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Paolo Rondelli (ANIS) al convegno San Marino Futura: il testo integrale dell’intervento

da Redazione

SAN MARINO – Il testo integrale dell’intervento del Presidente dell’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese, Paolo Rondelli, al convegno “San Marino Futura:

un modello di sviluppo per il Paese, un progetto di sviluppo per le persone”, organizzato dalla Segreteria di Stato al Lavoro e andato in scena lunedì 27 febbraio al Teatro Titano di San Marino.

 

 

Buongiorno a tutti. Ringrazio il Segretario di Stato Francesco Mussoni per aver promosso questa occasione di confronto, che mi dà modo di portare alla vostra attenzione il punto di vista degli imprenditori sul futuro del nostro Paese.

 

Ho letto con interesse le schede nelle quali vengono individuate, in maniera molto sintetica, alcune direttici per lo sviluppo, e devo subito dire che diverse di esse hanno punti in comune con quelle scritte nei nostri documenti programmatici.

 

Senza giri di parole dico subito che le idee più o meno buone ci sono. Quel che manca è la capacità di tradurle in atti concreti.

 

Stiamo vivendo una fase tra le più difficili e delicate della nostra storia, e la sfida più grande che dobbiamo affrontare sta nella nostra capacità di governare il cambiamento del Sistema Paese andando in una direzione che possa garantire una prospettiva di recupero di competitività e crescita. Dobbiamo dunque rimboccarci le maniche, tutti quanti, andando a cancellare una volta per tutte le troppe inefficienze con cui ci troviamo a fare i conti e, nel contempo, dobbiamo lavorare sugli asset competitivi sui quali dovrà poggiare saldamente lo sviluppo del nostro Paese, per conquistare un nuovo ruolo sugli scenari internazionali.

 

Ma è del tutto evidente che quello che saremo capaci di realizzare deve essere sorretto dalla normalizzazione dei rapporti italo sammarinesi che deve avvenire quanto prima, in primis con la firma della convenzione contro le doppie imposizioni, per superare finalmente i problemi derivanti dalla black list. La recente lettera del Premier Monti è un segnale incoraggiante, e speriamo davvero che il punto della nostra ripartenza sia vicino.

 

L’applicazione concreta degli standard internazionali richiesti da OCSE, Moneyval, GAFI, Fondo Monetario Internazionale, per noi è imprescindibile ed è chiaro che non possiamo prescindere da una ferma lotta all’illegalità e alla criminalità organizzata.

Sono obiettivi irrinunciabili, ancor prima per noi stessi.

 

L’istituzione della Commissione Consiliare antimafia è un passo in avanti per la lotta all’illegalità, ma è necessario altresì un forte potenziamento dell’attività di controllo e vigilanza. La collaborazione con la fondazione Caponnetto ed anche con la DNA va potenziata, accompagnando questa azione con una maggiore formazione del personale ed attivando specifiche collaborazioni con le altre autorità internazionali.

 

Oggi le nostre imprese operano in un contesto sistemico poco efficiente. Fra le cause anche un apparato pubblico che ha perso il passo rispetto alla modernizzazione dei servizi. Anziché essere i precursori dell’era digitale siamo il solito fanalino di coda. Siamo sommersi dalla carta e, quasi sempre, sorretti da una informatica vecchia che divide anziché unire. Spesso mancano le competenze e il processo decisionale è lento e difetta di determinazione e concretezza. Ne deriva che la spesa corrente nonostante i diversi tentativi non si riduce, le riforme non arrivano mai e ci si accontenta o ci si deve accontentare della gestione già difficoltosa del quotidiano.

 

Gli altri corrono noi passeggiamo e siamo anche in grande affanno.

