Riforme, riforme, riforme. Sono sempre all’ordine del giorno alla ripresa dei lavori della politica. A San Marino la prima in ordine di tempo sarà quella della PA. Che però non ci convince, perché la riteniamo insufficiente per risolvere gli atavici problemi.
di Loris Pironi
SAN MARINO – Riforme, riforme, riforme. Sono sempre all’ordine del giorno alla ripresa dei lavori della politica, perché ci si auspica di riuscire a cambiare qualcosa per andare a correggere gli inevitabili errori del passato oppure per riuscire ad attualizzare strumenti e meccanismi intaccati dalla patina del tempo. A San Marino l’autunno 2011 sarà la stagione delle riforme per antonomasia, anche perché troppe situazioni sono state lasciate andare sino a diventare quasi insostenibili. La riforma del mercato del lavoro (che definire anacronistico non rende), la riforma delle pensioni lasciata (colpevolmente, tanto per cambiare) a metà, la riforma tributaria (come può sopravvivere uno Stato incapace di riscuotere in maniera adeguata le proprie tasse, sia pure basse?). Abbiamo lasciato per ultimo la riforma che passerà per prima in Consiglio Grande e Generale in Seconda lettura, diventando operativa dunque entro breve tempo, ovvero la Riforma della Pubblica Amministrazione.
La PA in uno Stato come San Marino è fondamentale. Eroga servizi fondamentali alla cittadinanza e alle imprese, ma in compenso grava in maniera implacabile sul Bilancio pubblico. Il suo sfruttamento distorto negli ultimi decenni ha reso indispensabile un correttivo ai meccanismi e soprattutto allo spirito stesso della macchina pubblica: le infornate di nuovi dipendenti per fini politici l’hanno resa sproporzionata rispetto alle reali necessità, una gestione “cattiva” (così la definì in occasione del terzo San Marino Forum lo stesso Segretario di Stato agli Interni Valeria Ciavatta, che già dalla scorsa Legislatura è al lavoro sul provvedimento) rende inadeguato il servizio reso ai cittadini e rappresenta una sofferenza per le imprese.
E ora andiamo al punto. La riforma della PA sarà in grado di svolgere il proprio compito, ovvero assicurare nuova competitività al Sistema Paese (una PA efficiente è attrattore di investimenti) e permettere gradualmente di ridurre il peso della spesa corrente del Bilancio dello Stato? Con buona pace del Segretario Ciavatta, la nostra opinione è che non lo sia. Fixing analizzerà il provvedimento nel dettaglio una volta che il Consiglio darà il via libera al testo definitivo, nel frattempo ci concediamo alcune considerazioni preliminari. Utili, magari, per aprire un dibattito prima dell’ultimo passaggio consiliare.
I limiti strutturali della Pubblica Amministrazione sammarinese sono cosa nota. Il primo, indiscutibile, è la sovrabbondanza di personale, con l’inevitabile conseguenza di un impiego non produttivo di diversi dipendenti che potrebbero venire impiegati in diverse mansioni.
Cosa potrebbe rendere più efficace la PA sammarinese? Sicuramente una maggiore trasparenza, l’indipendenza dalle grinfie della politica, un maggiore peso specifico dell’innovazione tecnologica (un esempio concreto: che fine ha fatto il progetto della fatturazione elettronica?). E soprattutto una maggiore professionalità e produttività del personale, in virtù di mirati percorsi formativi e di stimoli alla produttività, con un sistema che veramente premi il merito e non l’anzianità.
Altro capitolo importante, le privatizzazioni. Si parla di Europa ma ci si dimentica spesso che l’Europa ha parametri precisi ed ha fatto scelte che sul Titano non si vogliono accettare. Privatizzare alcuni settori attualmente gestiti dal pubblico significherebbe consentire una gestione più razionale, una riduzione degli sprechi e una diminuzione della spesa pubblica.
In conclusione, quello che a nostro avviso manca alla Riforma della PA, in tre semplici paroline, è il cambio di passo. Quel cambio di passo che deve essere considerato il must dell’intera stagione delle riforme sammarinesi. Un cambio di passo che passi sopra – se ci consentite il gioco di parole – a tutti quei privilegi ormai impensabili e inaccettabili. Spazzando via tutte quelle rendite di posizione che impediscono al Titano di uscire da un pantano in cui sì è stato spinto dalla situazione internazionale ma in cui è andato a fondo a causa del peso delle proprie colpe pregresse.