Home FixingFixing Piccoli suicidi tra imprenditori. Il dramma, in Italia è figlio della crisi di liquidità

Piccoli suicidi tra imprenditori. Il dramma, in Italia è figlio della crisi di liquidità

da Redazione

Un dramma in Italia: già 50 imprenditori si sono tolti la vita in 3 anni. E la CGIA di Mestre propone un fondo di solidarietà. Le responsabilità della PA (cioè dello Stato) che ha debiti che ammontano a due Finanziarie.

di Saverio Mercadante

 

Suicidi e ancora suicidi tra gli imprenditori a tal punto che la CGIA di Mestre ha proposto proprio in questi giorni un fondo di solidarietà per mancanza di credito gestito in stretta collaborazione con i consorzi Fidi. Sono cinquanta negli ultimi tre anni quelli che si sono tolti la vita. E tra quei cinquanta molti non erano falliti o stavano fallendo. Erano in una drammatica crisi di liquidità perché vantavano crediti che non riuscivano a incassare. Forse li vantavano nei confronti delle ASL dell’Emilia Romagna. La virtuosissima Emilia-Romagna infatti, con una media di 288 giorni di ritardo per saldare le fatture ottiene un incredibile record negativo. Addirittura risulta peggiore della Regione Sicilia e di tutte le regioni del nord e del centro. Il sistema emiliano romagnolo però può sempre fare riferimento a quello della Puglia (309 giorni) e Sardegna (312) e dormire sogni tranquilli. Popolati, però, da incubi ambientati in Lombardia: le Asl saldano i debiti con i fornitori con un tempo medio di soli 112 giorni. Bravissimi in Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige: riescono a chiudere i pagamenti in soli tre mesi. A pochi chilometri da San Marino, la maglia nera della regione: l’Asl di Forlì paga dopo quasi 17 mesi, per la precisione 509 giorni. Il Policlinico di Modena 480 giorni. Subito dopo, terza nella classifica dei peggiori a livello regionale, l’Asl di Bologna. Per l’azienda sanitaria bolognese più di un anno per essere pagati: 372 giorni. Media nazionale 299, lontanissima dalle direttive europee che fissano a 60 giorni il tempo massimo di pagamento dei fornitori esterni. Un’istigazione al suicidio per le piccole medie-imprese che lavorano con la sanità pubblica. A gennaio un piccolo miglioramento in Emilia Romagna: gli incassi erano passati, sempre in media, rispettivamente da 276 a 252. Entro questo mese di marzo si dovrebbe arrivare a un taglio di almeno di un trimestre con i 600 milioni sbloccati dal governo Monti.

 

PA: 70 MLD DI DEBITO

Una piccola boccata d’aria che non risolve un problema drammatico comune a tutta la pubblica amministrazione che ha debiti per 70 miliardi, più o meno due manovre finanziarie. Il 49 per cento delle imprese in Italia che attendono i pagamenti pubblici in media per 180 giorni, sono piccole e medie aziende, quelle che più delle altre stanno incontrando enormi difficoltà nell’accesso al credito da parte del sistema bancario. E in particolare le difficoltà più grandi le incontrano le imprese con meno di 20 addetti, alle quali viene erogato solo il 19 per cento dei prestiti. Un drammatico paradosso: secondo Bankitalia “il loro contributo al valore aggiunto nazionale è più che doppio e quello all’occupazione ben al di sopra del 50 per cento”. A questo poi si aggiunge un forte incremento dei tassi praticati dalle banche, i quali aggravano ulteriormente la situazione debitoria delle imprese finanziate e un aumento dei costi accessori che “per alcune voci sono raddoppiati in un anno”. Per la Cgia di Mestre, su 11.615 imprenditori che hanno portato i libri in Tribunale, circa 3.600 lo hanno fatto per i ritardi nei pagamenti.

La peste della mancanza di recupero dei crediti intanto si sta diffondendo in tutta Europa. Gli ultimi dati della multinazionale del recupero crediti Intrum Justitia, segnalati dal Fatto, mostrano nel Vecchio Continente una crescita delle perdite sui crediti di 312 miliardi di euro (+2,7 per cento sul 2010). L’Italia è tra i Paesi ad alto rischio dietro a Spagna e Ungheria. Grandissimi rischi di non vedere più i soldi da incassare in Grecia, Portogallo, Cipro e Repubblica Ceca. L’Italia, che non si fa mancare niente in questo campo, è in testa alla classifica dei ritardi con 124 giorni medi contro i 23 della virtuosa Finlandia e i 52 della media europea. Nel caso dei rapporti tra imprese, cioè le forniture, l’Italia si attesta intorno ai 103 giorni, solo 7 in meno della Grecia, mentre la perdita media sui crediti in Italia l’anno scorso era intorno al 2,6 per cento del fatturato per un controvalore di 40,88 miliardi. Il 53 per cento delle aziende prevede un aumento del rischio. La Fiat, che va molto male in Europa, si distingue tra i grandi ritardatari: pagamenti dal Lingotto vicini ai 200 giorni. Il bilancio 2011 di Fiat spa indica in 16,4 miliardi i debiti commerciali globali del gruppo.

 

TASSE, IN ITALIA

Tra i grandi dell’UE l‘Italia è tra i paesi che presentano il livello di tassazione sulle imposte dirette più elevato. A sottolinearlo è la CGIA di Mestre che ha verificato il peso delle tasse (siano esse dirette od indirette) sui contribuenti di tutta Europa.

Ebbene, l’Italia presenta un livello di tassazione sulle imposte dirette (Irpef, Ires, etc.) pari al 14,5% del Pil, mentre le indirette (Iva, accise, imposta di registro, etc.) incidono, sulla ricchezza prodotta, per il 13,9%. Solo la Danimarca (29,6%), la Svezia (19,4%) e il Regno Unito (15,6%) registrano a livello europeo dati relativi al peso delle dirette superiori al nostro.

Tra i paesi che hanno invece deciso di tassare in misura superiore i propri contribuenti con le indirette, segnaliamo l’Austria la Francia, l’Olanda, la Germania e la Spagna. In termini percentuali sul Pil, i francesi subiscono un carico fiscale addebitabile alle indirette pari al 14,9%, gli austriaci al 14,5%, gli olandesi al 12,1%, i tedeschi all’11,1% e gli spagnoli al 10,3%.

 

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