I ruoli si ribaltano, il vecchio continente, mai tale definizione sembra così appropriata, chiede senza vergognarsi un aiutino alla Cina, potenza economica dalla mostruosa liquidità: 3.200 miliardi di dollari di riserve. E il Dragone non si nega.
di Saverio Mercadante
Prima l’Africa, poi il Sudamerica, l’Est Europa, i comunisti capitalisti più potenti del mondo a passi lunghi e ben distesi, ma con solita grande prudenza, quasi in incognito, stanno arrivando anche alla ciccia europea. I ruoli si ribaltano, il vecchio continente, mai tale definizione sembra così appropriata in questi anni di crisi, chiede senza tanto vergognarsi un aiutino alla potenza economica dalla mostruosa liquidità: 3.200 miliardi di dollari di riserve accumulate con i surplus commerciali accumulati in questi anni di poderosa crescita.
La Cina non si nega, anzi sembra che abbia messo già sul piatto dai 50 ai 100 miliardi di dollari per metter una toppa ai disastrati debiti sovrani, come ha scritto il Financial Times in questi giorni. Ma vogliono capire bene quale sia effettivamente il piano di salvataggio dei leader europei.
“E’ nell’interesse della Cina aiutare l’Europa, perché è il nostro principale partner commerciale, ma la preoccupazione principale del governo cinese è come spiegare questa decisione al nostro popolo – ha spiegato al quotidiano britannico Li Daokui, membro del comitato di politica monetaria della banca centrale cinese – l’ultima cosa che la Cina vuole è gettare via la ricchezza del Paese ed essere vista solo come una fonte di denaro facile”.
Secondo l’ufficio di statistica dell’Unione europea, a luglio la Cina ha superato gli Stati Uniti ed è diventata il più grande partner commerciale dell’Ue.
I legislatori USA i stanno discutendo se imporre tariffe sulle esportazioni cinesi, dunque la Cina è costretta a sostenere le sue esportazioni verso l’Ue.
Eppure, “non ci sono negoziati in corso con la Cina” per il rafforzamento del Fondo europeo salva-Stati (Efsf), ha assicurato qualche ora dopo Klaus Regling, direttore del Fondo. Ma Pechino ha già acquistato un po’ di obbligazioni emesse dal Fondo europeo di stabilità finanziaria. Ma non troppe se gli Europei Sarkozy in testa fanno tanto prssing sui cinesi. Tra l’altro, nonostante le smentite, Klaus Regling proprio a Pechino è andato nei giorni scorsi, prima tappa di un road show mondiale tra i potenziali investitori.
Nel frattempo Fitch ha assegnato un rating a tripla A al programma di debito garantito a medio e lungo termine del fondo ‘salva-Stati’ europeo.
Il rating riguarda l’intesa intergovernativa approvata a Bruxelles il 26 ottobre. Come dire: rassicuriamola subito la potenza celeste. Ma il Drago vuole due, tre cosucce, innanzitutto: che l’Europa le riconosca lo status di economia di mercato prima del 2016 per non essere penalizzati quando si devono stabilire i prezzi equi nei casi di dispute antidumping, e, che sulle questioni di concorrenza sleale e copyright, diritti dei lavoratori, gli europei mollino l’osso.
Intanto, ci siamo comprati il più importante porto greco, il Pireo, il principale scalo container nel Mediterraneo orientale, ha detto Hu Jintao, numero uno a Pechino, ai suoi collaboratori.
Ma qualche brutto segnale arriva anche da lì: il polmone economico della Cina, la provincia Sud orientale del Zhejiang, è in crisi di liquidità. Inflazione al 6,3% e aziende nelle mani dei famelici usurai.