 

Lo Stato e la PA devono recuperare subito terreno. Anche le nostre organizzazioni che rappresentano il settore privato sono nelle stesse condizioni. Le imprese si sono ristrutturate, modernizzate, guardano al futuro. Invece noi, come sistema, offriamo loro regole vecchie ed inadatte alla sfida competitiva. Il mercato del lavoro, così come i contratti di lavoro, sono ormai inadeguati.

 

Occorre ragionare in una logica di sistema, dove ogni componente condivide un progetto d’insieme e porta il suo contributo.

Ognuno deve mettere in campo la sua parte di responsabilità. Solo così si potrà recuperare il terreno perduto in questi anni.

 

Il primo passo lo deve compiere la politica, che non deve entrare, come invece succede oggi, nella gestione dell’amministrazione, condizionandone pesantemente le decisioni e le azioni.

 

Al tempo stesso sono evidenti i tanti sprechi che la politica non ha mai contrastato, ed anzi spesso ha favorito come mezzo di consenso. Ai giovani dobbiamo garantire che viene premiato il merito, non l’appartenenza. Perché questo modo di fare mortifica e forse prima o poi diventerà finalmente anche penalmente sanzionabile.

 

I cittadini e le imprese, chiamati per la prima volta a contribuire al bilancio dello Stato con un prelievo fiscale significativo, non tollereranno ancora per molto questo vecchio modo di condurre lo Stato. Per questo auspichiamo che la politica si assuma le sue responsabilità, si rinnovi ed intervenga per porvi rimedio.

 

Occorre intervenire con una vera e propria riforma delle istituzioni, per ripristinare equilibrio e ordine nella vita pubblica del nostro Paese.

Nuove regole e nuove attribuzioni di competenze fra Governo e organi di controllo per esaltare quelle autonomie tipiche delle democrazie, come ad esempio quella della giustizia, che però deve diventare davvero efficiente.

Una Banca Centrale autorevole e meno costosa.

Nuove regole per la gestione e il controllo del bilancio pubblico.

Nuove regole per la trasparenza degli atti pubblici e sugli appalti.

Nuovi compiti per il Consiglio dei Dodici e per le Giunte di Castello.

La riforma della PA, recentemente approvata, da sola, e nel modo in cui è stata improntata, non può certo raggiungere gli obiettivi indispensabili.

Proprio su questo argomento ANIS ha presentato un’Istanza d’Arengo che verrà discussa in questa sessione del Consiglio Grande e Generale: ancora una volta chiediamo di non perdere l’occasione per andare nella giusta direzione.

 

Che cosa continuiamo a chiedere.

Di stabilire che il numero dei dipendenti pubblici non possa superare il 10% della popolazione residente.

Di parificare il trattamento economico e normativo dei dipendenti pubblici con quelli del settore privato a parità di professionalità e mansione.

Di accorpare funzioni che oggi sono duplicate.

Di privatizzare di quei settori che possono essere meglio gestiti dai privati, in concorrenza tra loro, nell’ottica di una maggiore integrazione rispetto alle direttive comunitarie.

Di prevedere che la contrattazione collettiva del settore pubblico venga affidata ad una agenzia autonoma specializzata, indipendente dalla politica.

 

Il Bilancio dello Stato anche per essere utile in termini di programmazione economica, deve diventare chiaro, leggibile e i dati devono essere disponibili in tempo reale.

Non è più sostenibile una incidenza della spesa corrente oltre il 90%. E’ indispensabile ridurla fino al 70%, nell’arco di alcuni anni, agendo con coraggio sulle tante sacche di spreco o di privilegio che oggi non possiamo fare a meno di notare. Nel contempo si deve dare corpo a un piano strategico pluriennale di riduzione delle dimensioni della pubblica amministrazione. Questa serie di manovre consentirebbero anche di liberare risorse da destinare all’ammodernamento del Paese, di cui c’è un gran bisogno.

 

Ad aggravare questa situazione si aggiungono il deficit di bilancio e le preoccupanti previsioni economiche per i prossimi anni. Lo ribadisco: senza un intervento rigoroso e programmatico non sarà possibile invertire la tendenza.

