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Folàghe, a volo d’uccello si vede il mare. E l’umanità

da Redazione

folaghe_2Folaghe, o folàghe, sono degli uccelli simili ad anatre, dal volo goffo e il carattere irrequieto. Folaghe è la canzone di Fabrizio De Andrè, che chiude l’album Rimini. Folàghe è la mostra fotografica di Johnny Baldassarri e Alessandro Carli che inaugura proprio oggi (h.18) a San Marino.

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di Simona B. Lenic

 

SAN MARINO – Folaghe, o folàghe, sono degli uccelli simili ad anatre, dal volo goffo e il carattere irrequieto. Folaghe è la canzone di Fabrizio De Andrè, che chiude l’album Rimini. Una canzone che non ha parole, proprio come la fotografia, e che come la fotografia sembra contenere ogni umore che si è appoggiato sul mare, davanti alla riva, nell’aria intorno. A questa canzone e alla città che c’è dentro si sono ispirati i fotografi Johnny Baldassarri e Alessandro Carli (quest’ultimo, tra le altre cose, giornalista di Fixing…) per la loro mostra Folaghe, approdata a San Marino, alla Casa del Castello di Borgo Maggiore (in piazza Mercatale 21) dove rimarrà fino al 15 ottobre.

Girando tra gli scatti, ritrovi quel punto di Rimini dove il mare si innalza in piccoli geyser. Quando il mare è calmo nemmeno ti accorgi che sul Porto Canale riposano delle piccole grate, ma quando si agita, d’improvviso l’acqua si alza dall’asfalto che qualcuno sta calpestando. In Folàghe trovi la neve che s’impossessa della città, il mare che rimane l’unico a non subirne l’immobilità e la spiaggia che per un po’ non esiste, per un po’ è solo un colore, il bianco.

Ci sono poi fotografie che scavano così tanto la città da trasformarne i connotati, come succede all’ex Pastificio Ghigi. Questo dinosauro industriale, che fissa le macchine mentre scorrono sulla superstrada che conduce a San Marino, evoca solo squallore e abbandono. Poi però succede qualcosa. Succede che questi due fotografi decidono di raccontarti come lo vedono loro, tutto questo mondo. Mettono da parte le parole, per un po’, almeno per questa volta. Cominciano a dipingere, senza pennello, solo con lo sguardo appoggiato a una Leica e una Hasselblad. Senza colori, in bianco e nero. Scattano foto che ritraggono una città, sempre la stessa, e ti sorprendi a pensare “io sono mai passato da qui”? Davvero in un rudere industriale si può trovare un cavallo di spade? Davvero lì qualcuno sapeva ancora giocare? Folàghe dice di sì. Dice che c’è un mondo di immigrati clandestini che si nasconde e vive, giocando a carte, ogni tanto. Ma dice anche che c’è tanto cielo nel mare, e ci sono passi sulla sabbia d’inverno, sciarpe battute dal vento, cappotti che camminano a un metro dall’acqua. “La fotografia è questo se lo vogliamo, immagini che parlano senza parole – spiega Johnny Baldassarri – Momenti riminesi congelati nella purezza del bianco e nero, che non ti costringe al frastuono del colore ma ti riporta al cuore dell’istante catturato. Un’avventura fotografica sulle note di De André, scatti a pellicola, per riportarci all’esperienza della fotografia che non grida ma si tocca”. Quella Rimini che i più conoscono come centro nevralgico del divertimento, in Folaghe si ritira, per far spazio a una Rimini che c’è ancora ma è distante. Una città d’altri tempi, d’altre emozioni, che ha bisogno di tempo e impegno per venire fuori, come una fotografia su pellicola, sviluppata in casa. La mostra – organizzata dall’Associazione Noor2 in collaborazione con San Marino Fixing – è aperta al pubblico dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17. Tutti i giorni tranne il sabato.

Sbl

 

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