Home FixingFixing Non tutti quelli che lavorano sotto lo Stato fan bisboccia: i guai dei lavoratori socialmente utili

Non tutti quelli che lavorano sotto lo Stato fan bisboccia: i guai dei lavoratori socialmente utili

da Redazione

È il caso dei lavoratori disoccupati che sono stati “dirottati” ai lavori socialmente utili dalla riforma degli ammortizzatori sociali. La testimonianza di Dona Maria Burgagni.

 

di Loris Pironi

 

Mai generalizzare. Ricevere uno stipendio dallo Stato, a San Marino, non sempre è cosa da fortunelli. Anche il servizio pubblico ha infatti i suoi figli e figliastri. Certo, la realtà è molto singolare, un caso limite si potrebbe definire, ma esiste, e non può essere ignorato. È il caso dei lavoratori disoccupati che sono stati “dirottati” ai lavori socialmente utili dalla riforma degli ammortizzatori sociali firmata dall’ex Segretario al Lavoro Gianmarco Marcucci; più precisamente parliamo della Legge 73 del 31 marzo 2010. Di fatto si tratta di un aiuto che lo Stato offre ai lavoratori che non riescono a trovare una nuova occupazione, mettendogli a disposizione quei lavori che fino all’anno scorso venivano svolti dagli anziani: un piccolo stipendio (poche centinaia di euro) che permettono di tirare avanti, come si dice, sperando in un futuro migliore. “Altro che i privilegiati della PA – dice a Fixing Dona Maria Burgagni – Noi bidelle e fattorini sui pullman scolastici, lavoratori disoccupati assegnati ai servizi socialmente utili, vivremo un Natale assolutamente precario e difficile. Una volta chiuse le scuole infatti lo Stato ci licenzierà il 22 dicembre prossimo, salvo riassumerci il 10 gennaio. Questo significa che per il mese di dicembre, con tre sole settimane di ruolo, prenderemo una cifra molto più bassa delle 500 euro che ci spettano, mentre come ha denunciato ANIS nei giorni scorsi per chi lavora sotto lo Stato viene addirittura pagato il 23 dicembre come festività”.  Il danno per questi lavoratori socialmente utili poi è doppio, a causa della burocrazia: la Contabilità dello Stato infatti, per fare le paghe, ha bisogno di tutta la documentazione entro il 5 del mese. Poiché le scuole riprendono il 10, dunque, tutta la casistica di questi lavoratori (sono una ventina in tutto, una ventina di famiglie) il 27 di gennaio non potrà essere pagata, ma si troverà l’accredito di due mesi soltanto il 27 febbraio. “Guardi, io ho lavorato per 23 anni in un’azienda privata e potessi ci tornerei di corsa anche oggi – afferma ancora Dona Maria Burgagni – A me non interessa lavorare sotto lo Stato. Questa però è una opzione che è venuta fuori e che ho accettato perché ho iniziato la mobilità nel 2008, non ho più diritto agli ammortizzatori sociali ed ho più di 50 anni; a questa età le aziende non ci cercano oppure non ci scelgono, perché non gli conviene. Ma la situazione è difficile per tutti quanti noi: nei prossimi giorni presenteremo al Governo un’altra lettera per chiedere una soluzione a tutta questa precarietà. Verbalmente ci è stato garantito che riprenderemo con i lavori socialmente utili e che arriveremo sino a giugno. Però anche se davvero così fosse, dopo cosa succederà?”

 

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