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Come lo Stato di San Marino vuol tagliare (davvero?) la spesa pubblica

da Redazione

Oneri contributivi e trasferimenti agli enti pubblici rappresentano oltre il 70% del totale delle voci in uscita. Ridurle è difficile ma possibile. Il Progetto di Sviluppo indica le linee guida.

 

di Loris Pironi

 

Il pareggio di bilancio obbligatorio e il contenimento della spesa pubblica sono un dovere, non solo morale, che la politica dovrebbe rispettare. Di fatto, purtroppo, non è così. A San Marino l’incidenza della spesa pubblica supera il 90% del PIL, il che significa che non ci sono risorse utili per investire nella crescita. Il che significa, a sua volta, che se non si taglia la spesa non si può tornare a crescere. Delle misure per la riduzione della spesa pubblica se ne parla nel Piano strategico di sviluppo del sistema economico, allegato al Bilancio Previsionale 2012 dello Stato. E si spiega subito, nella premessa, che l’impostazione di un vincolo di pareggio (molto semplicemente l’ammontare complessivo delle spese, di qualunque natura, non può superare l’ammontare delle entrate preventivate) “non è sempre perseguibile”, poiché esistono delle voci di spesa che comportano oneri pluriennali difficilmente modificabili. Tra questi c’è l’ammortamento dei mutui, gli stipendi dei dipendenti, gli impegni convenzionali. Il Piano strategico cita allora l’“indice di rigidità della spesa” come la chiave di volta su cui operare, in un’ottica che va oltre la rigida suddivisione tra le due macrocategorie di spesa corrente e spesa in conto capitale. Per chiarire il concetto citiamo il documento in questione: “Occorre infatti suddividere la spesa pubblica in differenti macro categorie per natura dell’uscita in modo da poter separare i costi riferiti al funzionamento della macchina pubblica, i trasferimenti e gli investimenti”. Tra le voci di uscita, le due principali sono rappresentate dai trasferimenti complessivi agli enti pubblici (ISS, Aziende Autonome, Cons, Università, Aviazione Civile, Ente Giochi, Centrale del Latte) e gli oneri retributivi, ovvero gli stipendi delle persone che lavorano sotto la pubblica amministrazione. Per il 2012 i trasferimenti agli enti pubblici superano di poco quota 40% del totale (40,95% per la precisione, il picco era stato toccato nel 2009 con il 47%), mentre gli oneri retributivi sono previsti per il 32,54%, in leggero calo rispetto al 2011 ma abbondantemente sopra il 29% del 2008. Complessivamente, dunque, queste due voci di uscita rappresentano abbondantemente oltre il 70% del totale, e dunque, come confermato dal documento, “tale assetto rappresenta una forte limitazione del bilancio pubblico, perché le risorse in entrate vengono assorbite prevalentemente da queste due macro categorie riducendo fra le altre cose i margini di intervento per operare investimenti, politiche sociali e interventi di sostegno del sistema economico”. Di conseguenza, “al fine di operare una radicale riduzione dell’uscita, gli interventi debbano concentrarsi in via prioritaria su questi due comparti”.

 

Come operare i tagli: due le direttrici


Due le direttrici individuate. Da una parte è improcrastinabile l’attuazione di piani per la riduzione del costo del personale di tutto il settore pubblico, compreso quello appartenente alla PA allargata (enti ed aziende), dall’altro occorre intervenire sulla programmazione e la pianificazione dei bilanci delle aziende e degli enti pubblici affinché possano essere incoraggiati efficaci interventi tesi alla razionalizzazione dei servizi.

 

