Il credit crunch colpisce ancora, anzi nell’autunno del 2011 si è accentuato. Lo segnala Maurizio Focchi, Presidente di Confindustria Rimini all’interno della presentazione dell’Indagine congiunturale di Confindustria Rimini.
RIMINI – Il credit crunch colpisce ancora, anzi nell’autunno del 2011 si è accentuato. Lo segnala Maurizio Focchi, Presidente di Confindustria Rimini all’interno della presentazione dell’Indagine congiunturale di Confindustria Rimini: “I dati confermano lo scenario anticipato nella precedente rilevazione. Le prospettive globali sono ancora incerte e molto differenziate, soprattutto nell’Eurozona dove rimangono ampi divari nelle dinamiche. In Italia in particolare il fenomeno del credit crunch che si è accentuato dall’autunno del 2011, rimane uno dei principali fattori di freno per le imprese, penalizzandone la competitività rispetto ai concorrenti internazionali. Nello specifico, nella Provincia di Rimini, come emerge dai dati Banca d’Italia, gli impieghi alle imprese private a dicembre 2011 rispetto a gennaio 2011 si sono ridotti di circa 227 milioni di euro. Anche il nostro Consorzio di Garanzia Fidi, Confidi Romagna e Ferrara, conferma tale difficoltà nell’accesso al credito. Un quadro reso ancora più grave dall’allungamento dei tempi di pagamento sia del settore pubblico sia tra privati”.
Dunque la situazione dell’economia riminese resta critica e problematica. L’Indagine Congiunturale sulla situazione economica della provincia di Rimini effettuata dall’Ufficio Economico di Confindustria Rimini e relativa ai dati consuntivi del secondo semestre 2011 e previsioni primi sei mesi del 2012, rivela che i dati non sono positivi e che le previsioni confermano l’ingresso in recessione.
Una condizione che si spera possa essere superata se, come anticipano importanti Centri Studi italiani ed esteri, dalla seconda metà del 2012 si manifesterà un’inversione di tendenza.
Le PMI segnalano produzione ridotta, fatturato in negativo.
Quanto alle previsioni, rispetto ad ad un anno fa la percentuale di chi prevede la produzione in aumento scende al 15% rispetto al 37,50%; triplica quella di chi la prevede in diminuzione (32,5% contro 11,1% di un anno fa).