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San Marino, cerimonia d’insediamento 1° aprile: l’Orazione Ufficiale di Thorbjorn Jagland

da Redazione

SAN MARINO – San Marino, 1° aprile 2012, l’Allocuzione del Segretario Generale del Consiglio d’Europa, S.E. Thorbjørn Jagland, in occasione della Cerimonia di Investitura degli Eccellentissimi Capitani Reggenti Maurizio Rattini (II) e Italo Righi (I).

 

 

San Marino, domenica 1° aprile 2012

 

VIVERE INSIEME NONOSTANTE LE DIVERSITA’

 

 

Eccellentissimi Capitani Reggenti,

Onorevoli Membri del Congresso di Stato,

Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,

Eccellenze,

Signore e Signori,

 

è per me un grande piacere partecipare a questa prestigiosa Cerimonia di Investitura. Vorrei innanzitutto congratularmi con gli Eccellentissimi Capitani Reggenti per la loro elezione ed esprimere la mia gratitudine alla Repubblica di San Marino per avermi concesso il privilegio di essere oggi l’Oratore ufficiale.

E’ altresì un onore partecipare a un evento profondamente radicato nelle tradizioni politiche della Repubblica di San Marino, una delle più antiche democrazie parlamentari al mondo.

Un evento che è altresì un’ottima dimostrazione del principio di condivisione dei poteri, poiché i Capitani Reggenti vengono scelti ogni sei mesi da partiti politici differenti. Ciò può essere considerato un esempio della fiducia che i cittadini ripongono nei propri leader in uno Stato democratico maturo.

Un altro esempio di ciò si ritrova nella “Istanza d’Arengo” – un istituto molto antico che fornisce ai cittadini l’opportunità di presentare richieste ai Capitani Reggenti e altresì di suggerire al Parlamento leggi di pubblico interesse. Ciò dà l’idea di democrazia diretta a San Marino.

Pertanto, la Repubblica di San Marino può rappresentare una fonte di ispirazione per una grande comunità di Stati come il Consiglio d’Europa.

Non sto dicendo che la democrazia debba seguire un’unica ricetta, poiché le tradizioni nazionali e la storia influenzeranno sempre un sistema statale. Al contrario, non dovremmo mai essere a corto di ispirazioni quando parliamo di democrazia, e non dovremmo mai trattenerci dal guardare alle esperienze politiche altrui.

Ritengo che una delle ragioni del considerevole impatto e progresso negli ultimi venti anni della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto sia precisamente il fatto che i paesi europei abbiano avuto maggiori possibilità di comparare e condividere le proprie diverse pratiche politiche, soprattutto in una dimensione europea più ampia – possibilità che offre il Consiglio d’Europa.

Il fatto di riconoscere che condividiamo una visione comune ci permette di prendere atto dei forti legami che ci tengono uniti, nonostante le nostre differenze: tutti noi comprendiamo che senza democrazia nessun paese può prosperare. Tutti noi comprendiamo che lo sviluppo sociale ed economico sostenibile dipende dalla democrazia. E tutti noi comprendiamo che la democrazia non può essere una nozione astratta. Essa non può esistere nel vuoto.

La democrazia richiede altresì un equilibrio fra permanenza e cambiamento. La democrazia genuina non può essere costruita attorno all’immobilità come obiettivo primario, essa richiede un cambiamento – cambiamento di potere politico, cambiamento di persone al potere e cambiamento di idee.

Ma ciò che dobbiamo comprendere è anche il fatto che tutte le conquiste in campo democratico sono fragili e per nulla irreversibili. E molte persone riconosceranno che, nonostante i progressi compiuti in passato, stiamo attualmente vivendo una crisi della democrazia in Europa. Tale crisi è caratterizzata da un crescente divario fra le istituzioni e i cittadini, da una mancanza di fiducia pubblica nei meccanismi democratici e da una disillusione delle persone nei confronti dei processi democratici in generale. Inoltre, le democrazie sono altresì sotto stress a causa delle forze economiche e delle crescenti tendenze populiste.

Cosa possiamo fare? Qual è la nostra risposta? Ritengo che, proprio per via del fatto che le democrazie sono sotto stress, sia ancora più importante da parte nostra insistere sul rispetto dei nostri valori fondamentali e delle nostre norme democratiche, che in molte parti dell’Europa sono sotto attacco.