 

San Marino non può permettersi di indebitarsi oltre limiti davvero minimali; ciò proprio in ragione della sua dimensione economica e per gli strumenti di gestione del debito che non le consentirebbero in alcun modo di affrontare e gestire una rilevante esposizione debitoria. Anche a questo proposito ANIS ha presentato, lo scorso ottobre, un’Istanza d’Arengo, con la quale ha chiesto di introdurre, attraverso una legge qualificata, l’obbligo del pareggio di bilancio. Bocciata!

 

Sorge spontanea una domanda. Ma quello che pensano cittadini ed imprese non conta mai nulla?

 

La riforma fiscale, che era attesa già per la fine dell’anno scorso, dovrà mirare ad una maggiore e sempre più efficace capacità d’accertamento dei redditi, e a innalzare, con equilibrio, le entrate dello Stato.

 

 

Parallelamente, invochiamo da tempo la necessità del passaggio al sistema IVA, per favorire l’interscambio commerciale, avvicinarci all’Europa e garantire un gettito più cospicuo per le casse dello Stato. L’intervento comporta un duplice vantaggio: andrebbe a gravare maggiormente su coloro che hanno maggiori capacità di spesa e permetterebbe di semplificare gli scambi commerciali, ponendoci in linea con le direttive dell’Unione Europea e lasciandoci la possibilità di contenere l’imposizione garantendo ai nostri operatori commerciali un importante vantaggio competitivo.

 

Ritardare la riforma fiscale, l’introduzione dell’IVA e i tagli alla spesa, rappresenta un gravissimo rischio perché nessun Governo potrà continuare a gestire il bilancio con provvedimenti tampone come le varie: minimum tax, addizionali, patrimoniali e via dicendo.

 

La modernizzazione del Paese deve essere un obbiettivo costante, perseguito con determinazione. Invochiamo da anni una cabina di regia ed un centro di spesa unico per le politiche di sviluppo.

Apprendo con piacere che anche il Segretario Mussoni condivide questa idea che sosteniamo da tempo, e quindi gli chiediamo di convincere anche il resto del Governo su questo passaggio fondamentale.

 

E a proposito, ribadisco ancora una volta l’importanza che l’esecutivo adotti un nuovo metodo di lavoro concreto ed efficace che inneschi un cambiamento forte e sostanziale.

Oggi sono i fatti che contano. Il lavoro serio è quello che si fa in trasparenza, dichiarando di volerlo fare. Perché in fondo ciò che conta sono solo gli obiettivi raggiunti.

 

 

 

Il Paese e la sua economia devono poter ripartire dai punti di forza, che sono le aziende sane e competitive e tutti gli imprenditori che credono nel nostro sistema.

 

Per il rilancio dell’economia di San Marino si può e si deve fare tanto. È importante mettere le imprese in condizione di poter lavorare al meglio. Mantenere una fiscalità leggera non può restare l’unico nostro punto di forza. Un mercato del lavoro meno ingessato è indispensabile, così come è indispensabile aumentare la competitività. Le nostre imprese, che si impegnano quotidianamente per vincere la competizione e ricercare nuove opportunità, meritano grande considerazione per l’impegno profuso.

Alle istituzioni chiedono di lavorare in un ambiente favorevole fatto di regole chiare e certe, senza ostacoli “inutili” sul loro cammino, per poter concentrare tutte le proprie energie nel loro mestiere.

 

Per le imprese uno dei primi obiettivi operativi è la semplificazione dell’interscambio con l’Italia e con l’Europa, che sono e restano i principali punti di riferimento. Occorre inoltre facilitare i processi che portano allo sviluppo delle tante idee d’impresa presenti in tutti i settori, incrementando la concorrenza e lo sviluppo.

