzata all’Etruria interna, che correva lungo la valle dell’Ariminus Marecchia. Fiume, questo, che sfociava a mare ad Ariminum Rimini, località che in età preromana era il porto dell’etrusca Verucchio. Non stupisce quindi che nell’immaginario degli Eubei il monte si trasfiguri in simbolo mitologico. Quale sito migliore per ubicare la sede di Atlante? Egli, per la leggenda, dimorava nell’estremo occidente, e nell’Adriatico della prima metà del secolo VIII a.C. è questo l’occidente più occidentale. Le tre vette – che coronano l’azzurra vision di San Marino – potevano facilmente evocare le mitiche ‘colonne’ sorrette da Atlante, quasi tre puntelli del cosmo costituiti dalla testa e dalle braccia del titano”. Nel mondo ellenico sono documentati altri oronimi assimilabili alle forme Titas(Titan)/Titano e, nel caso, se siano riconducibili ad ambiente euboico? “Il poeta Licofrone conosce il monte Títōn – noto anche a Stefano Bizantino come Titōneùs oros – che la critica giustamente ha ricollegato alla leggenda dei Titani. Si trova nella penisola Calcidica, e il poeta lo cita in connessione a quella località di Flegra dove l’immaginario euboico ha ambientato il primo teatro della Gigantomachia, ribattezzando come Hyperborea la città di Pallene. Ci siamo poi domandati se, in ambito di toponomastiche di ascendenza mitica, disponiamo di rispondenze ‘ambientali’ tra le due dimore di Atlante, l’africana e – come abbiamo qui supposto – l’adriatica. Il Titano, presso Gibilterra, abita sui monti dell’omonima catena che indicano l’estremo punto dell’occidente, con una funzione analoga a quella assolta dalle limitrofe Colonne di Eracle. Le quali, però, non hanno sempre portato questo nome. Infatti, prima di tale denominazione, che è l’ultima, si chiamavano Colonne di Crono. Denominazione che rimanda alle saghe euboiche della Gigantomachia e della Titanomachia, cioè delle lotte sostenute da Zeus contro esseri primordiali o mitici detentori del potere cosmico. L’immaginario degli Eubei, nell’età della loro frequentazione degli empori atlantici, associava così, quali termini ultimi dell’occidente, i monti dell’Atlante alle Colonne di Crono. Orbene, il nostro monte Titano non si posiziona presso mitiche colonne, ma si affaccia su un mare che, prima di denominarsi Iónios kolpos, si chiamava ‘mare di Crono’: Kroníos kolpos”.

Luise invece è partito da una data storica del Novecento: aprile 1912, nella notte che vide inabissarsi il Titanic. “Gioia Marconi, la prima figlia di Guglielmo e di Beatrice O’Brien, riferì che secondo il padre il 14 Aprile 1912 era stato il più importante giorno del secolo per le comunicazioni wireless. Come negarlo? E come negare che ancora una volta la vita dimostrò in quella occasione che dalla cenere possono nascere splendidi fiori? Il 14 Aprile 1912 il Titanic si inabissa e trascina con sé migliaia di vite. Quasi altrettante vite vengono però salvate da un prodigio tecnologico: John George Phillips, marconista a bordo del piroscafo si ostina a inviare via radio per ore il messaggio di SOS finché il transatlantico Carpathia lo raccoglie, giunge in soccorso, e salva 700 persone da morte certa”. Le trasmissioni radio, fino allora viste quasi come una curiosità senza applicazioni pratiche, vengono finalmente riconosciute come un elemento di progresso indispensabile in ogni società civile. “Con la fantasia andiamo ad un altro 14 Aprile, non quello del Titanic nel 1912, bensì anni prima, nel 1865, all’interno del Teatro Ford di Washington, USA. E’ una serata di gala, e il Presidente Abramo Lincoln con la moglie assiste allo spettacolo brillante ‘Il Cugino Americano’, ma durante il terzo atto improvvisamente echeggia uno sparo che non proviene dal palcoscenico e non è finzione: l’attore James Booth attenta alla vita del Presidente uccidendolo nella sua sedia del Palco d’Onore. La notizia dell’assassinio fa il giro del mondo: giunge in Europa … dopo una decina di giorni, cioè quando il primo piroscafo partito dagli USA dopo l’attentato attracca sulle coste, citando a memoria, inglesi.

Al termine delle relazioni i due professori sono stati insigniti del premio Marconi realizzato ad hoc dallo scultore italo-svizzero Cesare Ferronato.

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