 

Dobbiamo preservare e rafforzare il sistema di controlli ed equilibri che è indispensabile per il normale funzionamento della democrazia. Per questo, dobbiamo incentrarci in particolare su elezioni libere ed eque, sulla libertà dei media e su un sistema giudiziario indipendente ed efficace, tenendo conto del fatto che i problemi e le minacce differiscono da paese a paese.

Quando parliamo del sistema di controlli ed equilibri a livello nazionale, dovremmo altresì tener conto della dimensione europea promossa dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il ruolo della Corte è duplice: in primo luogo, aiutare i paesi membri ad adeguare la legislazione alla Convenzione e, in secondo luogo, prevenire qualsiasi ritorno al regime autoritario. Si tratta del sommo tutore del sistema dello stato di diritto sul continente europeo, nonché della stabilità e della pace durature.

Vi sono importanti sfide che la Corte deve affrontare, in primo luogo il fatto di ricevere troppi ricorsi che molto spesso sono ripetitivi. Troppi ricorrenti sono costretti a presentare i propri ricorsi a Strasburgo poiché le loro autorità nazionali non riescono a risolvere problemi ben noti e diffusi. Ne risulta che la Corte utilizza troppe delle sue risorse per attività che non rientrano nella sua funzione principale. Ciò sta minando la sua efficienza e la sua autorità.

Per questo motivo, una delle priorità del mio mandato è la riforma della Corte, così che possa continuare a svolgere un ruolo cruciale nella salvaguardia dei diritti umani in Europa.

Desidero cogliere questa occasione per ringraziare le autorità di San Marino per aver svolto un ruolo molto attivo nel 2007, durante il loro semestre di Presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nel consolidamento del sistema di protezione dei diritti umani dell’Organizzazione. Le iniziative svolte durante la Presidenza sammarinese sono state fondamentali per identificare, attraverso una serie di attività specifiche, le priorità per la riforma del lavoro della Corte nel breve e lungo termine.

Inoltre, la Presidenza sammarinese ha più volte compiuto sforzi volti a sostenere l’appello affinché la pena di morte venga completamente abolita. Questo è un obiettivo nei confronti del quale il Consiglio d’Europa si impegna da tempo e una questione sulla quale lo Stato di San Marino, uno dei primi al mondo ad abolire la pena capitale, ha sempre assunto una ferma posizione in tutte le sedi internazionali.

Le recenti esecuzioni in Bielorussia ci ricordano che la nostra campagna volta a eliminare questa brutale forma di pena non si è ancora conclusa – né in Europa e né certamente a livello mondiale.

La Repubblica di San Marino ha altresì prestato attenzione ai diritti dei bambini e delle donne, sostenendo la campagna “Costruire un’Europa per e con i bambini” e la “Campagna europea per combattere la violenza nei confronti delle donne, compresa la violenza domestica”. Quest’ultima ha spinto San Marino ad adottare un’ampia gamma di provvedimenti in campo sociale, educativo, giuridico e culturale a livello nazionale.

Occorrerebbe troppo tempo per fare un elenco di tutti i risultati positivi ottenuti durante la Presidenza sammarinese, ma sarebbe per me difficile non menzionare il contributo di San Marino, molto apprezzato, alla promozione del dialogo interculturale e, in particolare, interreligioso.

Proprio qui, nell’aprile 2007, le autorità di San Marino sono riuscite a riunire numerosi rappresentanti delle religioni tradizionalmente presenti in Europa (Ebrei, Cristiani e Mussulmani), rappresentanti della società civile e del mondo accademico, esperti e delegati degli Stati membri e osservatori del Consiglio d’Europa per discutere delle implicazioni della diversità culturale e religiosa in Europa al fine di promuovere la diversità quale fonte di arricchimento reciproco.

L’Europa è sempre stata un luogo di diversità. Tuttavia, tale diversità è multidimensionale – la religione è parte di essa, ma è solo un elemento, che a volte coincide con altri, a volte si interseca con essi.

