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La CIA ti spia anche sui social network Twitter e Facebook

da Redazione

Sotto controllo. Ogni giorno 100 analisti studiano 5 milioni di messaggi. Barack Obama ogni sera riceve un report sulle opinioni della Rete.

 

di Saverio Mercadante

 

Qualcuno li chiama ninja librarians, letteralmente “bibliotecari ninja. Qualcun altro “vengeful librarians” (bibliotecari vendicativi). Ma sono sempre gli stessi. Li ha scovati l’Associated Press. Sono un gruppo di analisti che tiene sotto controllo ogni giorno cinque milioni di messaggi su twitter, e osserva, occhiuto, Facebook, blog, forum, chat e qualunque altro servizio a cui gli utenti possono accedere e contribuire liberamente. Sono probabilmente un centinaio, lavorano in un’anonima struttura di un parco industriale della Virginia, e li comanda Doug Naquin, direttore dell’Open Source Center della Cia: li ha paragonati a Lisbeth Salander, l’eroina protagonista della trilogia Millennium di Stieg Larsson: “Sono come eccentrici  e irriverenti  hacker che sanno come trovare cose di cui altre persone non conoscono nemmeno l’esistenza”. Le reazioni di chi frequenta i social forum della Rete vengono analizzate non solo dagli analisti dell’Open Source Center, ma anche da una rete di collaboratori che operano anche dalle varie ambasciate americane sparse per il Mondo. E sono confrontate con le notizie pubblicate sui quotidiani locali e quelle diffuse dalle tv. Obama è l’utilizzatore finale della relazione di fine giornata che evidenzia i possibili fattori di crisi per gli Stati Uniti. Barack che aveva vinto le presidenziali proprio utilizzando internet meglio di tutti gli altri candidati si dimostra ancora una volta attentissimo alle indicazioni della Rete. La struttura, ha spiegato spiega Naquin, è stata creata su consiglio della 9/11 Commission, la Commissione d’indagine sugli attentati dell’11 settembre 2001. Era convinta che eventuali rivolte contro gli Stati Uniti potessero nascere proprio da internet e, quindi, dai social network. Gli analisti, ha sottolineato il direttore dell’Open source analizzano quotidianamente milioni di conversazioni in qualunque lingua, dall’arabo al cinese, dall’urdu al russo, e riescono a fornire, da soli, circa i due terzi delle informazioni di intelligence raccolte dagli Stati Uniti. Per esempio, quando una squadra dei Navy Seal uccise Osama Bin Laden in Pakistan, a maggio, gli analisti del centro della Cia in Virginia monitorarono Twitter per dare alla Casa Bianca un rapido rapporto sulla reazione internazionale. I tweet, analizzati e suddivisi per lingua, dimostrarono presto che la maggioranza dei messaggi in Urdu, la lingua ufficiale in Pakistan, riportavano commenti negativi. Un’analisi dello stesso tipo sarebbe stata fatta sul traffico di Twitter in arabo e turco dopo il discorso di Barack Obama sulla questione mediorientale, poche settimane dopo il raid, e avrebbe dimostrato che la maggioranza delle persone nella regione riteneva che il presidente volesse favorire Israele. I tweet in ebraico esprimevano sentimenti esattamente opposti. I ricercatori della Virginia, secondo quanto riferisce Naquin, avevano previsto con anticipo le rivolte in Egitto e Tunisia, restando con un unico dubbio sulla data in cui la popolazione si sarebbe messa effettivamente in movimento. I dati raccolti dimostravano inequivocabilmente il ruolo di spina nel fianco dei social network, nei confronti dei regimi nordafricani. La concentrazione su Twitter sarebbe tuttavia iniziata nel 2009, in coincidenza con la rivoluzione verde in Iran e la contestazione al presidente Mahmoud Ahmadinejad. Ma forse la CIA dovrebbe porsi qualche problema in più sull’attendibilità di Twitter. Nonostante possa vantare oltre 200 milioni di iscritti in tutto il mondo, Twitter viene di fatto mandato avanti da una elite di appena ventimila utenti: diffonde circa la metà di tutti i tweet inviati e condivisi attraverso il popolare sito di microblogging. A fare i conti in tasca a Twitter, che ha recentemente compiuto i suoi primi 5 anni di attività, ci ha pensato Yahoo!, i cui ricercatori hanno analizzato la bellezza di 260 milioni di tweet comparsi sul social network in un periodo di circa un anno tra il 2009 e il 2010. Insomma, ciò che manderebbe avanti tutta la baracca in casa Twitter sarebbe quindi una minoranza di vip e personaggi più o meno noti dello spettacolo, della politica e dello sport, tra cui attori, cantanti, giornalisti, opinionisti famosi, blogger di grido e squadre sportive. Secondo un rapporto dell’azienda canadese Sysomos, la gran parte dei messaggi proveniente dagli utenti di Twitter cade nell’indifferenza. In particolare, il 71% di questi tweet non va mai incontro all’interazione tra gli altri utenti del noto social network, con un misero 6% dei messaggi che riceve un re-tweet e un 23% che ottiene un reply (e tra questi l’85% ha solo un reply, il 10.7% due e l’1.53% tre). Per chi non fosse pratico di Twitter, diciamo subito che un re-tweet è un post che viene ripreso così com’è da un altro, mentre un reply è un post che cita un altro utente nel proprio status. Inoltre, sempre stando ai dati Sysomos, il 92% dei re-tweet e il 96.9% dei reply avviene entro la prima ora, altrimenti cadono anch’essi nel vuoto. Insomma, soltanto un 29% di tutti i tweet viene condiviso, ma soltanto entro la prima ora dalla comparsa del primo messaggio, altrimenti nulla, con buona pace dell’interazione e dello scambio d’informazioni tra gli iscritti al social network. Il rapporto Sysomos, riferito anche dalla CNN e da Wired, ha monitorato la bellezza di 1.2 miliardi di tweet tra l’agosto e il novembre del 2009, presentando così lo sconfortante panorama. Perché i reply ed i re-tweet rappresentano la forma più immediata per procurarsi nuovi contatti e coinvolgerli nelle proprie conversazioni, permettendo così di informare e/o intrattenere i propri follower. “La maggior parte di utenti che usa Twitter è ancora poco educata al suo utilizzo e i tempi della piattaforma di micro-blogging sono velocissimi”, ha potuto affermare un portavoce della Sysomos. Ecco perché Twitter ha da poco varato una nuova piattaforma con la quale spera di garantire ai propri utenti un maggior coinvolgimento.

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