L’uomo invisibile, il fantasma. Rifugiato tra le montagne di Tora Bora, no al sicuro in Pakistan, no morto di tifo nel 2006, no ancora ucciso da un drone statunitense nel 2009 (poi la notizia si sarebbe spostata su un figlio), oppure malato, tagliato fuori da tutte le vie di comunicazione per sfuggire all’implacabile ricerca degli Stati Uniti e dei loro alleati. Almeno fino all’ennesimo video o messaggio audio trasmesso da Al Jazeera in cui Osama Bin Laden torna a minacciare gli Stati Uniti, a promettere una nuova recrudescenza della violenza talebana.
E anche dopo il blitz di Abbottabad che ha sancito la fine dello sceicco del terrore è stato difficile far credere al mondo che l’incubo Bin Laden è definitivamente svanito.
La caccia al fantasma di Osama è iniziata prima dell’11 settembre 2001: era il 1998 quando l’allora Presidente Bill Clinton diede il via alla guerra degli Stati Uniti contro Bin Laden, al seguito degli attacchi alle ambasciate USA in Tanzania e Kenia.
Una settimana dopo l’attacco alle Torri Gemelle l’allora presidente George W. Bush dichiara Bin Laden ricercato “vivo o morto”. In dicembre i primi bombardamenti sulle montagne dell’Afghanistan. Nel suo discorso Bush spiega che la guerra al terrorismo internazionale si sarebbe dovuta combattere per almeno trent’anni. I primi dieci sono passati e alcuni risultati si sono già registrati.
La guerra in Afghanistan è iniziata il 7 ottobre 2001, meno di un mese dopo gli attacchi dell’11 Settembre, con due obiettivi semplici e chiari: distruggere le basi di al Qaida, da dove sono partiti gli attacchi, e rovesciare il regime dei Talebani che ha appoggiato l’organizzazione terroristica islamica di Osama bin Laden.
La primavera del 2003 si apre con la campagna militare in Iraq. Dal 20 marzo una fase di bombardamenti pesanti quasi contemporanea all’avanzata delle truppe di terra, che erano state ammassate quasi tutte in Kuwait, con i Marines americani e i fanti britannici ad avanzare verso la capitale e verso i principali snodi del Paese. L’attacco parte dopo il rifiuto di Saddam Hussein di abbandonare il potere e accettare l’esilio. La fase di guerra vera e propria dura relativamente poco e vede impegnati circa 260 mila militari della coalizione occidentale, e culmina con la cattura del dittatore e l’abbattimento del regime. Subito dopo, tuttavia, inizia una fase di atti terroristici e violenze che non si è ancora conclusa.
Ma in Iraq Osama Bin Laden non c’era. Non c’è mai stato. E sebbene l’intelligence degli Stati Uniti abbia più volte sostenuto di essere arrivata a tanto così dalla sua cattura, si deve aspettare sino al 2 giugno 2011. Quando Barack Obama annuncia che lo sceicco del terrore è arrivato al capolinea. È stato scovato e ucciso in un raid dei Navy Seals in un compound di Abbottabad, 50 chilometri a nord di Islamabad, al culmine di un’operazione di intelligence cominciata nell’agosto 2010.
Il cadavere del terrorista viene identificato e sepolto in mare. Per decisione dello stesso presidente degli Stati Uniti, le sue foto non saranno divulgate. La più importante battaglia contro il terrorismo è stata vinta, in qualche modo, ma la guerra è tutt’altro che finita.