A San Marino le previsioni sul risultato economico del 2011 mostrano una spaccatura. Il 49% delle imprese prevede un peggioramento nel proprio risultato economico, il restante 51% prevede un trend invariato o addirittura una crescita. Che fatica con la black list.
di Alessandro Carli
SAN MARINO – Le previsioni sul risultato economico del 2011 vedono uno schiacciamento rispetto al 2010 per quasi la metà delle imprese (49%). Il rimanente 51% prevedeva invece che il risultato economico a fine anno sarebbe rimasto invariato (34%) o addirittura in crescita (17%). E’ quanto emerge dal questionario semestrale di Camera di Commercio (ottobre 2011) presentato, così come il Rapporto sull’Impresa, poco prima di Natale in occasione della Giornata dell’Economia dal Presidente e dal Direttore della Camera di Commercio di San Marino, Simona Michelotti e Massimo Ghiotti. Sono intervenuti il Segretario al Lavoro Francesco Mussoni e l’Economista Industriale Luigi Bidoia.
Nicola Michi, responsabile dell’Ufficio Produzione e Pianificazione, entra tra le pieghe dei settori: “Tra i comparti che hanno segnalato maggiori affanni, spiccano i professionisti (oltre il 70%), seguiti dal commercio all’ingrosso (oltre il 60%) e dall’edilizia, che ha messo in luce una contrazione superiore al 50%”. Tra i segmenti che prevedono una crescita, l’industria manifatturiera alimentare e gli alberghi e i ristoranti.
Michi poi torna sui risultati economici del 2011, analizzando con profondità sia le performance di diminuzione che quelle di crescita. “Scomponendo la percentuale del 49% di imprese che ritiene che il 2011 porterà risultati peggiori rispetto all’anno precedente, più della metà ha individuato in una contrazione che si spinge sino al 20%. Poco meno del 30% – esattamente il 28% – degli intervistati ha evidenziato una perdita sino al 50%. Per il 7% degli imprenditori la crisi sarà più incisiva: le diminuzioni del reddito supereranno il 50%”.
Crescita interessante ma non travolgente: per la maggior parte degli intervistati che ha risposto al questionario indicando un incremento del reddito, l’impennata sarà compresa tra il 10 e il 20%. Più del 30% degli imprenditori inseriti in questa categoria ha percentualizzato la salita tra l’1 e il 5%. Poco più del 10% prevede uno slancio che spazia tra il 25% e il 50%. Oltre i 50 punti si trova meno del 5% delle imprese che hanno previsto un innalzamento.
Fare impresa a San Marino
Lavorare a San Marino non è più strategico. Rispetto ad aprile 2010 infatti la curva è passata dal 6 (sufficiente) al 5,2 di ottobre 2011: una discesa che viene trainata dalle risposte del mondo industriale e il commercio all’ingrosso (sia PMI che grandi imprese). Dall’altra parte della bilancia, il manifatturiero alimentare e i ristoranti e alberghi, che sostengono con forza che “San Marino è un luogo privilegiato per svolgere le proprie attività”. Tra i fattori positivi, il basso regime fiscale, la snellezza della burocrazia, la sicurezza e l’assistenza sanitaria.
Black list
La mannaia della lista nera si abbatte sul monte Titano. Tra gli elementi di maggior insoddisfazione, la black list italiana, che ha tagliato le gambe al 57% delle imprese sammarinesi. A ottobre 2010 la percentuale era del 39%, a maggio 2011 del 61%. Il settore più colpito risulta essere quello finanziario (88%), seguito da industria, commercio e servizi.
Quasi il 20% degli intervistati ha sottolineato la mancanza di vantaggi per il fare impresa in Repubblica, mentre circa il 10% punta il dito contro la classe politica, incapace – a loro dire – di dare risposte concrete. Percentuale simile anche per chi lamenta la pessima pubblicità fatta sull’intero sistema-San Marino.
Cresce intanto il numero di imprese che ha deciso di bypassare l’Italia e lanciarsi verso l’internazionalizzazione: la percentuale che si è aperta ai nuovi mercati è salita dal 25% (ottobre 2010) al 33% (ottobre 2011). Sono soprattutto le aziende più grandi e strutturate (oltre i 50 addetti), quelle che intrattengono rapporti commerciali con l’estero: più del 50%. Le grandi imprese hanno segnato la strada: un buon 41% di imprese con personale tra i 10 e i 50 addetti lavora con il mondo. Le PMI che hanno rapporti con i mercati globali si posizionano sotto al 30%. A tirare la volata, le attività finanziarie, che sono passate dal 36% di maggio 2011 al 69% di ottobre 2011.
La crisi e l’occupazione
Tra maggio 2011 e ottobre 2011, l’occupazione ha sostanzialmente messo in mostra una tenuta. In questo range infatti due imprese su tre hanno mantenuto invariata la propria forza-lavoro. Circa il 20% ha invece diminuito il proprio organico e il 15% ha ampliato il personale. A maggio 2011 le imprese che avevano dovuto “tagliare” erano il 23%. Solo l’8% aveva implementato gli addetti. “Il comparto che ha dimostrato più stabilità è quello del commercio all’ingrosso – commenta Michi -, che non è intervenuto sull’organigramma. L’industria manifatturiera alimentare ha registrato una quota interessante di aumento di lavoratori”. La crisi ha intaccato sia i professionisti che le attività finanziarie.
METODOLOGIA DELL’INDAGINE
L’analisi sul clima di fiducia delle imprese nel 2011 è composta da tre parti: executive summary, ovvero un sunto che mette in luce i tratti più importanti; l’esame dei risultati del sondaggio (la parte più voluminosa del libro); i dettagli tecnici dell’elaborazione.
La pubblicazione è basata sui risultati di un questionario telefonico semestrale sottoposto a un campione di 500 imprese (611 quelle contattate, 111 non hanno risposto) della Repubblica di San Marino. Il campione coinvolge diversi settori: agricoltura; industria manifatturiera; edilizia; commercio (ingrosso e dettaglio); attività finanziarie; servizi alle imprese; altri servizi; professionisti; alberghi e ristoranti. Il maggior contributo, sotto il profilo numerico, è giunto dall’industria manifatturiera, dal commercio e di servizi.
L’intervento di Simona Michelotti |
Il clima di fiducia 2011 |
Rapporto sull’economia 2010 |
La mortalità delle imprese |