Home FixingFixing A Rimini la responsabilità sociale d’impresa funziona: “E’ un format esportabile”

A Rimini la responsabilità sociale d’impresa funziona: “E’ un format esportabile”

da Redazione

Maurizio_Temeroli

 

Maurizio Temeroli: “Da anni il supporto operativo della CCIAA è fornito dall’associazione ‘Figli del Mondo’, di cui è Presidente Lino Sbraccia, Coordinatore di Agenda 21 San Marino”.

Maurizio_Temeroli

 

 

 

di Loris Pironi

 

Si chiama responsabilità sociale d’impresa ed è un upgrade virtuoso che può portare frutti preziosi per i singoli attori, per chi ruota attorno ad essi, per tutto un territorio. E naturalmente per l’ambiente. Un passaggio dal singolo al collettivo che richiede caparbietà e voglia di dare vita ad un cammino comune i cui risultati riempiono di soddisfazione chi si è cimentato con questa svolta sociale. A tentare di fornire l’innesco a questo upgrade a San Marino è Agenda 21, con il progetto “Una mano per il Paese”. Un esempio concreto a cui guardare con attenzione arriva da Rimini, dove la Camera di Commercio da anni sta portando avanti un’esperienza di questo genere. A parlarne è Maurizio Temeroli (nella foto), Direttore della Camera di Commercio. Al quale rivolgiamo subito una domanda fondamentale: questo modello è replicabile? “Senza ombra di dubbio sì, si tratta di un format esportabile. Anche a San Marino. Anzi, per la contiguità dei territori una sorta di ‘contaminazione’ virtuosa può essere messa in campo. Del resto a Rimini da anni il supporto operativo della Camera di Commercio è fornito dall’associazione Figli del Mondo, di cui è Presidente Lino Sbraccia, Coordinatore di Agenda 21 San Marino”.

 

L’impresa, che è il vostro referente, in quanto soggetto sociale, per essere competitiva, deve avere atteggiamenti socialmente responsabili. Sin qui il concetto è piuttosto chiaro. Ma come?

 

“Intanto bisogna dire che rispettare semplicemente le leggi è un atto dovuto. Quindi non basta essere rispettosi di leggi e normative per potersi considerare soggetti socialmente responsabili. Se però si va oltre e si opera in maniera virtuosa, si finisce per creare attorno a se un clima di fiducia, a cui tutti dovremmo tendere. Io sono convinto che la crisi che stiamo attraversando,  così profonda e trasversale, è generata e alimentata dalla sfiducia reciproca: i lavoratori non si fidano dei propri datori di lavoro, le imprese non hanno fiducia delle banche, i cittadini non credono nel Governo. Se invece tutti si comportassero in maniera socialmente responsabile, la crisi avrebbe ben altre dinamiche”.

 

Veniamo al concreto dell’esperienza di Rimini.


“Quando abbiamo iniziato a spingere sull’acceleratore del progetto per la responsabilità condivisa, ci siamo resi conto che a Rimini c’erano tante imprese che andavano molto al di là di ciò che gli era semplicemente richiesto per la legge, ma vivevano questi atteggiamenti virtuosi come ‘normali’, quindi non ne veniva data quella conoscenza e quella promozione che possono generare un valore diffuso e quella emulazione virtuosa che migliora il clima generale. Del resto è un dato di fatto che non sono solo i comportamenti negativi generano emulazione”.

 

Come Camera di Commercio cosa avete fatto?


“Ci siamo resi conto che promuovere certi atteggiamenti era nei nostri obiettivi generali, anche se non era necessario per i nostri adempimenti specifici. Allora abbiamo incominciato a creare una rete di imprese, un gruppo di imprenditori che peraltro nel tempo hanno ricevuto diversi riconoscimenti a livello nazionale per le migliori prassi messe in campo. Poi, volendo che questa contaminazione positiva funzionasse sempre di più abbiamo deciso che si doveva puntare ad altri soggetti, per allargare le maglie della rete. Così abbiamo approcciato le professioni, gli avvocati e i commercialisti, il mondo della scuola, le associazioni di categoria”.

 

In che modo?


“Oltre a dar vita ai classici tavoli di lavoro abbiamo cercato di stimolare e indirizzare i vari soggetti che si erano detti pronti a impegnarsi. Qualcuno, vedi i docenti, è andato ben oltre le proprie responsabilità”.

 

Categorie e professionisti invece, nel concreto, che contributo possono dare?


“I commercialisti ad esempio possono guidare le imprese a stilare un bilancio sociale, nel senso di spiegare all’imprenditore cosa si può fare per migliorare il proprio impatto ambientale. Le categorie economiche invece rappresentano un vero e proprio motore per il cambiamento, ripetendo all’infinito questo mantra: ‘dobbiamo creare un distretto economico responsabile’. In questo modo si riesce ad uscire dall’ambito del volontariato e si fa quel balzo in avanti che dicevamo. Ovvero si passa dalla responsabilità individuale e d’impresa alla responsabilità del territorio”.

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