Home FixingFixing L’arte di far festa, non solo a Natale. Siate più aperti del vecchio Scrooge

L’arte di far festa, non solo a Natale. Siate più aperti del vecchio Scrooge

da Redazione

Saper far festa è un’arte. Un’arte che s’impara, come è successo al vecchio Scrooge di Dickens, per cui si sono dovuti scomodare ben tre spiriti per fargli imparare la lezione in tempo.

di Simona B. Lenic

 

“Scrooge divenne il migliore degli amici, il migliore dei padroni, il migliore degli uomini della vecchia città, di ogni altra vecchia città, paese o borgo del buon vecchio mondo. Qualcuno rise di questo mutamento, ma egli lo lasciò ridere e non ci fece caso, perché era abbastanza saggio da sapere che nulla di buono succede su questa terra, senza che qualcuno, sulle prime, si prenda il gusto di riderne… Del resto anche il suo cuore era tutto un sorriso, e ciò era per lui più che sufficiente. Non ebbe più nulla a che fare con gli spiriti, ma visse sempre secondo i dettami della temperanza integrale e sempre si disse di lui che sapeva festeggiare degnamente il Natale, se mai creatura vivente può attribuirsi questo vanto”.

Charles Dickens, Canto di Natale

 

Saper far festa è un’arte. Un’arte che s’impara, come è successo al vecchio Scrooge di Dickens, per cui si sono dovuti scomodare ben tre spiriti – del Natale presente, passato e futuro – per fargli imparare la lezione in tempo. Del resto, è un’arte di cui non si può far a meno, se non si vuole correre il rischio di inaridirsi. I libri di favole raccontano di feste con abiti sfarzosi, spartiti d’orchestra e cibo raffinato. Ma se lo sguardo si sposta dal salone principale, se scavalca la finestra e si butta giù in strada, può vedere l’intero mondo danzare. Mentre il re apre il gran ballo, mentre il signorotto butta cosciotti al giullare, nel cortile c’è gente che fa festa. Ci sono danze, musica e chiacchiere di un intero popolo. C’è la voglia di non rimanere soli, di stare tutti insieme, non per dimenticare le proprie miserie ma per ballarci sopra. C’è la voglia di ridere per una battuta, anche se riesce male, perché quando l’allegria aleggia sulle teste poi strabocca sulle labbra. C’è la fantasia in una festa. C’è il colore. C’è “il momento in cui raccontare le storie più incredibili, adesso che siamo accanto al fuoco e le lampade a gas gorgogliano come palombari” (Dylan Thomas, Un Natale). C’è una giornata che è finita, un periodo che è concluso, e prima di cominciare daccapo, prima di buttare giù buoni propositi e cambi di direzione, c’è questo grande tuffo nel mare, questo momento in cui spogliarsi delle preoccupazioni, in cui sospendere progetti e aspettative, per tornare a essere semplici. Ci sono feste in cui si è semplicemente una famiglia, e ogni membro della famiglia si sistemerà i capelli al meglio, metterà da parte gli affanni per essere in grado di sorridere più spontaneamente, e porterà forse una bottiglia o un dolce, ma non è necessario perché sta andando nell’unico posto, dalle uniche persone, che non pretendono nulla.

Per partecipare alla festa bisogna solo averne voglia, trovare dentro di sé un motivo per brindare e fare tutta la strada necessaria per arrivare. Non importa se quella strada è lunga, fredda e senza mezzi: la festa è cominciata nel momento in cui si è deciso di partecipare.

www.simonalenic.it

 

 

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