Home FixingFixing Lettera a un campione: caro Sic, quanto avevi in comune con Renzo Pasolini

Lettera a un campione: caro Sic, quanto avevi in comune con Renzo Pasolini

da Redazione

La terza pagina di Fixing ospita il suo primo elzeviro. Quasi obbligata la dedica a Marco Simoncelli. Ciao Marco, sono serviti quattro giorni per distillare il dolore e la rabbiaprima di scriverti. Conosci Renzo Pasolini? Quanto avevate in comune, voi due.

 

Ciao Marco,

ci ho messo quattro giorni per riuscire a chiarirmi le idee tanto da riuscire a scriverti queste righe. Dovevo prima far distillare tutta la rabbia e la tristezza, per non berciare alla luna prendendomela con quel disegno divino che ti ha portato via troppo presto per noi, pur sapendo che il disegno divino è per sua natura imperscrutabile e indiscutibile.

Poi volevo evitare la trappola dei luoghi comuni, dell’insincerità, di tutto ciò che finisce per banalizzare anche il più grande dei misteri, la morte.

Se ti avessi scritto subito mi sarei soffermato a raccontarti il rammarico di non averti visto campione del mondo, come se in cielo contasse qualcosa salire con un titolo iridato in tasca come fosse un qualsiasi diploma da ragioniere. Avrei elogiato il tuo carattere aperto, la tua umanità, quel modo di fare che sembrava fossi sempre in pace con te stesso. Come se ti conoscessi personalmente, cosa che non è. Avrei poi rischiato di ripetere il cliché dell’eroe troppo presto scomparso, in viaggio verso l’orizzonte in sella a quella moto troppo piccola per te, disarcionato a tradimento da un malnato Ronzinante.

Vedi Marco, io faccio il giornalista. Tu sicuramente non lo sai, ma ti seguo praticamente da quando hai iniziato a correre. Ho subito ammirato la tua bravura, e non lo dico per millantare doti da talent scout che non ho, ma proprio per confermarti, come se oggi tu ne avessi bisogno, che avevi il manico, come si dice. Mi è capitato spesso di scrivere delle tue imprese e anche delle tue patacate. E a furia di scrivere mi sono affezionato. Oggi lo posso anche confessare, ero tuo tifoso, anche quando, per lavoro, avrei voluto mostrare più distacco professionale.Caro Marco, ora voglio raccontarti una cosa. Da ragazzo mi è capitato di essere richiamato la sera, a casa – il cellulare allora non si usava – dal giornale per il quale scrivevo. “Era tuo amico, un tuo compagno di squadra”, mi hanno detto, “forse è giusto che sia tu a scrivere di lui”. Aveva pressappoco la tua età. La sua vita è stata spezzata dalla tua stessa passione per le due ruote. È passato tanto tempo da allora, più di 15 anni. Eppure anche oggi quando sento di un ragazzo che muore in moto rabbrividisco, chiedendomi chi fosse, se per caso lo conoscevo. Beh, quando ho saputo cosa è capitato a te mi è sembrato di rivivere ancora la stessa storia.Sai Marco, quando successe io ero molto piccolo, avevo appena due anni. Non ho ricordi diretti in proposito, solo quello che ho visto poi, che ho letto, ciò che mi ha riportato chi c’era. Una maledetta domenica di maggio del 1973, a Monza, morì Renzo Pasolini, insieme ad un altro giovane e sfortunato ragazzo, come voi, Jarno Saarinen.Sicuramente lo conoscerai, Renzo. Viveva a pochi chilometri da dove sei cresciuto te. Da dove abito io. Era uno che andava forte, che non aveva paura. Uno che voleva tutto e subito, uno molto competitivo: tanto per dirne una, ha fatto vedere i sorci verdi a un certo Giacomo Agostini. Vent’anni dopo mi è capitato di intervistare chi l’ha conosciuto e amato come un fratello. A distanza di tanto tempo, nelle sue parole c’era ancora il magone che provo adesso scrivendoti questa lettera. Ho visto le immagini del suo funerale, c’era una folla immensa, strabordante.Non puoi immaginare quanto avevate in comune voi due. Un’ultima cosa, Marco, prima di salutarti.Quei capelli. Ti ho sempre guardato e non capivo, c’era qualcosa che mi sfuggiva.Beh, sai che ti dico, ci sono arrivato soltanto adesso: quei capelli, erano davvero belli.Coronavano il tuo sorriso come un’aureola.

 

Loris Pironi

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