Al Novelli di Rimini il dialogo a due cori e due voci tra Antonella Bertoni e Patrizia Birolo: accenti comici per un lavoro dal grande impatto emotivo, che attinge alla cristianità e all’indulgenza. E che ricorda, nel gioco di luci, il profilo di Pina Bausch.
di Alessandro Carli
Il titolo di uno spettacolo teatrale è come il viso di una persona: deve creare curiosità, o perlomeno affascinare. E’ un discorso di chimica, di occhi. Che trova un terreno assai fertile nell’interessante “Le fumatrici di pecore”, ospitato al Novelli di Rimini martedì sera. Una danza a due – sul palco Patrizia Birolo e Antonella Bertoni – che, oltre al gesto gentile della danza, tocca una corda quasi inesplorata: quella della comicità. Patrizia Birolo, in scena, è uno spasso: gioca con il proprio essere portatrice sana di una diversa abilità, senza pietismo, ma con una grande energia di gesti e di voce. Antonella Bertoni, in questo dialogo dei movimenti, è la spalla: due metà del cielo che si cercano, si abbracciano, si allontanano, si chiamano e si ricercano, per rispecchiarsi, alla fine, in una unità di respiri. Titolo bizzarro ma veritiero – Birolo e Bertoni in scena si fumano le pecorelle del presepio, quasi fossero canne d’arte, di cristianità – con un sottofondo, velato ma non troppo, di forti simboli religiosi: la croce, il velo, l’abbraccio di una Maria apocrifa e allo stesso tempo canonica al corpo femminile di un novello Gesù, mentre le musiche e le luci ritagliano un tempo e uno spazio intimamente universale. Antonella Bertoni, meravigliosa libellula dalle lunghe leve (in alcuni passaggi, di spalle, ricorda Pina Bausch: le sue braccia sottili e belle, i capelli legati con un elastico), sorride e danza lieve, quasi staccata dalle assi del teatro. E Patrizia Birolo la segue come quei bambini che seguono gli aquiloni: con lo sguardo, con le mani, mentre canta allegramente (e volutamente fuori tempo) un brano di Tiziano Ferro. Sembra di assistere alle pennellate di Salvador Dalì, quel Dalì che nel 1951 si mise a creare il “Gesù Cristo di San Giovanni della Croce” (il crocefisso visto dal punto di vista di Dio): Antonella Bertoni, con un’asse di legno sulle spalle, si trascina sul palco, e Patrizia Birolo la osserva, con una indulgenza di figlia, o forse di madre.