Le risposte dell’Agenzia delle Entrate a quesiti in occasione di incontri con la stampa specializzata contenute nella Circolare 28/E del 21 giugno 2011. L’IVA: rimborsi, reverse charge, territorialità ai fini Iva eccetera.
Le risposte dell’Agenzia delle Entrate a quesiti in occasione di incontri con la stampa specializzata contenute nella Circolare 28 E del 21 giugno 2011. L’IVA: rimborsi,
reverse charge, territorialità ai fini Iva eccetera.
1. IVA
1.1 Servizi UE e rimborsi Iva
Domanda
Una società effettua operazioni di natura finanziaria nei confronti di soggetti privati
residenti fuori della Unione Europea. Sino al 31 dicembre 2009 tali operazioni
rientravano nella previsione di non imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 12), del
D.P.R. n. 633 del 1972. Dal 2010 le suddette operazioni devono considerarsi “fuori
campo IVA” in Italia ai sensi dell’art. 7-septies, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972.
L’art. 19, comma 3, lett. a-bis), del D.P.R. n. 633 del 1972 non prevede alcuna
limitazione alla detrazione per tali operazioni quando esse sono effettuate nei
confronti di soggetti stabiliti fuori della Comunità.
Si chiede se tali operazioni, possano essere intese come “operazioni ad aliquota
zero” ai fini del raggiungimento del presupposto di cui all’art. 30, terzo comma, lett.
a), del D.P.R. n. 633 del 1972, per la richiesta di rimborso dell’IVA.
Si chiede infine se la detraibilità dell’imposta non subisca alcuna limitazione anche
durante il periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 2010 ed il momento di
entrata in vigore del nuovo art. 19, comma 3, lett. a-bis).
Risposta
Le operazioni di natura finanziaria rese nei confronti di soggetti residenti fuori
dall’Unione Europea rientravano, antecedentemente al D.Lgs. 11 febbraio 2010, n.
18, fra le operazioni non imponibili di cui all’art. 9, comma 1, n. 12), del D.P.R. n.
633 del 1972, mentre la detraibilità dell’imposta assolta sui costi ad esse
corrispondenti era consentita a norma dell’art. 19, comma 3, lett. a), del medesimo
decreto. Pertanto, il diritto al rimborso dell’IVA poteva essere esercitato ai sensi
dell’art. 30, terzo comma, lett. b).
A seguito delle novità apportate dal predetto D.Lgs. n. 18 del 2010, le operazioni di
cui si discute, quando rese nei confronti di privati consumatori, rientrano
attualmente fra quelle escluse ex art. 7-septies del D.P.R. n. 633 del 1972, mentre la
detraibilità dell’imposta assolta sulle relative spese è consentita a norma del predetto
articolo 19, comma 3, lett. a-bis) (lettera introdotta dall’articolo 1, comma 1, lett. i)
del D.Lgs n. 18 del 2010). Il diritto al rimborso dell’IVA, infine, può essere ora
esercitato a norma dell’art. 30, terzo comma, lett. d) del D.P.R. n. 633 del 1972
(come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera q), del D.Lgs. n. 18 del 2010).
In virtù dell’espressa previsione contenuta nella richiamata lett. d) dell’art. 30, deve
escludersi che il rimborso possa essere chiesto ai sensi della lett. a) del medesimo
art. 30 (che prevede l’ipotesi di effettuazione di operazioni soggette ad aliquote
inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti), ipotizzando che le operazioni in
discorso siano qualificabili come operazioni ad aliquota zero.
Si evidenzia, altresì, che ai sensi dell’art. 5 del richiamato D.Lgs. n. 18 del 2010, le
disposizioni sopra citate [art. 7-septies, art. 19, comma 3, lett. a-bis), art. 30, terzo
comma, lett. d), come da ultimo modificata] si applicano alle operazioni effettuate a
partire dal 1° gennaio 2010.
Infine, per quanto riguarda il trattamento delle operazioni effettuate durante il
periodo transitorio che va dal 1° gennaio 2010 al momento di entrata in vigore del
D.Lgs. n. 18 del 2010, si rinvia ai chiarimenti resi con la circolare n. 14/E del 18
marzo 2010, paragrafo 1, ultimo periodo.
