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San Marino, Sinistra Unita e il cosiddetto decreto Salvabanche

da Redazione

SAN MARINO – Sinistra Unita segnala con preoccupazione la grande distanza che corre tra lo stato reale dei fatti e le informazioni di cui i cittadini dispongono.

Oggi in molti intervengono sul decreto salvabanche, senza però ravvisare che si tratta dello stesso decreto sul prestito di ultima istanza del novembre 2009, contro il quale solo Sinistra Unita si oppose, denunciandone il potenziale “effetto Islanda”. Ebbene, il governo, per fare passare la cosa in silenzio, ha cercato di ripristinare il decreto di allora inserendolo all’interno del decreto sull’emergenza neve, che niente dovrebbe avere a che fare con le questioni bancarie e finanziarie. Ma la furbata non è riuscita, grazie all’attenzione del gruppo consiliare di Sinistra Unita, che ha denunciato l’enormità del delitto giuridico che si stava per commettere, obbligando il governo a riemettere un decreto ex novo, e dando così eco all’oscura manovra.

Banca Centrale, nel frattempo, come suo solito, tace, rischiando in questo modo di trasformare la gestione della liquidità generale in una vera e propria catastrofe sociale. Non vorremmo, infatti, come accaduto per Banca Commerciale, di cui si disse “salvata con una grande operazione di ingegneria finanziaria” che l’ingegneria finanziaria che si ha in mente sia quella di nascondere i debiti sotto al tappeto e poi, nel silenzio, di accollarli ai cittadini.

Ma questo decreto ci dice anche altro, ci dice per esempio che i soldi sono finiti e che lo Stato è ormai totalmente compromesso; ci dice che non sono più gli istituti bancari a fare da bancomat ai cittadini, ma che sono i cittadini a fare da bancomat agli istituti bancari; ma soprattutto ci dice che continua uno stato di cose che si trascina da alcuni anni, secondo il quale sono i centri di potere (compreso quello finanziario) a dettare l’agenda delle politiche che li riguardano, e che il governo si limita ad eseguire e niente più.

A dimostrazione di ciò ricordiamo le centinaia di milioni di euro già messi a garanzia dei prestiti a istituti bancari a cui devono aggiungersi i prestiti a fondo perduto e gli sgravi fiscali che impediranno per anni la raccolta di imposte; l’uso scellerato dei fondi pensione a mo’ di puntelli del sistema finanziario; la concessione edilizia a Banca di San Marino, particolarmente esposta sul mercato immobiliare; il tentato ordine del giorno sulla vendita delle case agli stranieri; la ricapitalizzazione di Cassa di Risparmio; l’istituzione di una finanziaria pubblica a cui andranno in dote i beni mobili e immobili della Repubblica; i 500 milioni di euro già messi a bilancio dall’AASS per compiere speculazioni sul mercato energetico, nonostante il parere contrario della Commissione di Controllo della Finanza Pubblica.

Un pezzo per volta si sta ipotecando la Repubblica, e quel poco di ricchezza collettiva che è sopravvissuta alla crisi, anziché essere impiegata per il rilancio dell’economia sembra invece si preferisca metterla in piazza per farne oggetto di aperto mercato e per offrirla al peggiore offerente.

Di tempo non ce n’è più. O queste questioni diventano oggetto di un serio dibattito pubblico, oppure i 1700 anni di storia che i sammarinesi hanno avuto in eredità rischiano di finire nel disonore e nella vergogna.

Sinistra Unita

c.s.

Sinistra Unita segnala con preoccupazione la grande distanza che corre tra lo stato reale dei fatti e le informazioni di cui i cittadini dispongono.

Oggi in molti intervengono sul decreto salvabanche, senza però ravvisare che si tratta dello stesso decreto sul prestito di ultima istanza del novembre 2009, contro il quale solo Sinistra Unita si oppose, denunciandone il potenziale “effetto Islanda”. Ebbene, il governo, per fare passare la cosa in silenzio, ha cercato di ripristinare il decreto di allora inserendolo all’interno del decreto sull’emergenza neve, che niente dovrebbe avere a che fare con le questioni bancarie e finanziarie. Ma la furbata non è riuscita, grazie all’attenzione del gruppo consiliare di Sinistra Unita, che ha denunciato l’enormità del delitto giuridico che si stava per commettere, obbligando il governo a riemettere un decreto ex novo, e dando così eco all’oscura manovra.

Banca Centrale, nel frattempo, come suo solito, tace, rischiando in questo modo di trasformare la gestione della liquidità generale in una vera e propria catastrofe sociale. Non vorremmo, infatti, come accaduto per Banca Commerciale, di cui si disse “salvata con una grande operazione di ingegneria finanziaria” che l’ingegneria finanziaria che si ha in mente sia quella di nascondere i debiti sotto al tappeto e poi, nel silenzio, di accollarli ai cittadini.

Ma questo decreto ci dice anche altro, ci dice per esempio che i soldi sono finiti e che lo Stato è ormai totalmente compromesso; ci dice che non sono più gli istituti bancari a fare da bancomat ai cittadini, ma che sono i cittadini a fare da bancomat agli istituti bancari; ma soprattutto ci dice che continua uno stato di cose che si trascina da alcuni anni, secondo il quale sono i centri di potere (compreso quello finanziario) a dettare l’agenda delle politiche che li riguardano, e che il governo si limita ad eseguire e niente più.

A dimostrazione di ciò ricordiamo le centinaia di milioni di euro già messi a garanzia dei prestiti a istituti bancari a cui devono aggiungersi i prestiti a fondo perduto e gli sgravi fiscali che impediranno per anni la raccolta di imposte; l’uso scellerato dei fondi pensione a mo’ di puntelli del sistema finanziario; la concessione edilizia a Banca di San Marino, particolarmente esposta sul mercato immobiliare; il tentato ordine del giorno sulla vendita delle case agli stranieri; la ricapitalizzazione di Cassa di Risparmio; l’istituzione di una finanziaria pubblica a cui andranno in dote i beni mobili e immobili della Repubblica; i 500 milioni di euro già messi a bilancio dall’AASS per compiere speculazioni sul mercato energetico, nonostante il parere contrario della Commissione di Controllo della Finanza Pubblica.

Un pezzo per volta si sta ipotecando la Repubblica, e quel poco di ricchezza collettiva che è sopravvissuta alla crisi, anziché essere impiegata per il rilancio dell’economia sembra invece si preferisca metterla in piazza per farne oggetto di aperto mercato e per offrirla al peggiore offerente.

Di tempo non ce n’è più. O queste questioni diventano oggetto di un serio dibattito pubblico, oppure i 1700 anni di storia che i sammarinesi hanno avuto in eredità rischiano di finire nel disonore e nella vergogna.

 

5 giugno 2012

Sinistra Unita

 

 

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