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San Marino: non bisogna avere paura del cambiamento

da Redazione

Il problema vero è quello istituzionale. E’ necessario riportare la vita politica all’interno del Consiglio Grande e Generale. E’ questo il nostro Arengo. Non ne servono di nuovi.

 

di Alberto Rino Chezzi

 

Non aver timore del cambiamento. La politica insieme all’espressione della sua classe dirigente è veramente in un mare di guai. Non riesce a rinnovarsi e a esprimere le scelte necessarie per rifondare dal profondo le regole del convivere di questa piccola comunità. Molto probabilmente non è più in grado di salvare neanche se stessa. Appiattita esclusivamente su logiche di mantenimento, gestione e spartizione del potere. Con il solito balletto pre elettorale d’incontri, alla ricerca di formule che interessano solo loro stessi. Niente di nuovo sotto il sole. La politica sembra non volere assolutamente riprendere il primato che le è sempre spettato, superando le logiche puramente economiche, finanziarie e soprattutto di potere. Non vuole prendere le distanze da chi è stato artefice e protagonista di quanto, è sotto gli occhi di tutti. Il problema vero è quello istituzionale. E’ necessario riportare la vita politica all’interno del Consiglio Grande e Generale. E’ questo il nostro Arengo. Non ne servono di nuovi. E’ sufficiente per garantirne il suo rinnovamento e il democratico funzionamento limitare temporalmente anche il Consiglierato. Una pausa di una legislatura. E’ incomprensibile il fatto che le decisioni vere siano prese in ambito extraparlamentare. In barba ai programmi elettorali e privando il Consiglio Grande e Generale di una parte importante di quello che deve essere un confronto pubblico, non solo tra maggioranza e opposizione ma anche all’interno della stessa maggioranza. Non può essere che, lo stesso istituto della Reggenza, che rappresenta tutti indistintamente, sia espressione della sola maggioranza. Il Congresso di Stato manca di un coordinamento vero, ove ogni Segreteria sembra avere i propri autonomi obiettivi. Il più delle volte con pesanti sovrapposizioni di competenze fra Segreteria e Segreteria. E a scendere ci ritroviamo pieni di sovrastrutture con una Pubblica Amministrazione che, è oramai evidente a tutti , deve essere perlomeno resa più efficiente e sicuramente snellita. Problema anche questo istituzionale. Chiaramente non è colpa dei pubblici dipendenti, che vivono questa fase critica del Paese con grande apprensione per il proprio futuro. Tanti sono i fedeli servitori dello Stato che in silenzio non solo fanno il proprio dovere, ma si assumono carichi e responsabilità che non sono neanche i propri. Dando al meglio il loro contributo. Si possono però individuare strumenti condivisi che vadano in questa direzione, senza smantellare lo Stato Sociale, vera e grande conquista del mondo civilizzato. Per fa questo però la politica deve tornare a far politica e non altro. Senza timore del cambiamento.

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