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San Marino, Pasquale Valentini: “Non chiamatela patrimoniale”

da Redazione

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Finanziaria e nuove tasse, i rapporti con l’Italia, le banche, i frontalieri: il Segretario di Stato alle Finanze Pasquale Valentini con Fixing fa il punto su una serie di temi strategici per il futuro di San Marino.

 

di Saverio Mercadante


valentini_pasquale.jpgSAN MARINO – “Il fatto che in tutta Europa, Esecutivi anche della stessa provenienza politica, d’ispirazione moderata come il nostro, vivano identiche problematiche, ci aiuta perché creano un contesto di riferimento intorno alle decisioni che stiamo prendendo. I cittadini e gli operatori di San Marino hanno così la consapevolezza che le emergenze che stiamo vivendo sono comuni al resto dell’Europa. Anche San Marino, quindi, che non ha situazioni di debito pubblico gravi come in altri paesi, non può esimersi da politiche che mettano in sicurezza il Paese e creino le condizioni migliori per la ripresa che certamente arriverà. La stabilità di bilancio deve dunque essere accompagnata da riforme strutturali per cogliere al meglio la ripresa”.

Il Segretario di Stato Pasquale Valentini fa il punto su una serie di temi strategici per il futuro di San Marino. La classe dirigente di questo Paese oggi più che mai è chiamata a scelte lungimiranti per avviare una fase di rilancio dell’intera economia del Titano.

 

Non è patrimoniale

“Io non parlerei di patrimoniale in senso stretto – specifica il Segretario di Stato – ma di imposta straordinaria sugli immobili, che non tocca i capitali o altre forme di patrimonio. Ci si muove in assenza della riforma fiscale, che deve arrivare velocemente, e nell’ottica di ridurre il deficit. E’ un’operazione di contenimento in un clima di emergenza, un’entrata straordinaria: andrà modulata senza creare problemi alle famiglie e alle attività economiche. Abbiamo fatto questa scelta perché individuiamo nell’indebitamento il pericolo più grosso che il Paese può correre”. “E’ un’imposta sugli immobili che prende come riferimento la rendita catastale. Su questo parametro di base verrà stabilita un percentuale di quella rendita anche con riferimento alla tipologia: un’abitazione, un negozio, un edificio industriale. Vi saranno esenzioni per la prima casa, o una parte della prima casa, oppure per gli edifici che servono per attività commerciali o industriali. Non vogliamo certo penalizzare le attività economiche, riconosciamo il principio del bene strumentale dell’edificio: l’attività economica non può svolgersi senza quell’edificio”.

 

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“Direi che l’addizionale è tema molto tenue. E’ del 15 per cento sul netto d’imposta. Doveva essere una tantum – prosegue Valentini – abbiamo deciso di riproporla perché non ci sembra così gravosa specialmente per i lavoratori dipendenti. L’economia, purtroppo, sia sul versante bancario che su quello industriale, non ha fornito un maggiore gettito. Abbiamo deciso di riproporre gli stessi dispositivi dello scorso anno più quell’imposta sugli immobili che dovrebbe portare circa venti milioni di euro. Le entrate nette dovrebbero essere di 320 milioni di euro, che devono coprire tutte le spese”.

 

Spesa corrente

“Bisogna sempre ricordare che quasi tutti i servizi a San Marino sono in capo allo stato. La spesa corrente, che certamente va contenuta, – scandisce il Segretario di Stato per le Finanze – non è solo la spesa della macchina dello stato, ma di tutto quello che allo stato è stato attribuito: dal credito agevolato alle imprese, al servizio sanitario e socio sanitario, al sistema pensionistico, e così via. Esiste una spesa quindi che copre la quasi totalità della vita delle persone”.

