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Gente Agricola: Il Primo e L’Ultimo risvegliano la tradizione beverina dei vini di Rimini

da Redazione

Gente_agricola_2Schivate sobriamente il tempo dell’aperitivo, e anche l’happy hour. Il sangiovese e il cabernet di Gente Agricola riportano in auge la tradizione beverina dei vini da pasto di Rimini. Semplici ma preziosi, da sorseggiare a cena e anche a pranzo.

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di Loris Pironi

 

RIMINI – Schivate sobriamente il tempo dell’aperitivo e anche l’happy hour. Arrivate dritti a tavola, e tornate a godervi un buon bicchiere di vino pasteggiando (sì anche a pranzo, prima di rimettervi a lavorare, sdoganiamo pure questa eresia). Perché è vero che l’importante è sempre non esagerare, ma un buon bicchiere di vino esalta il cibo con cui è abbinato e, se è buono, mette allegria.

Tutto questo preambolo per introdurre il racconto di un’operazione enologica tra le più interessanti degli ultimi anni, realizzata a Rimini. La nascita del sangiovese e del cabernet (ma soprattutto del sangiovese) prodotto da Gente Agricola, vini che vanno in controtendenza rispetto alla linea adottata, non senza un certo presuntuoso compiacimento, praticamente da tutti i produttori del territorio.

Rimini è per tradizione terra di sangiovese, vino verace, rosso, saporito, di quello che ci puoi intingere il pane. Certo, ma anche il Chianti, tanto per dirne una, è prodotto con uve sangiovese, ed è molto più pregiato. E siccome se i riminesi non son più bravi degli altri – vedi il turismo – finiscono per soffrirlo, come complesso, un bel giorno si sono messi in mente di fare vinoni importanti, strutturati, invecchiati. Per darsi un tono, per non sentirsi più dei parvenu dell’enologia, con quei semplici vinelli da contadino da stappare in qualsiasi occasione.

In tempo di vini da degustare nei balloon all’ora dell’aperitivo, vini da finger food, da enoteca cool nelle vie del centro, inebriati dalla sola parola barrique, ah, così di moda, a questo punto è facile dimenticare le proprie origini.

Qualcuno però non l’ha fatto, ed ecco che nasce il progetto di Gente Agricola. Insieme all’enologo Mirco Mariotti (si definisce wine-maker, e anche se non amiamo l’anglofilia, come eccezione ci sforzeremo di adottare questa definizione) è stato ideato un percorso che ha portato ad una vera e propria scommessa, vinta: imbottigliare un vino da pasto, semplice, il più possibile genuino. Soprattutto un vino buono, come una volta ma un po’ meglio.


LEGGI L’INTERVISTA A MICHELE MARZIANI

 

QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA

illustr_donneok_2Da una parte dunque abbiamo un gruppo di quattro persone che ha deciso di investire nella terra pur senza avere la benché minima idea di come si fa il vino, dall’altra un wine-maker originario di Argenta che non aveva una conoscenza diretta delle tradizioni vinicole del territorio riminese. Sì, detta così sembra un po’ brutale. Però lo stesso concetto può essere tranquillamente ribaltato. Da una parte quindi abbiamo persone, le stesse di prima, pronte a portare avanti una scelta coraggiosa, con una sola idea chiara in testa e la capacità – niente affatto scontata – di affidarsi senza paura alle sapienti mani di un esperto. Dall’altra invece abbiamo un esperto appunto che, senza pregiudizi da background, ha potuto scoprire il territorio piano piano, cavando il meglio da quei filari della Gente Agricola che sono adagiati sui declivi di San Paolo, sulle prime colline di Rimini, là dove la brezza marina spira ancora portando con sé tutti i suoi aromi.

Da questo strano abbinamento ne sono uscite 5 mila bottiglie di piacevolissimo sangiovese e altre mille (che sono un po’ meno interessanti, a nostro sindacabilissimo parere) di cabernet. Vini che riportano alla mente sensazioni d’un tempo, che invogliano a riempire il bicchiere ancora e ancora, che esaltano l’abbinamento con i cibi poveri ma impareggiabili del territorio, la piadina, le erbe, i salumi, ma anche il pesce azzurro che abbonda nell’Adriatico.

Insomma, possiamo dirlo: quella della Gente Agricola è già una scommessa vinta.


La foto della presentazione dei vini di Gente Agricola è di Daniele Marziali.

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