Gli economisti hanno chiarito che le solite geremiadi si riveleranno inutili e che per battere l’impoverimento da tecnologia.
Nel suo simposio Senofonte fa dire ad Antistene che “di tutte quante le mie ricchezze la più preziosa mi pare che se qualcuno mi dovesse togliere anche ciò che ho, non c’è lavoro che io consideri tanto umile da non potermi procurare con esso il necessario per il mio sostentamento”. E’ un’affermazione importante perché elimina dal nostro vocabolario la parola povertà e il timore che da essa consegue. Non conosce infatti povertà chi è disposto a rimettersi in discussione pur di non rimanere senza ciò che considera necessario. Troviamo così, in quelle pagine, una delle risposte più lucide all’impoverimento generale causato da tecnologia e globalizzazione. Da un lato infatti il progresso tecnico ha segnato il passaggio dall’economia delle cose all’economia della conoscenza, dall’altro la globalizzazione ha portato a una pressione al ribasso sul costo del lavoro nei Paesi ricchi, che hanno risentito della concorrenza di Paesi dove i lavoratori si contentano di un pugno di riso. Gli economisti hanno chiarito che le solite geremiadi si riveleranno inutili e che per battere l’impoverimento da tecnologia i lavoratori manuali dovranno investire sul lato formazione, mentre per arginare la concorrenza occorrerà spostare le risorse da settori in crisi a settori in espansione. C’è però una parola chiave in assoluto destinata a combattere tutte le crisi ed è la parola innovazione. Qui da noi tra gli imprenditori tradizionali prevale una visione polverosa del prodotto per cui si ascolta spesso quell’ “abbiamo fatto sempre così” che uccide ogni scintilla di rinnovamento. In Israele, la Nazione più affezionata al concetto di Start-Up, si innova quel che già funziona, consapevoli che domani non funzionerà più. Ma sarebbe sufficiente accogliere l’invito, molto americano – giunto di recente anche dal vice direttore della Stampa – a non arrendersi alla sconfitta perché c’è sempre un secondo tempo da giocare. Chi invece non crede alla rimonta troverà certamente congeniale l’Albert Nobbs interpretato da Glenn Close, il film approdato in questi giorni nelle nostre sale cinematografiche. Costoro avranno modo di scoprire quale fine aspetta il signor Nobbs, le cui aspirazioni sottendono al mito della normalità e al decoro piccolo borghese.