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Lomografia, la pellicola ai tempi dei megapixel

da Redazione

brad_pitt_fisheyes

 

Nell’era del digitale, un modo vecchio e nuovo di scattare. Davvero cool. Effetti vintage e vignettature. Che hanno conquistato anche Brad Pitt, che si è fatto fotografare con la sua Lomo fisheyes al collo.

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di Alessandro Carli

 

L’innovazione della plastica e della pellicola ai tempi della rivoluzione dei pixel. “Non pensare, scatta” ti dicono ai corsi di Lomography (a Forlì c’è Gianluca Colagrossi, che da qualche tempo, nel suo negozio, si fa portatore di questa filosofia con un buon successo di adepti), che è un modo funny per fotografare. Colagrossi parte sempre con il decalogo, snocciolato con un sorriso: porta la tua lomo ovunque tu vada; usala sempre di giorno e di notte; la lomografia non è un’interferenza nella tua vita ma ne è parte integrante; scatta senza guardare nel mirino; avvicinati più che puoi; non pensare; sii veloce; non preoccuparti in anticipo di quello che verrà impresso; non preoccuparti neppure dopo; non ti preoccupare di queste regole. Il resto, l’hanno fatto i vipponi, quelli belli come Brad Pitt, che si è fatto fotografare con la sua Lomo fisheye al collo. Eppure, dietro a un’apparente moda, c’è una storia d’innovazione che merita di essere impressionata.

 

La storia

 

La lomografia ha origine negli anni Novanta quando due giovanissimi studenti austriaci trovano in un mercatino alcune macchine fotografiche 35 mm compatte di marca Lomo (il nome è un acronimo che identifica anche il luogo di origine, ovvero Leningradskoe Optiko Mechaničeskoe Ob’edinenie). La usarono per scattare foto spontanee, senza pensare, e usando il mirino solo raramente: i risultati furono sorprendenti. Colori vibranti, forte saturazione e una vignettatura a incorniciare il tutto… non si era mai visto niente di simile prima. Una volta tornati a casa gli amici cercarono una Lomo LC-A tutta per loro, dando così inizio a un nuovo stile di sperimentazione fotografica ora conosciuto con il nome di Lomography.

Le caratteristiche particolari di questa macchinetta fotografica compatta sono racchiuse nell’obiettivo, progettato da un ingegnere ottico sovietico, che con una focale di 32 mm si può paragonare ad un grandangolare medio. La particolarità dell’obiettivo consiste però soprattutto nella sua relativa luminosità f/2,8, che unita alle piccole dimensioni della lente fornisce immagini estremamente sature e con una vignettatura da sottoesposizione tutto intorno, che crea una sorta di effetto “tunnel”. Il costo originalmente contenuto ne aveva favorito la diffusione nella ex URSS. I due studenti austriaci, colpiti dalla resa fotografica, creano un fenomeno che, ormai da anni, si è esteso in tutto il mondo con la creazione di Lomoambasciate, Lomomissioni, Lomoconcorsi. A cascata, è seguita la messa in commercio, a prezzi ormai non più sovietici, di questa macchina fotografica e di altre, sempre di produzione ex sovietica o cinese a basso costo. Nel maggio 2005 il modello principale della Lomo, cioè la LC-A (sigla per Lomo Compatta Automatica), ormai tenuto in produzione in esclusiva per la Società Lomografica Austriaca, è stato messo ufficialmente fuori produzione. La motivazione data è l’alto costo della manufattura di questa macchinetta, semplice nell’uso ma dall’elevato numero di elementi che la compongono.

Dal 2006 viene prodotta in replica in Cina “LCA+”, ancora con lente russa o con lente cinese, ed alcune funzioni in più. I lomografi rimangono all’analogico, il digitale non interessa. Perché una persona dovrebbe rinunciare ai vantaggi del digitale, sia in fatto di praticità che qualità, per passare ad una vecchia macchina fotografica con rullino e che produce foto di scarsa qualità, con colori che possono essere facilmente applicabili anche a foto digitali con programmi come Photoshop? Perché con tutta la tecnologia a disposizione dovremmo ridurci ad un mezzo così elementare, se non per pura didattica? La risposta sta nel “concetto” stesso di fotografia,un po’ come nell’arte figurativa della pittura ci sono pittori realisti che prediligono la ripetizione reale del soggetto ritratto, e ci sono dei “Picasso” che stravolgono la prospettiva e i volumi creando situazioni “oniriche” che si estendono al mondo dell’ignoto e alle retrovie del “reale”.Qui interviene la moda e il culto.

Queste foto vignettistiche e astratte sono molto particolari e conferiscono alla foto più calore, regalando più sentimenti. Sicuramente la stessa foto scattata con una macchina fotografica digitale e una Lomo provoca emozioni e sentimenti totalmente diversi. Ma non solo: è anche un discorso di presentazione.

Davanti a una Lomo (da provare, oltre alla Diana+, un medio formato, ovvero un 6×6 che può diventare anche stenopeica, la nuovissima Sardina, ricavata da una scatola di sardine), il soggetto non si spaventa ma anzi: partecipa al gioco. Un gioco di innovazione, che dà le spalle alle nuove tecnologie. E che è partito, per diffondersi in maniera capillare in tutto il mondo, da un mercatino di oggettini vintage.

 

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