1.2 Regime Iva applicabile alle cessioni di fabbricati strumentali
Domanda
Una società possiede un’area sulla quale insiste un complesso immobiliare
industriale dismesso, censito al Catasto Fabbricati (categoria catastale “D”). Con il
Comune dove si trova l’area è stata firmata una convenzione urbanistica per
l’attuazione di un Piano Integrato di Intervento volto alla riqualificazione urbana del
complesso industriale, con realizzazione di nuove volumetrie residenziali e
commerciali e l’abbattimento totale di quelle esistenti. Nel caso in cui la società
decida di alienare il complesso immobiliare ad un terzo senza attuare direttamente
quanto sottoscritto con la convenzione e senza che siano iniziati i lavori di
demolizione e bonifica previsti, si chiede se tale vendita debba essere considerata
come cessione di “area edificabile”, con applicazione dell’Iva all’aliquota del 20%,
oppure se si tratti di una cessione di “immobili strumentali” non ancora costruiti né
oggetto di lavori di recupero, per la quale è prevista l’esenzione da imposta o, in
presenza di opzione, l’applicazione dell’Iva da parte del cessionario con il
meccanismo del reverse charge.
Risposta
Ai sensi dell’art. 10, n. 8-ter), del D.P.R. n. 633 del 1972, sono esenti dall’imposta
“le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro
caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali
trasformazioni, escluse: a) quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di
ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici degli
stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici,
gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5
agosto 1978, n. 457; … d) quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia
espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione”.
Come si evince dalla lettera della norma, il regime di tassazione ai fini IVA è
strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di
fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla
destinazione del bene da parte dell’acquirente.
Tanto premesso, riguardo la fattispecie prospettata, si esprime l’avviso che la stessa
debba essere trattata alla stregua di una cessione di “immobile strumentale”; ragion
per cui si applica il regime di esenzione, salvo il caso di cessione operata dal
soggetto che ha operato la costruzione o la ristrutturazione del medesimo immobile,
entro il quarto anno dal compimento di tali opere, nonché il caso di opzione per il
regime di imponibilità operato dal cedente nell’atto di cessione (in tale secondo caso
la fatturazione è operata con il meccanismo dell’inversione contabile ai sensi
dell’art. 17, comma 6, lett. a-bis) del D.P.R. n. 633 del 1972).
1.3 Reverse charge per le prestazioni di servizi di trasporto
effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti
Domanda
Un soggetto passivo di imposta italiano acquista un biglietto aereo per un trasporto
interno da una compagnia aerea non residente, identificata ai fini Iva in Italia.
Secondo l’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 il committente italiano si
deve autofatturare ed assolvere l’imposta con il meccanismo del reverse charge.
Come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito
di IVA da parte della compagnia estera?
Risposta
L’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, dispone che “Gli obblighi relativi
alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato
da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello
Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono
adempiuti dai cessionari o committenti”.
Tale modifica legislativa ha reso obbligatorio il meccanismo dell’inversione
contabile (cd. reverse charge) per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
effettuate da un soggetto passivo non residente nei confronti di un soggetto passivo
stabilito nel territorio dello Stato. Quest’ultimo assume, quindi, la qualifica di
debitore dell’imposta, da assolvere mediante l’emissione di un’autofattura riportante
l’indicazione dell’IVA dovuta, anche qualora il cedente o prestatore sia identificato
ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale.
La violazione del predetto obbligo di “reverse charge” comporta l’applicazione
della disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6, del D.Lgs. 18
dicembre 1997, n. 471.
Ciò posto, riguardo la fattispecie prospettata nel quesito, si ritiene che il committente
italiano, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione debba
procedere all’applicazione del “reverse charge” e non debba tenere conto della
fattura emessa dalla compagnia aerea. In particolare, il committente italiano dovrà
avere cura di:
non annotare la fattura emessa dalla compagnia aerea nel registro degli acquisti di
cui all’art. 25 del D.P.R. n. 633 del 1972;
non esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA erroneamente addebitata in fattura.
La compagnia aera che ha emesso fattura irregolare, invece, potrà rettificare la
erronea fatturazione tramite emissione di una nota di variazione ai sensi dell’art. 26,
comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972.
1.4 Territorialità ai fini Iva per le prestazioni di deposito merci
Domanda
Un soggetto passivo di imposta italiano riceve una prestazione di deposito per delle
merci custodite in Olanda. Secondo la legislazione locale la prestazione è relativa
all’immobile e, quindi, assoggettata ad Iva in Olanda. Tale interpretazione è
condivisibile? In caso contrario come si deve comportare il committente italiano che
riceve una fattura con addebito di IVA olandese da parte della società comunitaria?
Risposta
L’art. 44 della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 28 novembre 2006, n.
2006/112/CE stabilisce che “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto
passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della
propria attività economica”.
