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San Marino, riforma mercato del lavoro: il ‘mantra’ della formazione

da Redazione

Politiche attive “innominate”, contributi per progetti di riqualificazione. Interventi coordinati, ma non sarà più il legislatore a imporre le scelte.

 

Formazione, formazione, formazione. Come in un mantra questo concetto dovrà permeare il testo definitivo della riforma del mercato del lavoro, su cui già da alcune settimane si stanno confrontando le parti sociali. Il “report” della Segreteria di Stato al Lavoro, che funge da base per la stesura di uno dei provvedimenti di legge più attesi degli ultimi anni, almeno da parte del mondo imprenditoriale, dedica pagine e pagine all’argomento. Anzi, l’intero (corposo) testo contiene continui rimandi a questo concetto, che peraltro è in auge anche negli altri Paesi, Italia in primis, in cui si ragiona sul mercato del lavoro. L’importante, alla fine, è riuscire a mettere in campo un impianto legislativo pratico e funzionale. San Marino Fixing la scorsa settimana ha anticipato le linee guida della riforma ed ha spiegato come il Segretario di Stato Francesco Mussoni (che chiaramente cerca la condivisione di sindacato e categorie economiche) intende rivoluzionare l’Ufficio del Lavoro. Oggi invece ci focalizziamo sulle politiche attive e, appunto, sulla formazione professionale. Gli obiettivi delle cosiddette politiche attive sono diversi: facilitare o sostenere l’inserimento o il reinserimento delle persone in condizioni di svantaggio sociale (in primis i lavoratori con disabilità, ma non solo, anche quelli coinvolti da tagli o chiusure di imprese), aiutare la crescita economica e produttiva favorendo così l’aumento dell’occupazione. Gli strumenti individuati sono la creazione di percorsi formativi sia per l’accesso al lavoro che per l’acquisizione di occupazioni di livello più elevato, la riqualificazione delle competenze professionali, assegni formativi e borse di studio per la frequenza a specifici corsi, incentivi alla trasformazione di rapporti di lavoro precari in rapporti a tempo indeterminato e di qualità, la possibilità di utilizzare il telelavoro e tanto altro ancora. La riforma divide le politiche attive “innominate” (o su progetto), quelle che abbiamo appena descritto, da quelle “nominate” ovvero “quell’insieme di misure e strumenti direttamente disciplinati dal legislatore destinati al sostegno dei soggetti svantaggiati, disoccupati di lungo periodo, portatori di handicap, e che vanno ad aggiungersi, pur in chiave inconsueta per le finalità perseguite e le modalità adottate, agli strumenti già in vigore nell’Ordinamento”. Le politiche attive innominate, con la riforma, andranno a coprire un’ampia gamma di esigenze sia per i lavoratori, sia per le imprese, sia a livello collettivo che individuale. I singoli progetti finanziati saranno promossi direttamente dalle imprese, dalle organizzazioni di categoria, dalle organizzazioni Sindacali, dalle istituzioni competenti.  Secondo la bozza Mussoni, “si tratta di un modo innovativo di fare legislazione: il legislatore non sceglie e non impone cosa, quando e, soprattutto, come fare; lascia libere le imprese e gli altri stakeholders del sistema economico e produttivo di proporre progetti per interventi concreti attraverso i quali dare risposte efficaci ai bisogni ed alle esigenze emergenti, realizzando in tal modo la migliore allocazione possibile delle risorse umane e finanziarie messe a disposizione dal sistema”. Naturalmente i progetti saranno coordinati e verranno selezionati da un organismo pubblico (presumibilmente il Comitato interistituzionale per il lavoro e la formazione, oppure la Conferenza per il lavoro e la formazione), su parere formale della nuova Commissione per il Lavoro. Ogni anno sarà approvato un provvedimento (“Programma-obiettivo”) che individuerà le tipologie di progetto da finanziare prioritariamente rispetto ad altri, in ragione delle esigenze e dei bisogni individuali e collettivi da soddisfare, e di indicare i criteri per operare una selezione tra i progetti presentati in ragione delle risorse disponibili al loro finanziamento. Tipologie di progetto e modalità di erogazione saranno individuate dal Congresso di Stato mediante apposito Decreto Delegato, che dovrà indicare, tra le altre cose, gli obiettivi da perseguire. Ad esempio si può decidere di andare a incentivare le imprese che assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato soggetti svantaggiati o a rischio di esclusione sociale (donne, invalidi, over 45), o a finanziare progetti di flessibilizzazione organizzativa della prestazione di lavoro destinati a conciliare tempi di vita e di lavoro, specie se previsti in accordi collettivi. O ancora per favorire la rimozione di barriere architettoniche o l’acquisto di beni strumentali finalizzati (ancora una volta viene fatto il riferimento al telelavoro), o a sostenere economicamente azioni di trasformazione organizzativa e di formazione tecnologica e a contribuire economicamente a dar vita a percorsi formativi individuali di qualificazione, riqualificazione o crescita professionale. Con questo strumento che sostiene la qualificazione dei lavoratori, l’obiettivo è quello di aiutare gli imprenditori a compiere gli sforzi necessari a riorganizzare, riconvertire e riprogettare la loro attività aziendale, soprattutto in situazioni di grave crisi e alterata concorrenza internazionale, così da affrontare con migliori garanzie di successo le nuove condizioni di competizione sui mercati in cui operano o per sostenere sfide produttive e commerciali che comportino rischi rilevanti. Sul prossimo numero approfondiremo il capitolo delle politiche attive nominate.

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