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“K”, il supercomputer più potente del mondo

da Redazione

Oltre il muro dei 10 petaflops: 10 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Nella TOP500 sono presenti quattro italiani, due nei primi cento.

 

di Saverio Mercadante

 

Dieci petaflops. Il “K” ce l’ha fatta, ha superato il muro dei dieci petaflops, corrispondenti a 10 milioni di miliardi di operazioni in virgola mobile al secondo. E’ il super computer giapponese, il più potente al mondo. E’ questo il verdetto degli esperti del progetto Top500: ogni sei mesi stilano una classifica dei 500 computer più potenti al mondo. Se tutte le persone sulla Terra, usassero una calcolatrice 24 ore al giorno per tutto l’anno impiegherebbero sette anni per fare i calcoli svolti da “K” in un solo giorno. Avere a disposizione giganti di questo livello vuol dire mettere sul terreno della scienza uno straordinario moltiplicatore delle possibilità della ricerca e dell’innovazione. Ogni istituzione civile, industriale, militare, ai più alti livelli, cerca di ricavare i massimi risultati dai super computer nelle comunicazioni, la difesa, la sicurezza, nei settori più diversi, dalla fisica teorica alla scienza dei materiali, alla biologia, alle nanotecnologie. E proprio le nanotecnologie e i nuovi materiali, insieme alla meteorologia e la cosmologia, sono uno dei campi della ricerca dove le enormi capacità di calcolo e simulazione di “K” vengono utilizzate: ha calcolato la configurazione degli elettroni nei nanotubi di silicio, un complesso problema di meccanica quantistica che ha richiesto due terzi delle risorse totali del computer. La Cina, rivale storica del Giappone, non è stata certo a guardare. E come spesso succede in questi anni è quasi sempre più veloce degli altri. Il Tianhe 1A,  nel 2010 è stato il computer più potente al mondo realizzato proprio dagli scienziati del Drago prima di essere superato da “K”. Era uno degli obiettivi primari della grande crescita economica cinese. Un supercalcolatore come il Tianhe 1A capace di calcolare milioni di miliardi di operazioni al secondo è in grado di uno sviluppare, tra l’altro, enormemente le capacità militari di difesa e di sicurezza: si inviano ordini e si eseguono in tempo infinitesimale e si possono scoprire l’esistenza di minacce in frazioni infinitesimali di tempo. Ha una capacità di calcolo del quaranta per cento più elevata dell’americano Jaguar, sistema realizzato all’Oak Ridge National Laboratory in Tennessee, nel 2009, in cima alla classifica mondiale. La sede di produzione è il Nudt, National supercomputer center di Tianjin. il grande hub portuale a 150 chilometri da Pechino. Il  progetto originario del Tianhe 1A è dei laboratori della Difesa. Come per Internet, inventata dal Pentagono, anche per i supercalcolatori la prima spinta all’innovazione è arrivata dal mondo militare. Il Tianhe 1° ha una potenza di 2,5 petaflop. E le alleanze di mercato, nonostante le rivalità tra stati e di sistemi, sono trasversali. Infatti, il Tianhe 1° è realizzato con componenti Nvidia, azienda cinese, ma anche microprocessori di Intel, azienda americana. In un anno, dunque, la ricerca giapponese è riuscita a creare un mostro di quasi cinque volte superiore in potenza. “K” è  installato al Riken Advanced Institute for Computational Science di Kobe in Giappone. Questo megacomputer vanta un sistema di 88128 processori CPU Fujitsu SPARC64 VIIIfx 2.0 GHz da 8 core ciascuno, che corrispondono ad un totale di oltre 705 mila core di elaborazione. Con questo arsenale di processori,  ha potuto raggiungere l’immensa potenza di calcolo di 10,5 petaflops. La Cina, comunque, ha fatto passi da gigante in questo settore decisivo dimostrando livelli di eccellenza assoluta. Eccellenza radicata in un sistema di ricerca e formazione che eredita scelte e tradizioni di lungo periodo. Se infatti dieci anni fa nella TOP500 comparivano solo tre computer cinesi, oggi se ne possono contare ben 73. Gli sforzi cinesi ora sono orientati anche alla creazione di nuovi microprocessori, come il nuovo ShenWei SW1600. Con questo processore è stato equipaggiato Sunway Bluelight, un computer cinese che attualmente è quattordicesimo in classifica. Ma secondo gli esperti i nuovi microprocessori cinesi potrebbero presto combattere ad armi pari. L’altra frontiera dello sviluppo dei computer passa attraverso le cosiddette GPU, unità di elaborazione grafica. Le GPU, sviluppate principalmente per applicazioni grafiche ad alte prestazioni, come ad esempio i videogiochi, sono ormai diffuse in tutto il mondo. I processori grafici prodotti da aziende leader come Nvidia o ATI si trovano infatti in quasi tutti i personal computer di oggi. Ma oltre alle applicazioni grafiche, le GPU possono essere sfruttate con efficienza anche nel calcolo scientifico. Se infatti un processore tradizionale può contenere fino a 16 core, una GPU può contenerne centinaia capaci di lavorare in parallelo. Per ottenere prestazioni di calcolo sempre più avanzate, la tecnologia moderna si sta infatti muovendo sempre più verso il calcolo parallelo. Di conseguenza, oltre a sviluppare processori sempre più veloci, si cerca di sviluppare unità di elaborazione parallela, come ad esempio le GPU. Che potrebbero presto permettere di raggiungere il traguardo dei 20 petaflops. Non è un caso che le GPU siano installate in tre dei cinque supercomputer nella top ten, fra cui Tianhe-1A e Jaguar, il supercomputer americano terzo in classifica. Nella TOP500 si trovano anche quattro supercomputer italiani, due dei quali classificati entro i primi cento. Sono il supercomputer del Cineca/SuperComputingSolution di Bologna ed il supercomputer IBM installato all’Eni, rispettivamente all’82mo e 87mo posto. In campo è scesa anche l’Unione Europea, con un piano di finanziamento per coordinare tutti i centri comunitari per rafforzare la competitività del vecchio continente.

 

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