Home categorieCultura “Divenire” musica, lungo “I giorni”. La recensione del concerto di Ludovico Einaudi

“Divenire” musica, lungo “I giorni”. La recensione del concerto di Ludovico Einaudi

da Redazione

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La magia ha un papà (Ludovico Einaudi), una manciata di figli (i Virtuosi Italiani) e un pubblico numeroso che li osserva, li ascolta, e lascia che le note entrino dentro. Sigillate.

 

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VERUCCHIO – La magia è nei titoli. Sempre. Specie se scrivi musica senza parole. La magia ha un papà (Ludovico Einaudi), una manciata di figli (i Virtuosi Italiani) e un pubblico numeroso che li osserva, li ascolta, e lascia che le note entrino dentro. Sigillate. E’ difficile scrivere qualcosa quando qualcosa di unico avviene sul palco. Un viaggio che non smette mai, che ti raccoglie, e ti va volare. Alle 21.30, sabato sera, Ludovico Einaudi è salito sul palco. Preciso come un orologio: 21.30 spaccate. Perché anche la precisione è una forma d’arte. Quello che è avvenuto nella due ore successive blocca le dita: come si va a raccontare qualcosa quando quel qualcosa ha i nomi dei due capolavori del Maestro? Si può “Divenire” mentre “I giorni” scorrono sugli 88 tasti bianchi e neri di un pianoforte, mentre quel pianoforte nero si veste di archi? La vista è deliziosa: il Maestro dà le spalle al pubblico, ed è posizionato al centro. Ai lati, il gruppo veronese. E’ l’ultimo sguardo: il resto è un viaggio ad occhi chiusi, quasi a voler provare a immaginare le dita che scorrono, quasi a voler provare ad afferrare i colori delle note. Si parte con i pezzi di “Divenire”, sottili e delicati, che dondolano sul tema del sentimento, sulle stagioni della vita, su quello che capita quando si è impegnati a fermare altre persone. Una “Primavera” che scende per portare altri colori. Altre nascite. Poi si entra in una ensemble de ‘I giorni’, forse il vertice più puro della sua produzione. “I due fiumi” è una storia d’amore dell’acqua, dell’uomo: vite parallele che si cercano, che emettono note (le note sono la sublimazione delle parole), che si piangono, che sussurrano frasi lievi, dolci. Come un uomo e una donna, che poi il destino allontana. Ci sono “I giorni” dell’Africa, terra lontana, che sfrigolano, e hanno l’odore della pelle nera, e “In un’altra vita”, che forse vedrà i due fiumi unirsi in un delta d’amore, felici, di quella felicità che accade quando l’acqua dolce incontra il mare salato. Dire “ti amo” con la musica, senza usare le parole. E’ questa la magia di Ludovico Einaudi.

 

alessandrocarli@alice.it

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