“Il problema, dunque, è rivedere l’organizzazione dei servizi dello stato in un’ottica di risparmio da una parte, ma dall’altra, mantenendo sempre un’alta qualità delle prestazioni. Quindi sono necessari progetti pluriennali di tre-cinque anni che prevedano l’esternalizzazione dei servizi. Non si può tenere tutto in capo allo Stato, altrimenti c’è il rischio di un abbassamento della qualità. Quindi più sussidiarietà, più sinergia pubblico-privato. L’esempio dei nidi è molto interessante in questo senso. Si è visto come la sinergia di gestione privata e statale mantenendo inalterata la qualità, e la libertà di scelta, ha consentito un risparmio per lo stato. A parità di rette, va ricordato, attraverso un nostro contributo ai nidi convenzionati. La struttura privata con un contributo di 500 euro a bambino garantisce questo servizio. Allo Stato costava circa 2.300 euro. Una differenza enorme a parità di prestazioni. E’ un esempio che potrebbe essere replicato in altri settori: risparmio e identica qualità”.

 

Spending Review

“Il monitoraggio costante della spesa dello Stato – continua nella sua analisi Valentini – viene effettuata attraverso la direzione generale della finanza pubblica che in tempo reale ci offre indicazioni sui livelli della spesa. E’ all’interno della mia Segreteria di Stato. E poi c’è la Commissione di controllo della finanza pubblica che ha compiti preventivi e consuntivi. E’ un monitoraggio che funziona. Dopo che ho preso questo incarico, quando ci siamo accorti che le entrate stavano diminuendo in maniera importante, abbiamo congelato circa 15 milioni di spesa. E’ stato molto salutare per il bilancio dello Stato. Noi chiudiamo i consuntivi 2010 rispetto alle previsioni con un accantonamento di circa 20 milioni. E’ chiaro che deve però migliorare il rapporto con l’ufficio tributario. Abbiamo introdotto la dichiarazione telematica che dovrebbe accelerare i tempi. Dobbiamo essere in grado di fare in tempo reale delle correzioni di marcia. Insomma, il consuntivo del 2010 non può arrivare alla fine del 2011 ”.

 

Riforma fiscale

“Smentisco qualsiasi ipotesi di voluto rallentamento. La riforma fiscale – sottolinea Valentini – è stata posticipata per l’incredibile numero di impegni che si sono accavallati. E’ una riforma che cambia veramente lo stato dell’arte e sentiamo l’esigenza di farla con un confronto approfondito. E devo dire che la struttura della riforma è molto condivisa. Farla partire a gennaio ci avrebbe dato veramente molti problemi di adeguamento. Forzare i tempi sarebbe stato penalizzante. Qualcosa in questa legge di bilancio abbiamo anticipato: come la minimum tax: 500 euro per gli autonomi o imprese individuali, 1800 euro per le società. E’ un acconto d’imposta che può essere recuperato. Non è una tassa aggiuntiva ma che può darci la possibilità d’intervenire su quella fascia di non contribuenti. Insomma, quelli che non dichiaravano nulla o quasi nulla. Emergerà quella che è la situazione reale”.

 

