Home FixingEditoriali La CSdL scimmiotta la Cgil. Ma chi sta in panchina ha già perso

La CSdL scimmiotta la Cgil. Ma chi sta in panchina ha già perso

da Redazione

Si preannuncia un autunno caldo a San Marino, troppe cose che non funzionano vanno rimesse a posto. Se si vuole salvare l’economia occorre agire con coraggio. Eppure c’è chi, scimmiottando la Cgil, fa di tutto per affossare i cambiamenti.

di Loris Pironi


SAN MARINO – Si preannuncia un autunno caldo a San Marino, e non stiamo parlando del riscaldamento globale. Settembre è arrivato e con esso il pieno ritorno all’attività dopo la pausa estiva. È il momento di fare il punto sul cammino percorso, di porsi obiettivi a breve media e lunga scadenza. Purtroppo però mai come oggi il futuro è una cortina di velluto spesso che non ci permette di guardare attraverso. In queste condizioni di navigazione alla cieca l’unica cosa che non si può fare è diminuire l’attenzione. Le sorti di San Marino dipendono da quelle dell’Italia, dell’Europa, dell’universo mondo. Ma non per questo la politica deve restare inerte a guardare gli sviluppi.

Ci sono troppe cose che non funzionano e che vanno rimesse a posto. Una sola legislatura non basterebbe per fare tutto e una sola maggioranza, anche ben più abbondante di quella che oggi siede in Consiglio Grande e Generale, non sarebbe sufficiente per condividere le sfide che il Paese deve affrontare. Parliamo delle riforme, naturalmente, che devono traghettare il Titano non verso il futuro ma perlomeno verso la contemporaneità. Assicurare le pensioni alle future generazioni, garantire un sistema fiscale equo e efficace, in grado di sostenere il grado di assistenza che San Marino storicamente ha deciso di concedere ai propri cittadini. Gli incontri a livello politico avvenuti nelle scorse settimane, in primis al Meeting di Rimini, fanno sperare che si possa risolvere finalmente in tempi più o meno celeri la crisi di relazioni con l’Italia. Che resta lo scoglio più grande, ma che non è certo l’unico ostacolo da superare. E allora adesso parliamo di imprese, della difficile sfida che devono affrontare in un torrido autunno.

Se San Marino non riesce a salvare la propria manifattura non può sperare di salvare la propria economia. Quest’estate, finalmente, si è tornati a parlare di mercato del lavoro. È un bene per tutti perché la strada in discesa che era stata imboccata negli anni scorsi – fatta di lussi e privilegi (e sprechi…) che altri Paesi in tempo di vacche grasse potevano solo invidiare – si è rivelata un subdolo vicolo cieco. E incominciare a parlare con pragmatismo di mercato del lavoro, di competitività, non significa prendere a calci le cosiddette conquiste sociali. Se ne sono accorti in Europa, l’hanno capito perfino in Italia (quasi tutti), e San Marino non può restare ancora una volta indietro, se vuole tornare a crescere. Se vuole sopravvivere.

Questo concetto, qualcuno l’ha capito. Altri ancora no. C’è una parte del sindacato (facciamo pure i nomi, la CSdL) che, scimmiottando le posizioni in Italia della Cgil, si limita a sventolare la propria bandiera al di sopra di una sempre più isolata barricata, rispondendo no a qualsiasi proposta. Eppure il mondo gira lo stesso. Eppure le situazioni cambiano, e le persone si adeguano ai cambiamenti.

Ci sono i contratti da firmare. Anis da mesi tende la mano e chiede un confronto, eppure il sindacato (una parte del sindacato, la solita parte) decide di non sedersi al tavolo della trattativa. A questo punto è lecito chiedersi se la CSdL svolga davvero il proprio compito sociale.

Ci sono partite importanti da giocare, chi decide di restare in panchina ha preventivamente torto.

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