La riduzione degli oneri contributivi


Altrove il problema è stato risolto semplicemente e crudamente: licenziando i dipendenti pubblici oppure riducendo le retribuzioni. A San Marino questo non sarà mai fatto, anche se andrebbe aperta una parentesi sulla reale produttività di alcuni (non tutti, ovviamente) settori della pubblica amministrazione. La riforma della PA illustrata nel Piano strategico di sviluppo del sistema economico auspica una riduzione degli oneri retributivi senza ricorrere a interventi radicali “di alto impatto sociale”. Il primo provvedimento strutturale riguarda le esternalizzazioni. Il Piano prevede l’accelerazione di un percorso di esternalizzazione per diversi settori o servizi: pulizie e manutenzioni uffici, lavorazione fattore Ufficio Tributario, servizio spedizioni AASFN, manutenzione verde pubblico, gestione stoccaggio e rifornimento carburanti e combustibili PA, manutenzione impianti sportivi, servizio di accompagnamento nel trasporto scolastico, cinema e teatri, affissioni e spedizioni. Tra gli obiettivi c’è la riduzione del costo fisso della componente retribuzioni e del costo complessivo del personale, concentrando altresì l’impiego delle risorse umane dell’Amministrazioni in attività a più alto valore aggiunto. Da anni – spiega il Piano – sono stati esternalizzati con successo alcuni servizi e alcune attività (il servizio di esattoria, il Pra, gli asili nido, eccetera). In questo contesto la PA è tenuta a organizzare al meglio i propri processi organizzativi, finora troppo rigidi, sfruttando le opportunità del passaggio dalle posizioni di ruolo ai profili di ruolo. Altra spinta può arrivare da un sistema integrato di sinergia tra pubblico e privato, per la precisione nel settore dei servizi alla persona (mense, nidi, strutture per anziane, eccetera). Poi c’è il discorso forse più delicato quello che prende in esame turnover e pensionamenti. La scelta del Governo è quella di operare una limitazione delle sostituzioni del personale dimesso o collocato a riposo con i seguenti tassi di sostituzione: massimo il 40% annuo di sostituzioni interne del personale dimesso o collocato a riposo, un massimo del 20% di sostituzioni mediante nuove assunzioni del personale dimesso o collocato a riposo. In pratica verrà compiuta un’assunzione solo ogni cinque dipendenti usciti dal mondo della PA. L’impegno del Governo è anche di operare, entro il 2012 (previo accordo con i sindacati) di quegli interventi normativi necessari per individuare percorsi di accelerazione verso il pensionamento dei dipendenti pubblici e, per quello che riguarda le nuove assunzioni, la determinazione di quote fisse in larga parte dedicate ai giovani laureati e diplomati Under 30. E quest’ultimo aspetto, l’apertura ad un avvicendamento generazionale (e possibilmente un progressivo innalzamento della professionalità) del personale della Pubblica Amministrazione, è assolutamente auspicabile, anche se la ricerca di un equilibrio tra il rinnovamento della PA e il suo auspicato ridimensionamento sembra una chimera. Ma il documento apre la porta ad un aspetto importante e assolutamente condivisibile, ovvero la necessità di garantire ai giovani sammarinesi la presenza in organismi internazionali, la relazione con l’estero, la capacità di conoscere e comprendere rapidamente le dinamiche evolutive del mondo economico. Altro capitolo, quello dei part-time e della flessibilità di orario. L’obiettivo è la definizione, sempre entro il 2012, di una nuova tipologia di lavoro part-time per i dipendenti pubblici, a 30 ore settimanali (ma oggi sono poche di più per tutti quanti), con pianificazione della flessibilità di orario. Anche in questo caso l’obiettivo principale è la riduzione dei costi del personale. Il percorso funzionale è interessante, e ne parleremo più nel dettaglio quando ci sarà qualcosa di concreto in questo. Tra i fattori positivi per il dipendente ci sarebbe un decremento della retribuzione limitato al 16% a fronte di un aumento del tempo libero a disposizione, e soprattutto non ci sarebbe penalizzazione sul fronte previdenziale, in quanto il versamento dei contributi sarebbe effettuato integralmente. La flessibilità invece permetterebbe alla pubblica amministrazione di aumentare la propria produttività, ampliando anche al pomeriggio gli orari di apertura degli uffici al pubblico. Tra gli altri provvedimenti, infine, spicca il congelamento degli aumenti retributivi sino a tutto il 2012: non è molto, ma almeno è un inizio.

 

Razionalizzazione spesa trasferimenti enti pubblici

 

Il vincolo del budget rappresenta lo strumento più efficace per poter operare una concreta riduzione della spesa per i trasferimenti pubblici. Il Governo si prefigge questo obiettivo attraverso una riorganizzazione operativa generale, la revisione delle tariffe dei servizi offerti e tramite una diversa pianificazione degli investimenti. Il risultato atteso, illustra ancora il Piano, è rappresentato da una riduzione degli stanziamenti complessivi entro il 2015 pari ad 14,5 milioni di euro, ovvero un ammontare complessivo non superiore a 121 milioni di euro contro i 148 milioni del 2012 (a tale proposito si segnala che i 14,5 milioni sono considerati al netto dei minori trasferimenti verso l’AASFN che per effetto della riforma, da azienda pubblica diventerà ufficio della PA).

 

Pareggio di bilancio: così l’evoluzione in Consiglio


Proprio questo martedì in Consiglio, durante l’esame dell’articolato della Finanziaria Pasquale Valentini, Segretario alle Finanze, ha spiegato gli obiettivi del Governo: “Riteniamo di fissare un doppio tetto, quello del pareggio di bilancio nel 2014 e quello della percentuale dell’85% della spesa corrente sul totale. Questi due tetti trovano posto nel capitolo dedicato al contenimento della spesa del piano di sviluppo”.L’opposizione ha partecipato ad una scelta di contenimento della spesa tanto che è stato approvato a larga maggioranza un emendamento presentato dal Psd che proponeva di inserire come premessa al ‘Piano Strategico di sviluppo del sistema economico’ l’indicazione per cui il piano deve vedere il coinvolgimento delle rappresentanze sociali e la ricerca di un ragionevole livello di condivisione tra le forze politiche negli ambiti politico-istituzionali più opportuni ed adeguati alla gravità del passaggio.

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