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Michele Marziani e la Gente Agricola: cronaca di un vino da ritorno al futuro

da Redazione

Gente_agricola_1Il Primo e L’Ultimo, cabernet e sangiovese di Gente Agricola: intervista all’esperto (e scrittore) Michele Marziani, l’“ideologo”, così si definisce, di uno dei progetti enologici più interessanti degli ultimi anni. La vendemmia? Un mese in anticipo, scelta azzeccata.

 

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di Loris Pironi

 

RIMINI – Cinquemila bottiglie di buon sangiovese da tavola, piacevole, corretto, senza dubbio interessante. Altre mille di vino cabernet, anche questo da bere a tavola, oppure all’osteria, a bicchiere, o magari con gli amici durante una rustida di pesce all’aria aperta. È il coronamento del progetto di Gente Agricola, la neonata azienda riminese che proprio in questi giorni ha lanciato i suoi due vini, Il Primo (il cabernet) e l’Ultimo (il sangiovese).

Un vino da pasto in un territorio, quello di Rimini, che negli ultimi anni si è ritrovato a pensare – ingenuamente e soprattutto erroneamente – che l’unica collocazione dignitosa per un vino sia l’utilizzo da aperitivo.

 

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Tra le quattro persone che si sono improvvisamente riscoperte Gente Agricola e il wine-maker Mirco Mariotti, colui che ha permesso concretamente l’imbottigliamento di questo sogno, c’è lo scrittore Michele Marziani, a fare da trait d’union. È a lui che chiediamo lumi sul progetto di Gente Agricola; prima però non possiamo non farci raccontare come siamo arrivati sin qui, con una rapidissima storia del vino riminese.

“Per tanti anni – spiega a www.sanmarinofixing.com Michele Marziani – si è pensato che Rimini fosse un luogo dove si potesse fare soltanto il classico vino del contadino, aspro e mal riuscito. Chi ipotizzava il contrario veniva sbeffeggiato. Poi è venuto San Patrignano, dimostrando con scelte coraggiose che si poteva fare anche un altro vino, di livello e qualità superiore. Come sempre se qualcuno apre una strada, tutti gli altri vanno dietro. Però con il vino non c’è nulla di scontato, per uno che riesce ce ne sono tanti che sono così così. E a Rimini se alcuni vini sono riusciti, oltre a quelli di San Patrignano potrei citare come esempio quelli del Podere Vecciano, di tanti altri non si può dire lo stesso. In generale oggi si producono vini impegnativi, troppo muscolosi, e si è finito per snaturare la caratteristica del territorio, che può offrire vini beverini con una notevole influenza del mare. Vini che, questo è vero, una volta non si facevano tanto bene”.

Gente_agricola_3In questo contesto s’inserisce la Gente Agricola.

“È esatto. Mentre tutti oggi stanno cercando di fare vini importanti, con tanti estratti, vini che inseguono il cosiddetto gusto internazionale, ci sono queste persone che hanno messo in piedi una piccola azienda e che non sanno nulla di vino. Avevano in mente un’operazione di valorizzazione del territorio, attraverso la terra. Quando ci siamo conosciuti gli ho suggerito di evitare la strada già percorsa dai vini riminesi ma di avere coraggio nella scommessa di ripescare le origini, le radici del territorio, per fare un vino nuovo, che abbia tutta la piacevolezza del vino dei nonni, ma senza averne i difetti. Ne è nato un vino che ha come idea quella del ritorno al futuro”.

Prima di proseguire, c’è un rapporto professionale tra Michele Marziani e la Gente Agricola?

“No, io sono solo un ideologo, non ho altri ruoli e non voglio averne. Il mio merito casomai è stato quello di dargli il contatto con il wine maker, Mirco Mariotti, produttore di vino nonché enologo. L’operazione è culturale, prima ancora che colturale. Il percorso per giungere ai due vini di Gente Agricola è stato inizialmente una ricerca storica, un cammino a ritroso alla scoperta del territorio, girando tra i filari e facendosi raccontare la storia vera del vino riminese. C’è dunque in partenza una filosofia del territorio e del vino prima di arrivare a capire cosa si volesse fare davvero”.

E poi?

“Sono state fatte scelte tecniche decise, anche azzardate, a partire da una vendemmia fatta addirittura un mese prima degli altri. Gente Agricola gli ha dato carta bianca e l’operazione ha portato i suoi frutti”.

Come si possono definire Il Primo e L’Ultimo di Gente Agricola?

“La prima definizione è che sono vini da bere, con una gradazione alcolica giusta e un corpo meno importante. Sono vini beverini: il loro più grande difetto è che quando apri una bottiglia… la finisci”.

Parliamo del sangiovese.

“È un vino semplice nel bicchiere, pur essendo frutto di un lavoro complesso. Ha profumi lineari, un leggerissimo sentore del mare, è pulito in bocca. Un vino da piadina e pesce azzurro, per intendersi”.

E il cabernet, invece?

“Il cabernet è un vitigno che si trova dappertutto, in ambito internazionale. Qui era stato introdotto per rendere il sangiovese un vino più piacione, invece Gente Agricola ha deciso di fare un Sangiovese al cento per cento, e così anche il cabernet è stato vinificato in purezza, producendo un vino che ha carattere internazionale con un che di riminese”.

 

Le foto sono di Daniele Marziali

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