Il successivo art. 47 della citata Direttiva stabilisce, in deroga alla previsione di cui
al predetto art. 44, che “Il luogo delle prestazioni di servizi relativi a un bene
immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di
alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di
vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di
utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a
coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli
architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.
Tanto premesso, si osserva che ai sensi dell’articolo 1766 del c.c. “il deposito è il
contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di
custodirla e di restituirla in natura”. Ciò posto, si è dell’avviso che conformemente
alla predetta normativa comunitaria, le prestazioni di deposito merci non possano
ricondursi alla categoria delle prestazioni di servizi relative ai beni immobili. Ai fini
dell’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni torna applicabile,
pertanto, la previsione generale di cui al citato art. 44 della direttiva recepita dal
legislatore nazionale all’art. 7-ter, comma 1 del D.P.R n. 633 del 1972 secondo cui
le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato “…
quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”.
In particolare, nel caso di specie, la prestazione resa deve essere assoggettata al
reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 secondo
cui “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate
nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi
stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter,
comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”. E’, pertanto,
il committente italiano che assume la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere
mediante l’emissione di un’autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta
La violazione del predetto obbligo di reverse charge comporta l’applicazione della
disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre
1997, n. 471.
Conseguentemente, il committente italiano che riceve fattura emessa dalla società
olandese con addebito della relativa IVA, al fine di non incorrere nell’applicazione
della predetta sanzione, deve procedere all’applicazione del reverse charge .
1.5 Momento impositivo ai fini IVA per i contratti di locazione
con patto reciproco di futura vendita
Domanda
Una cooperativa edilizia ha intenzione di stipulare con i propri soci (futuri
assegnatari degli appartamenti) un contratto di locazione con patto di futura vendita
vincolante per entrambe le parti. L’art. 2, comma 2, n. 2), del D.P.R. n. 633 del 1972
assimila tale contratto ad una cessione di beni. In ordine al momento di effettuazione
dell’operazione il primo comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che,
per i beni immobili, le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della
stipulazione. Tuttavia, nel comma successivo, tra le varie deroghe, viene disposto
che per le assegnazioni in proprietà di case di abitazione fatte ai soci da cooperative
edilizie a proprietà divisa, l’operazione si considera effettuata alla data del rogito
notarile. Si chiede se la cooperativa è obbligata ad emettere fattura per l’intero
importo pattuito al momento della stipula del contratto di locazione o se deve
fatturare separatamente i singoli canoni al momento del pagamento e poi emettere la
fattura per il prezzo residuo solo al momento del rogito.
Risposta
Il quesito verte sul trattamento fiscale della locazione con patto reciproco di futura
vendita, contratto con il quale le parti da un lato dispongono di attribuire
immediatamente il godimento del bene oggetto dello stesso, stipulando una
locazione e, dall’altro, si obbligano entrambe a concludere successivamente un atto
a contenuto traslativo della proprietà del medesimo bene locato.
Tale operazione ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972
costituisce una cessione di beni che, avendo ad oggetto un immobile, si considera
effettuata, secondo le previsioni di cui all’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 633 del
1972 al momento della stipulazione, sebbene gli effetti traslativi si producano
posteriormente.
Al riguardo la prassi dell’Amministrazione finanziaria è chiara nell’individuare il
momento impositivo ai fini IVA nella data di stipula della locazione e non in quella
della successiva formazione dell’atto di trasferimento (cfr. risoluzione n. 250873 del
2 giugno 1983, e risoluzione n. 338/E del 1° agosto 2008,).
L’imposta si applica sull’intero prezzo pattuito tra le parti per la futura vendita,
mentre il pagamento dei canoni, considerati componenti del prezzo della cessione, è
escluso dall’imposta.
Sebbene parti di questa peculiare figura negoziale siano una cooperativa edilizia a
proprietà divisa e i propri soci, ai fini della individuazione del momento di
effettuazione dell’operazione non può farsi riferimento al criterio fissato dall’art. 6,
comma 2, lett. d-bis) del D.P.R. n. 633 del 1972. Tale disposizione considera
effettuate alla data del rogito notarile le assegnazioni in proprietà di case di
abitazioni fatte ai soci da cooperative edilizie a proprietà divisa.
Nell’ipotesi prospettata, l’operazione posta in essere non consiste in un atto di
assegnazione in proprietà, bensì nell’assegnazione in godimento di un alloggio sia
pur attraverso un contratto recante una clausola, vincolante per entrambe le parti,
che ne impone il trasferimento della proprietà.