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Teatro, “I rusteghi”: la recensione dello spettacolo visto al Novelli di Rimini

da Redazione

 

L’operazione, che non si presentava facile in quanto l’opera di Carlo Goldoni ha tracce e accenti molto dialettali, è decisamente riuscita.

 balasso

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – Gli applausi che hanno salutato la mise en scene de “I rusteghi” – in cartellone al teatro Novelli di Rimini sino a martedì 21 febbraio – non lasciano dubbi: l’operazione, che non si presentava facile in quanto l’opera di Carlo Goldoni ha tracce e accenti molto dialettali, è decisamente riuscita. Il regista Gabriele Vacis non ha tradito il suo modus operandi, quello che contraddistingue i suoi lavori sin da “Novecento” di Alessandro Baricco: allestimento minimalista, con pochi oggetti scenici (non si può parlare di macchina scenografica teatrale) e sipario aperto sin dall’entrata del pubblico in platea. Una regia firmata sull’oscillazione del tempo: Goldoni al suoi tempo, nel Settecento; le memorie goldoniane di Allegri in un tempo passato da poco; gli abiti del tempo della commedia. “I rusteghi” (senza donne in scena, come amava fare lo stesso Goldoni, che affidava le parti femminili ad attori maschi) sono Natalino Balasso, straordinario interprete di Lunardo, un sorprendente Eugenio Allegri (sorprendente non per qualità ma per dedizione al dialetto veneto) e un ottimo Jurij Ferrini, nei panni di una delle donne dello spettacolo. Cento minuti di atto unico, “I rusteghi” sono mariti burberi al limite della misoginia, commercianti arricchiti che non hanno cultura, ma hanno sufficiente potere per non vergognarsene. Sono uomini rudi, autentici tiranni che spadroneggiano su donne e figli, uomini che fanno del materialismo un’ideologia da difendere. Il finale, in stile, riporta tutto a un equilibrio supremo, di buon senso. Macchiette tipiche della commedia dell’arte che qui rivivono, con grande energia. Energia che traspare dall’interpretazione di Natalino Balasso, oggi uno dei migliori rappresentanti di un teatro di “radici” (in questo caso, veneto), costruito su una bella presenza scenica e un indovinato registro linguistico. Energia che ‘esce’ dall’intero cast, di altissimo livello.

   

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