 

Da tempo cerchiamo un nuovo modo di fare relazioni sindacali. Qualcosa si muove ma molto lentamente. Non voglio trattare questo argomento se non per affermare che le Organizzazioni Sindacali potranno essere molto importanti solo se saranno capaci di accettare la sfida del cambiamento e dell’innovazione senza paura e senza quegli steccati ideologici che danneggiano tutti, imprese e lavoratori.

 

L’obiettivo da condividere è quello della flessibilità e della assoluta necessità di aumentare la produttività delle nostre imprese.

 

Voglio essere fiducioso ma anche in questo caso i tempi sono importanti e, fatemelo dire, sono troppo lunghi rispetto alle attese delle imprese.

 

Speriamo sia chiaro a tutti che solo con nuovo sviluppo sarà possibile cercare di mantenere alto il livello occupazionale e conservare il giusto e necessario welfare.

 

Il Paese ha bisogno di moderne infrastrutture che sono anche occasione di sviluppo.

Di proposte ne abbiamo fatte tante nel tempo, e confermiamo che il privato è pronto ad una sinergia con il pubblico su quegli interventi che si stabiliranno come prioritari per modernizzare il Paese.

 

Ci riferiamo alla necessità di rendere maggiormente attrattivo il Paese, ad esempio implementando finalmente, grazie ai nuovi accordi, anche le attività legate all’aeroporto internazionale Rimini San Marino.

Ed ancora la nostra Repubblica può diventare un punto di riferimento anche culturale, come terra dell’arte e degli artisti che condividono i valori fondanti del nostro Paese: la libertà, la democrazia, la pace, l’amicizia fra i popoli, la solidarietà.

 

È altrettanto importante rendere San Marino sempre più autonomo in alcuni ambiti, come lo smaltimento dei rifiuti e l’approvvigionamento delle risorse idriche.

 

Ma tutti gli investimenti devono creare nuova impresa, non rendita o speculazione, o, ancora peggio, nuova PA.

 

Abbiamo chiesto di predisporre un progetto speciale per contrastare la gravissima crisi che colpisce il settore delle costruzioni ed immobiliare. Sono a rischio i patrimoni dei sammarinesi e una molteplicità di piccole imprese del settore e dell’indotto.

Le nostre proposte che mirano a regolamentare l’apertura del mercato ai non residenti potrebbero dare avvio al recupero di risorse finanziarie preziosissime, oggi immobilizzate, che contribuirebbero a rilanciare l’intera economia del Paese.

 

E poi c’è il Parco Scientifico e Tecnologico, una grande opportunità per l’intera nostra Repubblica, che se non partirà subito rischia di restare un’altra opera incompiuta.

 

Non mi soffermo, poi, su tutti quegli interventi che possono essere messi in campo nel settore turistico e commerciale, sui quali saranno sicuramente più esaurienti i rappresentanti delle rispettive associazioni economiche di categoria, ma anche in questo caso si può fare tanto per rilanciarne la crescita.

 

Chi non sviluppa, si badi bene, inesorabilmente regredisce.

 

La parola d’ordine, oggi, guardando al futuro della nostra Repubblica, è “riscatto”. Purtroppo non siamo ancora vicini dall’uscita dal tunnel e la posta in palio è molto alta. Per questo motivo dobbiamo lavorare a testa bassa, con coesione e lucidità, per far fruttare tutte le nostra potenzialità. Dobbiamo fare leva sulle nostre eccellenze, liberando le idee da una sorta di statalismo sprecone, utile solo a quella vecchia politica che vuole conservare privilegi per distribuirli secondo le proprie convenienze. Un sistema che i cittadini non tollerano più.

Oggi occorrono scelte coraggiose. Siamo chiamati a compiere una vera e propria rivoluzione culturale prima ancora che economica. Ma con una consapevolezza: l’obiettivo, pur molto ambizioso, è alla nostra portata.

Ma è un compito che dobbiamo svolgere tutti insieme.

 

Grazie.

 

 

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