Home FixingFixing Al tempo dei “neet” non si lavora e non si studia

Al tempo dei “neet” non si lavora e non si studia

da Redazione

Germania, cresce la disoccupazione, per la prima volta in due anni. Spagna, 5 mln senza lavoro. Bankitalia, nel 2002 hanno superato i 2,2 milioni: sono il 23,4% degli Under 30.

 

 

di Saverio Mercadante

 

La Germania guarda dall’alto in basso l’Italia, l’ha di fatto commissariata sulla spinta dell’asse franco-tedesco. Eppure, anche nell’economia tedesca qualche seria magagna inizia ad uscire fuori ed è un brutto segnale per tutta l’Europa. La disoccupazione in Germania a ottobre è cresciuta per la prima volta in due anni. Secondo quanto ha riferito, mercoledì 2 novembre, l’agenzia Bloomberg citando l’Agenzia federale del lavoro, il tasso destagionalizzato è salito al 7%, dal 6,9% di settembre. Il numero dei disoccupati è aumentato di 10 mila unità a 2,94 milioni. Il tasso grezzo è invece sceso al 6,5%. Brutta storia, ma mai come quella spagnola sul fronte della disoccupazione. Non ce n’è una così drammatica sul fronte occidentale. Le dimissioni annunciate di Zapatero, la relativa tranquillità sul fronte dello spread tra i titoli spagnoli e quelli di riferimento tedeschi, qui non hanno fatto nessun miracolo. Anzi, la riforma del lavoro approvata dal governo Zapatero ha avuto effetti insignificanti.  Non sono serviti a nulla gli incentivi economici, le esenzioni fiscali alle imprese che assumono a tempo indeterminato nei prossimi tre anni. Per non parlare  della facilità di licenziamento per le aziende con evidenti perdite economiche e l’obbligo per i disoccupati di partecipare ai corsi di formazione. Con il 21,5% di disoccupati, la Spagna è il Paese con la crisi lavorativa più profonda e preoccupante di tutti i Paesi avanzati dell’occidente. Il corpo lavorativo ha perso un braccio, ha perso una gamba, ora forse perderà un altro braccio, se qualcuno non mette mano a questa cancrena che sta mangiando la penisola iberica. Cinque milioni cinque di persone sono in cerca di occupazione: 144 mila in più rispetto ad agosto. Un dato gravissimo  riguarda le famiglie: sono in netto aumento (57.700 nel terzo trimestre del 2011) quelle in cui tutti i membri sono disoccupati, il 4,2% in più rispetto al trimestre precedente, fino a toccare la cifra di 1.425.200. Ma la Spagna ha sempre avuto anche negli anni di splendore economico un problema endemico di maggiore disoccupazione rispetto agli altri paesi: per alcuni la crisi è un fattore importante ma sino a un certo punto. Un’indagine del 2011 condotta da analisti di un’associazione di banche spagnole, la Fundación de las cajas de ahorro (Funcas), ha calcolato il lavoro nero in un 17% del prodotto interno lordo spagnolo e in 4 milioni di posti di lavoro.

 

E’ L’ANNO NERO DEI NEET


E in un paese che parla poco l’inglese, come l’Italia, si è voluto ripetere troppo volte la parola sbagliata: neet (not in education, employment or training): i giovani che non lavorano e non studiano. Nel 2010 hanno superato i 2,2 milioni, si tratta del 23,4% degli under 30, ovvero di quasi uno su quattro. La Banca d’Italia nel rapporto sulle ‘Economie regionali’ ha evidenziato il peggioramento dei dati sui neet: a fine maggio l’Istat attestava al 22,1%, una percentuale già in crescita a confronto con il 2010. Per non parlare dei dati prima dei tempi della crisi: tra il 2005 e il 2008 la soglia dei giovani che restavano a casa era pari al 20%, sotto i 2 milioni. Più crisi, più marginalità per i gggiovani. Ma insieme alla crescita della disoccupazione aumenta tra i neet  chi è in cerca di un posto: dal 30,8% del 2008 al 33,8% del 2010. Anche i fenomeni di scoraggiamento sono sempre più diffusi:  i giovani si pongono fuori da ogni circuito sia occupazionale che formativo. E’ il Sud ancora a mostrare i numeri più allarmanti, dei 2,2 milioni di neet tra i 15 e i 29 anni, ben 1,2, ovvero oltre la metà (54,5%), si trova nell’Italia meridionale. Ma anche al nord e al sud non si fanno mancare niente in quest’Italia di fine regime: in forte crescita nelle zone più sviluppate del Belpaese i giovani che né sono occupati né studiano Un’altra differenza molto netta  passa tra donne e uomini: le ragazze neet sono il 26,4%, mentre tra i maschi la percentuale è decisamente più bassa: 20,5%. Tra gli under 30 fuori dai luoghi di lavoro e di studio (scuole, università, master o altri tipi di percorsi formativi) il 25% vive in famiglie in cui nessun componente lavora. Un dato che ricorda quello spagnolo sopra citato riguardanti le famiglie. Se i paletti della gioventù vengono alzati sino a 35 anni, mettiamoci dentro anche quelli che dovevano finire di laurearsi o di specializzarsi, la quota neet – laureati si attesta inferiore alla media, ma sempre abbastanza significativa: pari al 20,5%. Insomma, aiuta, ma non troppo, il pezzo di carta. E comunque chi ha solo la terza media entra più facilmente nel bacino dei neet (24,8,%). Ultimo dato: lo stand by in quota neet si allunga sempre di più nei tempi della crisi.

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