Home FixingFixing Il “giallo” delle banconote: come si muove l’Europa a fine 2011

Il “giallo” delle banconote: come si muove l’Europa a fine 2011

da Redazione

La moneta unica vacilla, con buona pace di Nicolas Sarkozy. La fine dell’Euro? Se la Germania si prepara al conio…

 

di Saverio Mercadante

 

Non è la storia del mitico “La banda degli onesti”, con Peppino e Totò che vogliono fabbricare in uno scantinato soldi falsi. Qui sembra che i soldi siano veri e abbiano individuato anche le tipografie. Una a Losanna e un’altra a Zurigo. E’ il giallo di questi giorni alimentato dalle voci incontrollabili sulla fine imminente dell’euro. La Germania sta pensando realmente a sbarcare dall’euro in agonia e già si prepara al conio di una nuova moneta: marco o euro di serie A. Compagni di merende Finlandia e Olanda. E tanti saluti all’imitazione di Napoleone da parte della Merkel. Ah povero Sarkò. A Losanna all’opera ci sarebbe la multinazionale Sicpa, società leader negli inchiostri per banconote e sistemi di sicurezza operante da decenni nei pressi di Losanna. A Zurigo, avrebbero fotografato addirittura le rotative della tipografia dove giravano tagli da 5, 10 e 100 marchi con l’effige della Porta di Brandeburgo. La copertina del settimanale tedesco “Der Spiegel” sulla morte dell’euro non è stato un altro bel segnale. Pubblicamente la cancelliera tedesca non fa una piega e dichiara che è uno scenario che non potrà mai verificarsi. Obama stesso è in fibrillazione: teme che la fine dell’euro allunghi l’ombra della recessione sino negli Stati Uniti proprio ora che i consumi sembra che si siano riprendendo. In America i dati del Black Friday e Cyber-Monday, le due giornate di sconti e saldi dopo Thanksgiving, il Giorno del Ringraziamento, segnalano un improvviso rinascimento dei consumi. Barak dunque spinge per un maggio rafforzamento della BCE sul modello della Federal Reserve americana. Ma la rassicurante Angela Merkel non ci sente proprio da quell’orecchio. Supermario Draghi dovrà sudare per ottenere un qualche cambiamento. Ma c’è chi vede proprio nelle banche americane i maggior nemici dell’euro che hanno speculato sui debiti sovrani e ora abbandonano l’euro. Oltre oceano dopo la bruciatura epocale del 2008 già mettono in campo il piano B: le banche preparano un piano di emergenza per il crollo dell’euro, scrive autorevolmente The New York Times. Il motivo di tanto ”meglio prevenire che curare”: la crisi del debito sovrano ha minacciato di investire la stessa Germania la scorsa settimana, quando gli investitori hanno iniziato a mettere in dubbio il rango di principale pilastro della stabilità europea del Paese. Merrill Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno diffuso una cascata di rapporti questa settimana che esaminano la possibilità di un crollo dell’eurozona. L’aggettivo più usato dagli analisti è “probabile”, non più “possibile”. Le authority degli Stati Uniti premono sulle banche Citigroup ed altri istituti per ridurre l’esposizione verso l’eurozona. I rumors negli Stati Uniti sulla fine imminente dell’euro si moltiplicano senza tregua anche sul mercato mondiale dei cambi. Icap Plc, Cls Bank International, i signori del sistema di scambi tra valute, le sinapsi delle banche di tutto il pianeta stanno simulando delle operazioni in marchi, lire, dracme, per essere pronti all’eventualità che alcuni Stati membri lascino l´euro. Viene smentito un piano 700-800 miliardi di prestito da parte del FMI verso l’Italia. E proprio l’ex capo economista del Fmi, Simon Johnson dichiara: “L’Italia potrebbe essere costretta a uscire dall’euro zona. Di fatto, qualunque intervento di “bailout”, di salvataggio del Fmi o della Bce, rischia di non essere sufficiente, e l’uscita dall’euro è possibile non solo per l’Italia. Politici europei, funzionari internazionali e tecnogoverni, come quello di Mario Monti, ritengono che riducendo deficit e debito, avviando le riforme strutturali e ricapitalizzando le banche si può ridare fiducia ai mercati. Sbagliano, secondo il capo economista del Fmi. Nessuna manovra di questo genere può produrre effetti nel breve termine. Il massiccio acquisto di bond da parte di Francoforte ridurrebbe i rischi di credito ma farebbe svalutare l’euro rispetto al dollaro. Se prolungato innescherebbe spinte inflazionistiche, così anche il solido debito tedesco non sarebbe più tale perché ostaggio di una valuta sempre più volatile. Ciò significa una compressione degli asset in euro appetibili agli occhi degli investitori, e un veloce esodo di capitali dall’Europa.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento