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Pianti greci per i Merkozy. Disattesi i diktat dell’Asse

da Redazione

Da Parigi e Berlino ordinano: il premier Papademos faccia il Monti e obbedisca. Le ricette franco-tedesche per Atene non stanno portando risultati.

 

di Saverio Mercadante


Erano due i tecnocrati che avrebbero dovuto salvare dalla catastrofe annunciata i loro due paesi: Mario Monti e Lucas Papademos. Il primo, l’italiano che dopo aver “fatto i compiti a casa”, già si dice a Bruxelles che dovrebbe diventare il prossimo presidente del consiglio d’Europa al posto del fiammingo Van Rompuy, è diventato l’esempio da seguire per il povero tecnico primo ministro greco: ”I dirigenti greci – ha scandito Sarkozy durante l’incontro con Angela Merkel – hanno preso degli impegni e devono rispettarli scrupolosamente. Non c’è scelta. So che il premier greco ha un incarico non facile, ma l’esempio è il notevole lavoro che sta facendo monsieur Monti. Vediamo i progressi spettacolari dell’Italia”. I Merkozy, poi hanno ripetuto più volte in una incalzante intervista a due concessa alle televisioni pubbliche France 2 e Zdf  che non vogliono assolutamente la bancarotta della Grecia. Ma la Troika, Bce, Ue e Fondo monetario internazionale, si è stancata di aspettare: quel mega prestito da 130 miliardi arriverà solo se saranno licenziati altri 15.000 statali, se ci saranno tagli del 20-22 per cento dello stipendio minimo e se sarà eliminata la tredicesima anche nel settore privato. Si passerà da 750 euro lordi al mese si scenderebbe a 580. La Grecia ha un ritardo che la può veramente impiccare sull’altare del rigore da ritrovare anche a costo di sprofondare una grande parte del Paese nella povertà più nera. O le riforme da recessione o voleranno nel vento i 130 miliardi di aiuti. Inevitabile a quel punto il fallimento il 20 marzo, quando andranno in scadenza 14,5 miliardi di bond di Atene. Sulla testa dei greci, all’Eliseo, si è celebrato dunque nei giorni scorsi il grande patto di fratellanza tra Parigi e Berlino. Incassati con qualche difficoltà nelle due sedie ancien regime, di fronte alle telecamere, i due battistrada dell’Europa hanno fatto di tutto per dare l’immagine di una solida diarchia. Sullo sfondo, però, a rovinare quest’armonia di amorosi economici sensi la possibile vittoria nelle vicine elezioni francesi del candidato socialista Hollande: ha già detto che il recente trattato di Bruxelles dovrà essere ridiscusso: anzi non sarà nemmeno ratificato dalla Francia. La Grecia guarda da lontano la grandeur franco tedesca e si rigira sull’orlo della bancarotta guardando inorridita dentro se stessa: decine di migliaia di dipendenti delle piccole aziende già non ricevono lo stipendio da mesi. Eppure continuano a lavorare per crearsi l’illusione che un posto ancora ce l’hanno. Piazza Syntagma torna a ribollire per l’ennesimo sciopero. Le borse rimangono in attesa. Martedì fermi treni e traghetti, chiuse molte scuole e banche, gli ospedali hanno lavorato con staff ridotti. Il primo ministro Lucas Papademos ha incontrato i leader dei tre partiti che sostengono il suo governo tecnico per cercare di trovare un accordo sulle domande della troika. Ha comunque già accettato la richiesta dei creditori internazionali di tagliare 15mila posti di lavoro (su un totale di 750mila) nel settore pubblico nel 2012. “Vogliamo che la Grecia resti nell’euro”, ha ribadito, commentando le dichiarazione della vicepresidente dell’UE Neelie Kroes, il portavoce Olivier Bailly. Il quale poco prima aveva detto: “Gli scenari di un default della Grecia al momento esistono, ma nessuno ha intenzione di alimentarli”. “Vogliamo che la Grecia resti nell’euro”, ripete il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso. I funzionari europei intanto stanno insistendo su un nuovo programma di salvataggio della Grecia che prevede nello specifico di stanziare fondi per pagare i detentori del debito greco lasciando agli istituti di credito la libertà di ritirare gli aiuti ad Atene senza rischiare un default che potrebbe riaccendere il panico nei mercati finanziari. Nell’ambito del nuovo piano franco-tedesco, i funzionari della zona euro creerebbero un conto vincolato per il nuovo finanziamento, invece di pagare tutto direttamente ad Atene come in passato. Il nuovo fondo dovrebbe quindi garantire agli obbligazionisti di essere pagati, mentre i fondi supplementari per salvare il governo greco potrebbero ancora essere ritirati se Atene non applicherà le nuove riforme. Insomma, il Governo greco deve vincolare una parte dei fondi ricevuti al rimborso futuro dei creditori e deve destinare le proprie entrate prima di tutto a ripagare il debito, anziché a nuove spese. Merkel e Sarkozy vogliono evitare brutte sorprese: Atene, ricevuti i soldi, potrebbe minacciare il fallimento come ha fatto in passato, o tornare a indebitarsi. I lacrimogeni ad Atene nascondono la via lastricata di tante “buone” intenzioni. Le ricette economiche ordinate fin qui dalla troika, è evidente, non hanno avuto successo. L’economia del Paese rischia di andare a picco e di rendere il debito pubblico (160% del Pil) ancor meno sostenibile. Non ci sono segnali che gli investimenti stiano tornando e i 110 miliardi stanziati dal maggio 2010 hanno portato veramente poco. Il disavanzo del bilancio 2011 è rimasto al 9%. E la caccia all’evasione fiscale è solo una chimera in un paese dove i responsabili del Fisco, scovato l’evasore, chiuderebbero il contenzioso sulla base di una bella mazzetta. Lo scrittore Petros Markaris ha dedicato un romanzo al fenomeno dell’evasione fiscale: “Peraiosi” (Conclusione): c’è un killer che va ad ammazzare gli evasori. E’ in testa alle classifiche.

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