Dove coincide con altri, essa può ancora essere una fonte di divisione e conflitto. I più significativi esempi recenti in Europa riguardano i Balcani. Ma non dobbiamo dimenticare l’Irlanda del Nord o il background religioso dell’antisemitismo. Ciò comporta per i leader religiosi un obbligo speciale di collaborare per superare tali divisioni e sottolineare ciò che hanno in comune.

Ritengo che il dialogo interreligioso sia di cruciale importanza nell’attuale contesto europeo in cui la discriminazione, l’intolleranza per motivi religiosi ma anche etnici e – come ho menzionato in precedenza – le tendenze populiste sono aumentate in maniera sostanziale negli ultimi anni.

Oggi possiamo tutti vedere che le minoranze, come i Rom o i Mussulmani, vengono ancora di più emarginate e stigmatizzate e che l’antisemitismo è in aumento. Con l’attuale crisi finanziaria, tali tendenze si sono rafforzate.

Sì, l’Europa è sempre stata un luogo di diversità. Ma allora perché sembriamo incontrare difficoltà nella gestione democratica di tale diversità?

E’ proprio per rispondere a questa domanda e per offrire possibili soluzioni che ho chiesto ad un gruppo di nove esperti, accademici ed ex politici, guidati da Joschka Fischer, di preparare per il Consiglio d’Europa un rapporto che indicasse le sfide derivanti da tale ripresa dell’intolleranza e della discriminazione in Europa, di analizzare “la minaccia” e di proporre “la risposta” per poter vivere insieme in società europee aperte, con particolare riferimento all’integrazione dei migranti.

La principale conclusione di tale rapporto è molto chiara: se l’Europa intende rimanere una regione di pace e prosperità, dobbiamo abbracciare la diversità, trarre vantaggio da essa. Ciò deve basarsi sull’uguaglianza dinnanzi alla legge, sul rispetto dei diritti umani e sulla condivisione di alcuni diritti e obblighi nelle nostre società.

Il rapporto contiene raccomandazioni chiare su come poter fare meglio, su come trasformare la diversità da potenziale minaccia a beneficio reale per le nostre società. Lo scopo di questo rapporto è stato quello di lanciare un processo di dibattiti e azioni. Con la prima parte abbiamo avuto molto successo, ma ora dobbiamo passare alla seconda parte.

Siamo giunti a un momento in cui abbiamo bisogno sia di una dichiarazione politica forte ad alto livello che di una concreta spinta all’azione. E’ essenziale che i leader politici ripristinino il senso più profondo di sicurezza e fiducia nelle nostre società.

Tutti gli attori hanno la loro parte di responsabilità nell’identificare basi comuni al fine di superare una questione cruciale per favorire la coesione e l’unità all’interno e fra le nostre società. Tuttavia ritengo che il nostro compito principale debba essere quello di fare appello a questa rinnovata responsabilità e impegno da parte dei leader europei affinché:

– spostino il dibattito sulle migrazioni dalle emozioni ai fatti (la diversità culturale è una caratteristica storica dell’Europa ed è destinata a continuare anche in futuro);

– si oppongano e prendano chiaramente posizione contro l’estremismo, la discriminazione, il razzismo e l’intolleranza nei confronti di qualsiasi gruppo sociale, culturale o religioso; e garantiscano che i principali discorsi politici in Europa promuovano l’integrazione sostenibile e prendano una posizione chiara contro le espressioni di odio;

– ricordino i valori fondamentali che uniscono tutti noi (così come contenuti nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e l’assoluta necessità di rispettare tali valori senza rinunciare alla propria religione o identità etnica.

Come raccomandazione specifica sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale, il rapporto invita il Consiglio d’Europa e gli Stati membri a stabilire una piattaforma per migliorare le nostre relazioni con i rappresentanti di alto livello delle religioni e delle organizzazioni aconfessionali.

Tale raccomandazione è certamente un buon modo per sviluppare l’iniziativa lungimirante che la Repubblica di San Marino ha promosso cinque anni or sono.

Ringraziando ancora una volta sentitamente per avermi permesso di rivolgermi a voi, desidero concludere esprimendo agli Eccellentissimi Capitani Reggenti i miei migliori auguri di ogni successo nella missione che è stata loro affidata e la mia gratitudine per la calorosa ospitalità ricevuta dal popolo di San Marino. Grazie.

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