Home NotizieSan Marino San Marino, E.C.S.O: Storia dello SME, un ‘serpente’ stanco

San Marino, E.C.S.O: Storia dello SME, un ‘serpente’ stanco

da Redazione

Dalla “libera fluttuazione” dei tassi di cambio con le altre monete si tornerebbe così entro quelle barriere imposte dalla CEE e accettati dall’Italia fin dal 1978, quando anche la lira diede il suo assenso alla nascita dello Sme.

 

Quando uscì dalla “banda” era quasi l’alba del 18 settembre del 1992, gli orologi di Bruxelles segnavano le 5,40 del mattino e la lira ammetteva di non farcela più: sfiancata da una debolezza che durava da giorni e da una svalutazione del 7 per cento abbandonava il Sistema monetario europeo. A tre anni di distanza, con il cambio sotto quota 1100 contro il marco, il rientro nello Sme sembra dietro l’angolo. Dalla “libera fluttuazione” dei tassi di cambio con le altre monete si tornerebbe così entro quelle barriere imposte dalla Comunità europea e accettati dall’Italia fin dal 1978, quando anche la lira diede il suo assenso alla nascita dello Sme. La storia, a dire il vero, parte da un po’ più lontano quando, capito che la stabilità era condizione fondamentale per la crescita dei mercati si penò di trovare un punto di riferimento valutario comune. Fino al 1971 il problema non si era posto, la stabilità all’interno della Cee era stata garantita dagli accordi di Bretton Woods, che dalla fine della seconda guerra mondiale aveva ancorato tutte le monete al dollaro e questo all’oro. Ma a Ferragosto del 1971 con la dichiarata inconvertibilità del dollaro, per l’Europa si pose il problema di formulare da sola una strategia che permettesse di imbrigliare i cambi. La prima risposta al problema fu il “serpente monetario”, nato nel ‘72 da una richiesta della Cee alle banche centrali di restringere al 2,25 per cento il divario massimo fra le monete rispetto a parità prestabilite. Ma con il primo choc petrolifero il serpente entrò però in crisi e nel ‘78 rinacque in nuova versione come Sistema economico europeo. Le monete che vi aderirono furono obbligate ad oscillare entro limiti massimi e minimi del 2,25 per cento, per la già allora affannata lira fu però previsto un trattamento speciale del 6 per cento. Lo Sme si ampliò, nel ‘90 l’Italia riuscì ad aderire perfino alla banda del 2,25 per cento. Poi la grande crisi del ‘92, quando lira e sterlina furono costrette ad uscirne dal sistema perché troppo deboli rispetto al super-marco. Dopo settimane di tempesta valutaria, di strenui tentativi di tenere agganciato il cambio alla valuta tedesca disposta a farsi nemici ovunque pur di finanziare la riunificazione, si arrivò alla decisione di svalutare la lira. Era il 13 settembre del 92, Lamberto Dini allora era il numero due della Banca d’Italia, guidata da Carlo Azeglio Ciampi, il presidente del consiglio Giuliano Amato si preparava già ad annunciare la manovra record da 90 mila miliardi, necessaria per frenare la drammatica crescita del debito pubblico. Pochi giorni dopo l’Italia annunciava quella che doveva essere solo una “temporanea” uscita dallo Sme. Anche senza di noi il Sistema comunque continuò ad avere vita dura, nell’ agosto del ‘ 93, per salvarlo, si approvò una “banda allargata” che concedeva fluttuazioni fino al 15 per cento. A queste condizioni e con una lira in netto recupero, anche l’ Italia dovrebbe rientrarci. Nuovamente la storia si ripete, certo in modo differente ma sempre in modo rischiosissimo per l’Italia.

 

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