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Meglio senza Tremonti, ma la crisi è un’altra cosa

da Redazione

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La crisi internazionale, la lista nera del MEF, le divisioni tra i lavoratori: così le vivono alla Tecnoplay, all’ASA San Marino e alla Robopac.

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di Saverio Mercadante


La crisi internazionale, la lista nera del MEF, le divisioni tra i lavoratori: così le vivono alla Tecnoplay, all’ASA San Marino e alla Robopac.

 

QUI TECNOPLAY


“E’ difficile, per un imprenditore capire quanto sia la crisi a determinare la contrazione delle vendite o la black list e dunque l’assenza di accordi con l’Italia”. Sono le parole di Roberto Renzi, leader della Tecnoplay, azienda di punta  a San Marino e in Italia nel settore dei giochi. “Si è comunque determinata – continua Renzi –  una situazione per la quale c’è una certa tendenza della clientela nel chiederci di essere fornita direttamente dalle nostre aziende in Italia, oppure in alternativa, se non sanno che possediamo strutture in Italia, si rivolgono alla concorrenza. Con la black list abbiamo avuto un grosso problema in una gara di appalto italiana dove eravamo abbastanza in ritardo. La nostra posizione legata all’autorizzazione del MEF, semmai non fosse arrivata, avrebbe potuto pregiudicare la partecipazione dei nostri partner. Quindi abbiamo rinunciato. Insomma, è un problema che va risolto al più presto”. “Il nostro mercato è molto soggetto alle leggi italiane. Cambiano le norme – sottolinea ancora – e si aprono spazi di mercato che prima non esistevano. Ad agosto, per esempio, è uscita una legge sul contingentamento, cioè la possibilità di mettere più macchine nei locali, che ci ha dato sicuramente un impulso importante. Negli ultimi tre mesi abbiamo sensazioni più che positive. Nei bilanci di settembre e ottobre abbiamo verificato un consistente aumento dei fatturati. Dunque possiamo dire che ce la caviamo in questo momento, grazie anche ad un’offerta abbastanza elastica. Dal 2008 al 2011 c’è stata una certa decrescita che ora stiamo recuperando. D’altronde, a inizio dell’anno eravamo abbastanza inchiodati, fermi nella produzione, mentre in altre aziende si riscontravano sintomi di crescita. Ora ci siamo sbloccati. Sul versante dei frontalieri infine non abbiamo problemi: il 95% dei nostri dipendenti sono sammarinesi. E’ comunque giusto che lo stato restituisca una parte della supertassa”.

 

QUI ASA SAN MARINO


“La black list non è un enorme problema anche perché noi abbiamo strutture italiane. I nostri clienti ovviamente tendono a servirsi delle nostre realtà oltre confine, quindi in qualche modo si aggira la questione. Creando però un altro problema sotto altri aspetti: viene molto incrementato il trasferimento di beni da San Marino all’azienda consociata che viene per forza di cose controllato nel dettaglio dall’Agenzia delle Entrate. Si creano così molti grattacapi”. Roberto Amati, patron dell’ASA San Marino, analizza la situazione odierna della sua azienda alla luce dei mancati accordi con l’Italia e della crisi economica. “Prima – sottolinea ancora Amati – il grosso era da San Marino al cliente finale, ora invece è da San Marino alla consociata italiana. Ma dobbiamo dire che soffriamo più della crisi economica che della black list. Certo, se non ci fosse, sarebbe sicuramente molto meglio. Mi sorprende però sempre molto quando sento in televisione che la produzione industriale in settembre, per esempio, è calata. E il dato coincide sempre esattamente con la situazione particolare della tua azienda. Soffriamo la crisi soprattutto in Italia. Il momento più acuto della crisi lo abbiamo avuto in aprile maggio del 2009. Poi abbiamo iniziato a risalire ma da pochi mesi a questa parte è ricominciata la discesa. Siamo tornati sui livelli del 2009. Noi non ci limitiamo all’Italia ma operiamo anche sull’estero, che regge meglio il mercato”. Capitolo frontalieri. “Si era creato in azienda un clima abbastanza pesante quando sono state tolte le detrazioni dalla busta paga per le spese per la produzione per il reddito. Il clima anche oggi non è certo tranquillo, la riforma fiscale è stata rinviata, la percezione è che stiano toccando con mano ora che i tempi sono cambiati. Non abbiamo fatto cassa integrazione e questo è certamente positivo. Vediamo un po’ più nero per l’inizio del prossimo anno: sono comunque tradizionalmente i mesi più bassi per noi, in più c’è la percezione di un calo che già esiste. In ogni caso si va avanti”.

 

QUI ROBOPAC


“Noi non stiamo risentendo troppo della crisi. Il mercato va bene, siamo in crescita rispetto allo scorso anno. Per il momento non avvertiamo problemi particolari. Anche se in giro ci dicono che siamo una mosca bianca, compresi i nostri fornitori che lavorano con più clienti che sono effettivamente in crisi”. Sono le affermazioni di Alessandro Manduchi operation manager della Robopac, azienda meccanica leader a livello internazionale. “Innovazione e nuovi prodotti: abbiamo introdotto sul mercato quest’anno due novità – rimarca Manduchi –  che rappresentano il motore di questa crescita. Abbiamo investito molto sulle strutture interne. Abbiamo appena inaugurato a Gualdicciolo il nostro nuovo stabilimento, raddoppiando la superficie utile. E abbiamo rinnovato gli impianti per la produzione. Sono quattro anni che investiamo sulle tecniche del sistema Toyota. Abbiamo dunque riorganizzato l’azienda secondo criteri di efficienza molto moderni. Anche per noi la crisi è stata pesante: dal 2008 sino a tutto il 2009. Ma avevamo già un piano di investimenti in corso che abbiamo mantenuto e rispettato.  E ci ha aiutato a reggere la crisi e a cogliere le opportunità che si sono presentate negli anni successivi. La black list di fatto ci crea pochi problemi. E certo, se non c’è Tremonti è meglio. Ma noi esportiamo per l’80% fuori Italia, in Europa e negli USA. Sul versante dei frontalieri, rappresentano circa il 50% nelle nostre maestranze. Purtroppo devo dire che c’è molto malcontento, e questo danneggia l’azienda. Pur essendo norme che riguardano lo stato e i rapporti con l’Italia (supertassa e franchigia, ndr) e non l’impresa direttamente, si avverte un clima di sfiducia. C’è chi s’interroga se è il caso di lavorare ancora a San Marino. I rapporti tra sammarinesi e italiani tuttavia sono abbastanza consolidati ed è interessante notare che malgrado tutto c’è una certa solidarietà tra i lavoratori”.

 

 

 

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