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Black list? Ci penalizza anche il costo di gas e energia

da Redazione

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Dagli imprenditori sammarinesi l’appello alla politica: firmate con l’Italia. Enzo Donald Mularoni: “Fare produzione a San Marino è complesso e costoso”.

 

di Mercadante/Carli

 

Terza puntata di San Marino Fixing sullo stato dell’arte delle aziende sammarinesi ai tempi della crisi dei mercati internazionali e di quello italiano, in una cornice nient’affatto rassicurante di permanenza nella black list e di assenza di accordo contro le doppie imposizioni. Una vox populi che fotografa la temperatura corporea delle imprese locali. “Noi non risentiamo del problema della black list. Abbiamo clienti internazionali, grandi clienti, pochi come numero ma grandi come strutture. Insomma, a esser chiari, non lo subiamo affatto”. E’ molto diretto Emanuele Rossini, amministratore delegato della Cartiera Ciacci, una delle aziende più importanti della Repubblica di San Marino. “Quello che ci penalizza invece – evidenzia Rossini – è il costo del gas e dell’energia in confronto con l’Italia. A San Marino non si è recepita la direttiva CEE del 1998 in materia di liberalizzazione del gas: stiamo soffrendo da anni questa scarsa competitività dei nostri prezzi rispetto a quelli italiani. Inutilmente ci rivolgiamo ai governi che si succedono per il recepimento di questa direttiva presente negli ordinamenti di tutti gli Stati europei: potremmo così comprare dai grandi fornitori il gas metano invece che passare dall’Azienda dei Servizi. E’ il nostro problema più grande. C’è stato a questo proposito anche qualche equivoco nel passato con la popolazione. Sembrava che chiedessimo di costruire una centrale elettrica. Invece, come tutte le imprese nel mondo che usano calore, noi volevamo fare cogenerazione, dunque, si trattava di fonte rinnovabile. Lo fanno anche gli ospedali. Insomma, oltre a usare il calore per riscaldare la carta nel nostro processo produttivo, quello stesso calore prima di disperderlo in atmosfera come vapore lo si riusa per fare un po’ di energia elettrica”. “Per il resto – continua nella sua analisi Emanuele Rossini – posso segnalare che non abbiamo fatto cassa integrazione. I prodotti si vendono. Però, i prezzi dei prodotti finiti sono in discesa da qualche mese a questa parte. Il mondo sta frenando, e noi iniziamo a percepirlo. In ogni caso il lavoro ce lo andiamo a cercare, quindi, non abbiamo problemi di ordinativi. Ecco, se non avessimo quei costi energetici, potremmo dire di essere abbastanza soddisfatti. Abbiamo abbassato anche il tasso di rumore della nostra sede”. “Sul versante dei frontalieri, che è sempre piuttosto complicato assumere – conclude – nonostante la scomparsa della franchigia e l’eliminazione delle spese per la produzione del reddito dalla busta paga, non c’é conflitto con i lavoratori sammarinesi: sono molto pochi nella nostra azienda. Vivono certo male questa situazione della scomparsa di quelle centinaia di euro. Il problema della franchigia sarà piuttosto grave. Anche se ancora non si capisce bene se si potrà recuperare in parte”. Per l’amministratore unico di Alutitan, Morena Uguccioni, “la black list si è abbattuta come una tegola improvvisa. Non abbiamo però perso né mercato né clienti: abbiamo puntato sulla valorizzazione dei servizi. Abbiamo dovuto lavorare tanto, però alla fine i risultati sono arrivati. Abbiamo sempre avvertito i clienti che Alutitan è un’azienda sammarinese e che il Titano è in black list. L’impatto non è stato semplice. Abbiamo lascito loro la valutazione. Ad ogni modo, non abbiamo avuto uno schiacciamento del mercato”. E sul passaggio di campanella tra Silvio Berlusconi e Mario Monti, Morena Uguccioni è realista: “E’ importante che il governo sammarinese incontri l’esecutivo italiano e firmi l’accordo”. Sulla questione-frontalieri, l’amministratore unico di Alutitan chiarisce che “il 60% della forza lavoro dell’azienda è composta da frontalieri. In un primo momento, abbiamo avvertito un po’ di disturbo tra i lavoratori italiani e quelli sammarinesi. Poi ho fatto capire che sono tutti colleghi. Il clima aziendale si è poi disteso”. E’ con sguardo acuto che Enzo Donald Mularoni, CEO del Gruppo Del Conca, analizza le correnti del mercato. “Rispetto al 2010, il 2011 si chiuderà con il segno meno. Dopo una prima fase positiva, la seconda tranche dell’anno ha fatto registrare un rallentamento. Da quando lavoro, l’esercizio vede un mercato recedente e un aumento dei costi. Ci sarà una tensione per quel che concerne i prezzi delle materie prime e dell’energia. Ne soffre il conto economico”. In merito alla convivenza tra frontalieri e sammarinesi, l’ingegner Mularoni spiega che all’interno del Gruppo “il clima è abbastanza disteso. C’è senza dubbio una grande preoccupazione, però i lavoratori sanno che non è colpa dell’azienda. Tra di loro si è instaurato un rapporto di solidarietà. La possibile cancellazione della franchigia è una pioggia che cade su un terreno già bagnato”. Sulla lista nera, il CEO del Gruppo Del Conca spiega che “è stata accettata la realtà. I nostri prodotti sammarinesi li vendiamo a una consociata italiana, che poi li rivende in Italia. Il cliente non può essere coinvolto in questo problema. Fare produzione a San Marino è complesso: è davvero un costo. Se in Italia l’energia è cara, sul Titano lo è ancora di più”.

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