Home FixingFixing La monarchia ereditaria comunista all’ultimo giro di pista

La monarchia ereditaria comunista all’ultimo giro di pista

da Redazione

Drammatica crisi economica nella Corea del Nord: il 3 percento del Pil della Corea del Sud. Carestie periodiche, struttura medievale, due milioni alla fame, ma tanto nucleare.

 

di Saverio Mercadante

 

Un presunto giocatore di basket che ama Eric Clapton al potere nell’ultima cortina di ferro del pianeta. Un bamboccione di ventisette anni che ha studiato in Svizzera ha in mano il potere nucleare della Corea del Nord: Kim Jong-un, detto “l’intelligente”. E’ terzogenito di Kim Jong-Il, detto il caro leader, figlio di Kim Il-sung, detto il “grande leader”. Quest’ultimo, come oggetto di “culto della personalità” fa sparire al confronto un qualsiasi Stalin. Sebbene sia morto nel 1994 Kim Il-sung continua ad essere il capo di Stato, o meglio, è il Presidente Eterno della Repubblica. Un ruolo che nessuna nomenclatura russa avrebbe potuto immaginare. Pura monarchia ereditaria comunista. Il giovane nuovo leader della Corea del Nord sembra, però, che dovrà condividere il potere con uno zio e soprattutto con il potentissimo esercito. Dunque, il più pericoloso scenario di crisi del mondo, la Corea del Nord possiede materiale nucleare per realizzare almeno otto atomiche, ha il quarto esercito del mondo, passa dalla dittatura di un solo uomo forte a un potere collettivo.

 

Il decadimento economico


Ancora sotto la dittatura di Kim Il-sung, sino agli anni sessanta, la Corea del Nord era uno degli stati più ricchi del Nord est con un Pil superiore a quello della Corea del Sud. Nel 1995 l’ascesa al potere di Kim Jong-Il, il caro leader, coincise con una drammatica carestia che mise in ginocchio milioni di contadini già poverissimi. La Corea del Nord da allora vive di aiuti umanitari, e traffico illegale di armi, chiusa al mondo. I nordcoreani, benché in miseria, hanno portato avanti due programmi nucleari (plutonio e uranio) e passano segretamente materiale bellico a Teheran. Tra le due Coree è stata stabilita a suo tempo una linea di confine, larga circa quattro chilometri e che corre tra il Mar Giallo e il Mare dell’Est (la Hyujeonseon, lungo il 38esimo parallelo). Su questo confine i coreani del Nord hanno disposto migliaia di cannoni: Seul, la capitale del Sud, è ad appena 40 chilometri di distanza. Gli americani nella parte sud tengono come forza di prevenzione stabilmente 30 mila soldati. La Corea del sud oggi è una vera potenza industriale (50 milioni di abitanti, economia al quindicesimo posto nelle classifiche mondiali, pressoché assente la disoccupazione), e una unificazione col Nord significherebbe un immediato abbassamento del tenore di vita: solo un sudcoreano su dieci la considera con favore. Dal punto di vista economico la Nord Corea, per quanto grande come la Sud Corea, ora ha un pil che è solamente il 3% della Sud Corea. Se il regime nordcoreano implodesse, la Sud Corea sarebbe in grandissime difficoltà. Riassorbire l’economia del nord sarebbe uno sforzo immane. Sulla Corea del Nord (struttura economica medioevale, miseria diffusa, carestie periodiche, 22 milioni di abitanti) Pechino ha enormi poteri d’influenza: non sopravviverebbe senza i suoi aiuti alimentari, energetici, militari. La storia ha una sua antica influenza: la Corea del Nord esiste solo grazie ai milioni di soldati cinesi che Mao Zedong mandò a combattere contro gli americani nel 1950. Troppo importante la penisola coreana: è la trincea della Cina, contro gli Stati Uniti e l’arco dei loro alleati nel Pacifico. Pechino potrebbe cercare di riproporre anche in Corea il suo fortunato modello economico accelerando i timidi esperimenti di trapianto del capitalismo a Pyongyang. Sull’economia si giocano due sfide essenziali: salvare il popolo nordcoreano dalle carestie ricorrenti che lo hanno decimato; uno sviluppo economico come premessa per riconvertire alla vita civile 1,2 milioni di soldati, un’armata parassitaria che opprime questo paese spremendone le già magre risorse. Sono loro, (più quasi 6 milioni di riservisti), ad assorbire la fetta maggiore di un Pil calcolato nominalmente su 1.800 dollari pro capite annui. Se il razionamento alimentare perdura e l’esercito si prende le derrate migliori, entro la fine dell’anno si raggiungeranno il milione di utenze di telefonia mobile 3G, anche se il sistema non permette di uscire dal perimetro del “regno eremita”. Un Internet come lo conosciamo noi non è accessibile alla massa, però l’élite lo usa, e nelle università funziona un Intranet. La Corea del Nord in versione cinese resterebbe così un satellite strategico di Pechino, ma sarebbe molto meno minacciosa. Ricordiamo, che nella prima parte del regime di Kim Jong-Il, Pyongyang si era aperta a una politica di dialogo, la cosiddetta “sunshine policy”, caratterizzata dallo storico incontro (e dalla visita al Nord) del leader del Sud Kim Dae jung, dall’avvio di una tratta ferroviaria fra i due paesi, e dalla possibilità di riunificazione delle famiglie divise dalla frontiera. Dal 2002, invece, quando l’amministrazione USA di Bush figlio e Condolezza Rice inserirono la Corea del Nord – dopo l’11 settembre – nella lista degli “stati canaglia”, Kim si è irrigidito: i rapporti con al Corea del Sud si sono rapidamente rovinati, l’isolamento internazionale è ripreso, è rimasto solo il canale di dialogo con il potente vicino cinese. Quel che è certo è che Kim Jong-un eredita un paese in cui l’economia è al collasso e oltre due milioni di persone (su 20 milioni di abitanti) sono ridotti alla fame. L’Asia intera, il mondo, guardano quindi con grande preoccupazione questa successione.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento