Home NotizieSan Marino Frontalieri, i lavoratori della Colombini scrivono al Governo di San Marino

Frontalieri, i lavoratori della Colombini scrivono al Governo di San Marino

da Redazione

Questione frontalieri, in merito all’ormai famigerato Art. 56 della Finanziaria (2011), la struttura sindacale della più importante impresa del territorio, la Colombini, ha inviato una lettera aperta al Congresso di Stato. Ecco il testo della lettera.

SAN MARINO – Questione frontalieri, in merito all’ormai famigerato Art. 56 della Finanziaria (2011), la struttura sindacale della più importante impresa del territorio, la Colombini, ha inviato una lettera aperta al Congresso di Stato. Ecco il testo della lettera.

 

 

“On. Congressisti,

la lettera di Monti arrivata qualche giorno fa alla Reggenza ha impresso un’importante e possibile nuova prospettiva nelle relazioni bilaterali, propedeutica a produrre le condizioni per arrivare alla firma del tanto agognato accordo contro le doppie imposizioni, che avrebbe come conseguenza quello di far uscire il paese dalla famigerata black-list.

Per questo, come struttura sindacale dell’azienda produttiva più grande della Repubblica, che a pieno titolo rappresenta l’economia reale, nell’auspicio che il percorso virtuoso intrapreso prosegua senza tentennamenti e ripensamenti, non possiamo che accogliere con viva soddisfazione la concreta possibilità per l’intero sistema economico di poter ritrovare fiducia, certezze e coraggio. Elementi indispensabili per riconsegnare competitività al sistema e favorire altresì nuovi investimenti anche da fuori territorio.

 

Detto ciò, archiviato l’importante e non scontato risultato ottenuto con la reiterazione della franchigia, anche se con un po’ di delusione vista la sua riduzione, come rappresentanti delle maestranze vorremmo invitarVi a compiere un gesto di responsabilità nazionale e sociale, rimuovendo subito quell’odiosa norma, ovvero l’art. 56 della legge finanziaria 2011, reiterata anche nella finanziaria 2012. Questa norma umilia una parte di lavoratori e mette a rischio il valore più importante per una comunità, la coesione sociale, poiché la sua riproposizione alimenta nel paese e nei luoghi di lavoro tensioni e contrapposizioni che sono elementi perniciosi per il progresso e la crescita delle aziende da un punto di vista sociale, culturale, ambientale, della produttività e della competitività.

 

Crediamo che fare ciò, dopo l’appello inascoltato del Papa e il preoccupato interessamento di Napolitano, sarebbe considerato un gesto di buona volontà che oltre a ridare slancio ai ritrovati rapporti bilaterali, ridarebbe lustro all’immagine dell’antica terra della libertà offuscata da questo provvedimento discriminatorio.

 

On.li Congressisti, a tutti noi nostro malgrado è toccato l’appuntamento con la storia caratterizzato da improvvisi e molteplici cambiamenti non sempre positivi; per questo vi esortiamo a non speculare sulle divisioni piuttosto che investire sull’unità di intenti. Kennedy diceva che in cinese “crisi” si scrive con un ideogramma che al tempo stesso significa pericolo ed opportunità. Per questo auspichiamo che vogliate cogliere l’opportunità di creare le condizioni per uscire uniti ed insieme dalla crisi nell’equità e nella giustizia sociale, non scaricando sui più deboli i costi della crisi solo perché provenienti da un altro Paese. È il momento di avere coraggio: cancellate il provvedimento, è la storia non potrà non rendervene conto.

 

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