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San Marino, Carlo Giorgi (ANIS): “Gli imprenditori sono in stato di agitazione”

da Redazione

sciopero-imprenditoriGli imprenditori del Titano proclamano lo stato di agitazione. Febbraio sarà dedicato agli incontri indetti dall’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese con i propri associati. E il Segretario ANIS, Carlo Giorgi, indica il percorso per arrivare a una rapida firma del contratto scaduto da tempo.

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di Loris Pironi

 

SAN MARINO – Gli imprenditori sammarinesi proclamano lo stato di agitazione. Il mese di febbraio sarà dedicato agli incontri indetti dall’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese con i propri associati, nelle imprese, sulla falsariga di quello che ha annunciato il sindacato con i lavoratori propri iscritti. Ma non è un muro contro muro, assicura a Fixing Carlo Giorgi, Segretario Generale dell’ANIS, noi il contratto lo vogliamo firmare e anche in tempi brevi. Il fatto è che, spiega ancora, nelle imprese possiamo andarci con una bozza di accordo in mano oppure no. E se non si trova una sintesi con il sindacato da cui partire, sarà difficile far digerire agli imprenditori i sacrifici richiesti. Insomma, questa benedetta firma è così vicina, ma nel contempo così lontana…

 

La trattativa prosegue da mesi, sia pure con la sordina innestata. Del rinnovo contrattuale, meno si parla e meglio è, se poi si riesce a portare a casa il risultato. Ma il risultato non arriva e il sindacato ha ricominciato a suonare la tromba. La controparte, l’Associazione degli Industriali, invece lascia il trombone chiuso nell’armadio. Eppure, sotto la cenere, qualcosa viene covato.

Lo conferma a Fixing Carlo Giorgi, Segretario Generale di ANIS. Che infatti proclama lo “stato di agitazione” degli imprenditori.

 

“Da oggi anche gli imprenditori sono in stato di agitazione. Negli ultimi anni hanno perso fatturato, redditi, e in alcuni casi addirittura tutto il lavoro di una vita. Sono persone che lottano, nelle proprie aziende, per combattere la crisi, giorno per giorno. Sono persone che chiedono risposte”.

 

A che punto è la trattativa per il rinnovo contrattuale?


“Le trattative sono ripartite nello scorso mese di settembre, in maniera riservata per volontà delle parti. Devo dire che sono stati compiuti passi avanti importanti, e in qualche momento anche grazie alla sponda del Governo, che non è chiamato a compiere una mediazione, ma qualche volta si è messo nel mezzo per dare un contributo nel superamento dei momenti di stallo della trattativa o di difficoltà. Questo perché riuscire a giungere quanto prima al rinnovo del contratto industria significa mandare un messaggio importante a tutto il Paese. Noi contavamo di chiudere la trattativa prima di Natale, poi siamo arrivati a gennaio e siamo ancora in ballo. Al di là dei proclami del sindacato, siamo ancora al tavolo e lavoriamo per giungere ad un’intesa. La nostra posizione è chiara, ma è anche una posizione di fermezza perché il mercato, e tutto quello che ci circonda, oggi richiedono fermezza. Noi riteniamo sia indispensabile ridare competitività al sistema manifatturiero. Occorre anche uscire dalla fase dei contrasti nelle aziende e dalla fase dei contrasti in generale, cercare di mettere in campo un nuovo modo di portare avanti le relazioni industriali”.

 

Il nodo resta quello delle ore lavorate. Oggi a San Marino si lavora meno che in Italia, voi chiedete di alzare il tetto al livello dei vostri concorrenti.


“Chiediamo più ore lavorative la settimana perché è la base della competitività. Il nostro è un discorso che non si limita all’oggi, ma guarda in prospettiva: serve per salvare le aziende che ci sono oggi e, in futuro, per accogliere imprese forti. È questo il vero scoglio finale, per giungere alla firma del rinnovo contrattuale. Devo dare atto al sindacato di aver fatto un importante passo avanti e di aver riconosciuto la necessità di lavorare di più, ora occorre che trovi una posizione unitaria sulla quale ragionare. C’è una difficoltà a tal proposito, che è tutta interna al sindacato. Non lo dico in chiave negativa, il dibattito interno è sinonimo di fermento di idee. Però bisogna che si arrivi ad una sintesi, ad una visione comune all’interno del sindacato con la quale noi possiamo confrontarci”.

 

Ma occorre fare in fretta.

 

“Anche noi abbiamo i nostri tempi. Dobbiamo sentire le aziende (non è ancora ufficiale, ma gran parte del mese di febbraio sarà dedicato all’incontro tra ANIS e le associate, ndr) e ascoltare la loro voce. Se andiamo da loro con un accordo in larga parte già fatto possiamo spiegare loro che i sacrifici richiesti sono giustificati, ma senza una bozza di accordo su cui confrontarci sarà tutto molto più difficile”.

 

Mentre il sindacato ha più volte accusato la vostra associazione di voler bloccare la trattativa, ANIS ha sempre tenuto un profilo basso. Molto basso, si è sentita quasi solo l’altra campana.

 

“Noi abbiamo voluto evitare le polemiche a mezzo stampa, anche d’accordo col sindacato, proprio perché in questa fase così delicata serve stemperare le tensioni. Non credo che oggi sia il tempo delle accuse, dobbiamo riservare tutte le energie per operare un cambio di passo”.

 

E la questione degli aumenti retributivi?

 

“Tutto il rinnovo dovrà contenere l’impegno a coprire le retribuzioni rispetto all’inflazione. Da parte nostra abbiamo già assicurato questo impegno, che pur richiede sacrifici. Poiché si sta parlando di un contratto a lunga scadenza (si parla addirittura del 2020, ovvero un lasso di tempo lunghissimo per quello che riguarda la contrattazione, ndr) riteniamo sia importante non precludere l’eventualità di tornare a ragionare qualora la situazione muti radicalmente rispetto ad oggi. Il che non significa che un giorno decideremo di non garantire più la copertura dell’inflazione, significa semplicemente prendere atto del fatto che viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, che talora possono anche richiedere qualche aggiustamento di rotta. Infine vorrei ribadire ancora una volta che il rinnovo contrattuale è legato a filo doppio alla questione dei rapporti con l’Italia, alle indispensabili riforme, quella del mercato del lavoro, la riforma tributaria e al taglio della spesa pubblica. A tal proposito, la bocciatura della nostra Istanza d’Arengo (chiedeva il pareggio di bilancio e un tetto del 70% della spesa pubblica, ne parliamo a pagina 8 del numero 4 di Fixing, in edicola dal 27 gennaio, ndr) è davvero una brutta risposta da parte della politica”.

 

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