Situazione bancaria

“Il già critico contesto internazionale, le direttive del FMI, – ricorda Pasquale Valentini si sono inseriti in un rapporto non certo facile con l’Italia. Dal 2008, quando eravamo in procedura rafforzata con il Moneyval, si sono verificati una serie di problemi, s’era creato una sorta di cordone sanitario intorno al nostro Paese. Tali questioni hanno messo in crisi il sistema e ne hanno rivelato anche le debolezze. Le emergenze non posavano sempre su basi solide e trasparenti. Ci siamo mossi quindi su una serie di interventi necessari. Abbiamo rimesso in ordine una Banca Centrale ora accreditata e con capacità di controllo all’altezza della sua funzione. Poi abbiamo agito sul sistema che aveva debolezze sia gestionali che patrimoniali. Non siamo ancora usciti da questa fase ma siamo sulla buona strada. Sono emerse criticità sulle liquidità, le sofferenze sui crediti. Molti impieghi non si reggevano su criteri di prudenza. Terzo punto, l’adeguamento delle banche agli standard internazionali porta a riaprire la possibilità di investimenti internazionali. Non c’è più grande diffidenza e si è riaperto il dialogo con Banca d’Italia e gli organismi internazionali. La percezione del 2008 è completamente mutata. Agire all’esterno del Paese ora è fondamentale per il settore. E questo è anche nella consapevolezza di Banca d’Italia. La rigidità precedente era dovuta in buona parte alla mancanza di certezze sull’affidabilità del nostro sistema. Insomma, volevano avere la massima sicurezza su come si agiva a San Marino prima di permettere l’operatività nel loro territorio degli istituti sammarinesi. Abbiamo fatti passi enormi in questa direzione. L’integrazione tra le due realtà è nelle cose e sarà sancito dalla firma degli accordi. E sarà il mercato che farà il dimagrimento delle banche a San Marino. Se il sistema rimane chiuso al suo interno con una raccolta che è passata da 14 a 8 miliardi di euro, non ci possono non essere conseguenze. In questa fase, forse, per dare solidità al sistema bisogna prendere atto di questa situazione. Che ci siano degli accorpamenti può essere fisiologico per acquisire la solidità necessaria. Ma deve essere una fase transitoria. Il nostro sistema deve avere opportunità per crescere in modo nuovo. Dobbiamo incentivare un sistema bancario molto collegato con il sistema produttivo, la banca come risorsa per l’impresa. Si possono così aprire anche spazi nuovi di mercato. Per molti imprenditori, oltre alla bassa fiscalità, un rapporto stretto e veloce con il sistema bancario sammarinese può essere un motivo di grande appeal: fuori non è così facile. Il bacino delle piccole e medie imprese italiane, specialmente delle zone limitrofe, potrebbe essere molto attratto da questa opportunità”.

 

Accordi con l’Italia

“Sarà difficile per la fine dell’anno. Ma la commissione predisposta dal precedente governo aveva maturato la convinzione di chiudere con San Marino tutte le questione aperte, tutti gli accordi: le condizioni erano talmente chiare che era negativo per l’Italia non chiudere. Non utilizzava al meglio questa collaborazione. Già abbiamo cercato contatti con il nuovo governo e alcuni dei ministri conoscono bene San Marino. Io personalmente conosco personalmente il nuovo ministro degli esteri. Non ci sono ragioni per non chiudere gli accordi”.

 

Frontalieri

“Il provvedimento per un parziale recupero delle spese per la produzione per il reddito è nella finanziari. L’obiettivo – afferma Valentini – naturalmente rimane sempre quello di evitare la doppia imposizione. Cito l’articolo della Legge di Bilancio: “…prevediamo una sgravio in misura percentuale rispetto al maggior carico tributario complessivo derivante dall’applicazione dell’imposizione sammarinese e quella italiana su reddito da lavoro per effetto delle norme che erano vigenti a decorrere da gennaio 2011”. La fascia interessata è sino ai 30 mila euro lordi. “Noi riconosceremo una percentuale di recupero almeno del 50% sino al 75%. Sarà restituita o in unica soluzione o spalmata in più volte. Con la riforma fiscale ricordo che le spese per la produzione reddito si trasformeranno per tutti in abbattimento dell’imponibile, e vogliamo estendere anche ai lavoratori frontalieri le passività deducibili (10 mila euro), le spese per beni e servizi prodotti in territorio”. Insomma, il rimborso al frontaliere dovrebbe essere applicato sulla maggiore imposta che il contribuente non ha recuperato nel 2011. Per chiarezza va detto, perché giravano queste ipotesi: che il recupero del 50% non verrà applicato sulle complessive spese per il reddito annuali che sono state eliminate dalla busta paga. Né, sulle tasse che sono state pagate dal frontaliere in Italia. Ci riserviamo nei prossimi numeri di Fixing di quantificare questi principi e di capire finalmente quanto rientrerà nelle tasche dei lavoratori frontalieri. Questione oggi tutt’altro che chiara.

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