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Diario della crisi del 4 maggio 2012

da Redazione

Cinquanta miliardi. Dalla Svizzera. Nelle casse dello Stato italiano. Una sorta di scudo – bis ma a ben altre condizioni. Monti per adesso è muto sulla questione.

 

di Saverio Mercadante

 

Cinquanta miliardi. Dalla Svizzera. Nelle casse dello Stato italiano. Una sorta di scudo – bis ma a ben altre condizioni. Monti per adesso è muto sulla questione. Ma il rigore sta strozzando l’Europa e senza incentivi alla crescita, tanti soldi che non ci sono, e solo tasse, non si va da nessuna parte. Nell’eventualità che anche l’Italia si decida a percorrere la strada di un’intesa, secondo le stime, potrebbero arrivare infatti nelle casse dell’Italia fino a 50 miliardi di euro prelevati dai capitali svizzeri. Gli accordi che la Svizzera sta firmando (Germania, Austria e UK), tra l’altro, non prevedono l’ingresso di nuovi capitali non dichiarati. E comunque lasciare ora le banche svizzere non è facile. Non hanno nessun interesse a veder volare via i clienti verso altri paradisi fiscali. In ogni caso chi resta in Svizzera non dovrebbe avere nuovi vantaggi oltre al mantenimento del segreto bancario, però non subirà un aggravio d’imposta dopo aver sanato e i capitali rimasti continuerebbero a subire una tassazione sui redditi prodotti in loco che dovrebbe essere in linea con quella sugli investimenti all’estero. Gli istituti svizzeri intanto fanno melina: si sono impegnati a non assistere chi decide di spostare i capitali per non correre rischi. E alla clientela suggeriscono di aspettare e pagare. A chi non trova convincenti gli argomenti per restare sul suolo elvetico oppongono resistenza passiva senza offrire vie alternative. Anzi fanno opera di sollecita prevenzione: trattengono in anticipo l’ammontare dell’eventuale una tantum in vista degli accordi ad altri Paesi dell’UE a chi avvia le pratiche per il trasferimento dei propri capitali altrove. Insomma, accerchiati sono, da terra, da mare, da cielo, i titolari esteri dei conti svizzeri.

Un altro che di segreti se ne intende sembra al capolinea. Ora Rupert Murdoch viene anche umiliato: la relazione della commissione parlamentare britannica chiamata a pronunciarsi sullo scandalo intercettazioni l’ha definito “inadatto a guidare una grande azienda internazionale”.

 

 

 

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